#ventitré #giulia

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Giulia sta dipingendo il volto del bambino. Pennellate di un rosa color vita, che vanno a riempire la tela. Una tela comparsa dal nulla dopo che aveva riaperto gli occhi al tre di Mister G.

Anna è a qualche metro da lei. Vicina ma lontana mille anni luce. Fa caldo. Giulia sente gocce di sudore prendere vita dalla sua fronte. Il viso del bambino comincia a prendere forma. Guance, mento, orecchie. Tutto ancora in forma molto embrionale, ma nello stesso tempo già ben definito. Non potrebbe essere nessun altro se non il suo bambino. Il bambino da salvare. Il bambino da cui ripartire.

«Ciao piccolo mio.» Sussurra Giulia, e per un attimo la tela sembra perdere di consistenza, mentre la sua mente viene bombardata con immagini reali. La sala parto. Il sangue. I cadaveri. Il bambino a fianco di una donna morta. E' vivo, e ora non piange più.

«Ciao piccolo mio, come stai?»

Lui sembra averla sentita, e i suoi occhi ora la osservano con attenzione. Giulia non sta più nella pelle. Lacrime di gioia. Il bambino cambia espressione. E' come se si stesse preparando a esplodere. Il suo piccolo viso si contrae in una smorfia di dolore, poi dopo aver preso un bel respiro (di questo Giulia ne è certa, ha visto chiaramente il suo addome abbassarsi come a voler incamerare il maggior quantitativo di aria possibile) da libero sfogo a un pianto liberatorio. Il vagito perfora i timpani di Giulia che istintivamente si porta le mani alle orecchie, lasciandosi così scappare il pennello, che involontariamente traccia un segno sulla tela. Un segno che ha poco a che vedere con il viso del bambino.

«Ops!» Commenta Mister G. «Peccato.»

Reset TotaleWhere stories live. Discover now