capitolo 13

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Sono nel panico più totale.
Ma io che cazzo ci faccio a Milano?

E se qualcuno mi stuprasse? O se qualcuno mi rapisse?

Cazzo sto per avere un attacco di panico.

Mi guardo intorno e vedo solo persone.
Turisti, ragazzi, genitori con i propri figli. Inizio a cercare il telefono nello zaino, ricordandomi dopo troppo tempo che l'ho lasciato a casa, mi avevano detto di fare così.

Sento qualcuno toccarmi la spalla. Mi volto di scatto e per poco non svengo.

"Hey, tutto apposto? Ti ho vista da lontano, sono tipo dieci minuti che ti guardi intorno, ti sei persa?" mi domanda.
Sono senza parole.
"Mi hai sentito?" chiede di nuovo.
Cerco di riprendermi dal mio stato di trance. Chiudo gli occhi per un attimo e li riapro.
"Ehm... sì, mi sono persa" dico balbettando.
Mi sorride teneramente.
"Maurizio" dice porgendomi la mano. 
"Oh, lo so chi sei" sussurro sperando che non mi abbia sentito. Invano.
"Avevi un viso familiare, adesso ricordo. Sei venuta a un mio concerto?" chiede grattandosi la nuca.
Annuisco solamente.
"Va beh, perché sei qui?"chiede.
Bella domanda. Boh.
"Storia lunga" rispondo solamente.
"Capito, dai vieni, andiamo dagli altri" dice incamminandosi verso delle vie buie di Milano.

Arriviamo in un condominio abbastanza mal ridotto, ma sempre non peggio di dove vivevo io.
"Forse non sei abituata, ma non è un gran che il nostro appartamento, diciamo che non possiamo permetterci di meglio" dice imbarazzato.
Gli sorrido calorosamente.
"Tranquillo, è molto meglio di dove vivevo" dico mentre mi affiora in mente un pensiero. Ma mio padre?
Adesso non ci voglio pensare.

Mi guarda quasi incredulo(?).

Apre il portone e saliamo le scale.
Apre la porta e un forte odore di erba mi arriva dritto al naso.

Una nota di disgusto si dipinge sul mio volto. Entro e vedo Davide. Cazzo. Di nuovo. Entro nello stesso e identico stato di trance di pochi minuti fa.

"Oh fratè, chi ci hai portato?" dice avvicinandosi e sbuffando il fumo dalla canna poco prima fra le sue labbra.

Mi dice qualcosa che non capisco, sono troppo presa: è appena entrato anche Pierfrancesco nella stanza.

Vedo Maurizio ridacchiare e solo ora noto che anche Pier mi si è avvicinato.

Mi rivolgo di nuovo verso Davide che mi porge la mano in attesa della mia presa. Ha uno sguardo confuso.

La stringo, e faccio lo stesso con Pier.

"Allora?" mi chiede quest'ultimo.
Lo guardo confusa.
"Eh?" dico bisbigliando.
"Sicuro che non sia fatta?" chiede a Maurizio. Questo scuote la testa.

"Dai, andiamo a mangiare" dice Davide alzandosi.
Resto seduta e faccio per alzarmi la felpa.
Mi guardano tutti e tre interrogativi.

"Ho il diabete" dico indicando il microinfusore.
Mi guardano con compassione e allo stesso tempo imbarazzati, poi annuiscono andando a sedersi a tavola.

Controllo tutto, e ho la glicemia bassa. Devo proprio mangiare.

Mi alzo mettendo tutto nello zaino e raggiungendoli.
"Allora?" mi chiede Davide.
"Cosa?"chiedo non capendo a cosa si riferisca.
"Come va?" dice indicandomi la felpa.
"Ah, è bassa"dico iniziando a mangiare.
Mi guardano preoccupati, molto.
"Oh, tranquilli basta mangiare" dico ridendo.

Mi abbuffo come una scrofa.

Mi guardano divertiti, e solo ora mi accorgo della grandissima figura di merda appena fatta.

Resto immobile diventando rossa come non mai. Ma. cosa. cazzo. ho. fatto. per. avere. una. vita. così.

"Dai tranquilla, sei a casa qui" dice Mauri. Ma perché sento così tanto caldo?

Passiamo la serata tra una chiacchierata e una altra fin quando non arriva la famosa domanda che tanto non volevo mi facessero.

"Ma i tuoi? Ti hanno lasciata qua tutta sola?" chiede Pier.

Mi fisso i piedi cercando di non pensarci e cercando di far capire loro che non mi sento a mio agio a parlarne. 

A quanto pare non capiscono.

Alzo lo sguardo, guardando Pier dritto negli occhi.

"M-mia madre è morta quando e-ero piccola, e mio padre..." deglutisco e inizio a sentire il respiro farsi irregolare.
Non dovrei definirlo tale, non ha mai tenuto a me, mi ha sempre picchiata e maltrattata.
"M-mio padre è un pezzo di merda" dico mentre delle lacrime iniziano a rigarmi il viso.
Le ferite che mi ha causato sono ancora aperte e fa male parlarne. Sono stata per troppo tempo zitta, non ho mai detto niente a nessuno, a parte Mirko.

Questo è il momento giusto per sfogarmi, lo so non li conosco però mi fido già di loro.

"Lui mi picchiava, diceva sempre che mamma è morta per colpa mia. Si ubriacava fino a svenire e ogni sera, gli compravo l'alcol e mi picchiava. Una volta mi ha mandata in ospedale, ricordo benissimo quella sera. Gli comprai una bottiglia di Jack Daniel's. La bevve nel giro di pochi secondi e con forza mi sbattè al muro. Mi uscì subito un enorme livido sul fianco, ero ancora piccola e mi preoccupai molto. La mia vicina una sera mi invitó a mangiare da lei e salutandomi, per sbaglio sfiorò la ferita. Si accorse subito che c'era qualcosa che non andava e le dissi che ero caduta dalle scale ma insistette sul fatto che mi voleva portare in ospedale, così facemmo.
Dopo quel giorno mi ha fatto sempre più male e io avevo ogni volta sempre più paura di quello che mi avrebbe potuto fare." ormai ho il viso pieno di lacrime.

Con un gesto veloce passo le mani sulle mie guance e fisso il soffitto per ricacciare le lacrime in dentro.

"N-non pensavo..." dice Pierfrancesco ancora sbalordito.
"Fa niente" dico prima di alzarmi.
"Posso usare il bagno?" chiedo ai tre ancora scioccati.
"Sì è infondo a sinistra"
Segue le indicazioni ed entro. Mi siedo sulla tavoletta del water e resto con il viso fra le mani per circa dieci minuti.
Esco silenziosamente e li sento parlare.

"Povera, mi dispiace" dice Davide.
"Sì però hai visto che culo che ha?" continua sempre lui.
"Dai, smettila" dice Mauri con voce scocciata.
"Un pensierino io ce lo farei" continua il romano.
Faccio la mia entrata in salotto.

"Come va? Stai meglio?" dice Mau.
Annuisco e mi butto con poca leggerezza sul divano e mi addormento.
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Ricapitolando:
Maurizio=Salmo
Davide=Gemitaiz
Pierfrancesco=Madman

Sta canna non mi calma | CAPO PLAZA | COMPLETATA Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora