Capitolo Otto 2.0

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CAPITOLO OTTO
seconda parte

Mario

12 gennaio

Claudio è completamente ubriaco.
Ubriaco fradicio.

Vederlo in questo stato, completamente abbandonato sul divano, mi blocca sulla porta, incapace di muovere anche solo un singolo passo o pronunciare una singola parola. Mi schiarisco la voce, cercando di attirare in questo modo l'attenzione di Paolo, che non appena mi sente corre all'entrata da me. "Finalmente, Mario...", chiude rapidamente la porta alle nostre spalle e mi prende per un braccio, trascinandomi davanti ad un Claudio totalmente stravolto.

"Claudio...", lo chiama dolcemente Paolo, facendogli aprire così gli occhi, quando capisce che le parole mi muoiono in gola e non riesco a parlare.

Claudio sposta immediatamente lo sguardo su di me, mi scruta attentamente con occhi grandi e lucidi, mi studia e poi sbatte ripetutamente gli occhi. 

"Paolo", dice poi, rivolgendo il suo sguardo al suo amico, "avevi ragione te", strascica le parole, "ho bevuto troppo. Lo vedo qui, proprio accanto a te", sussurra le ultime parole mettendosi una mano davanti alla bocca dopo averle pronunciate, come se avesse appena rivelato il più importante dei segreti.

"Sono qui, Clà", sussurro uscendo finalmente dal mio stato di trance.
Non riesco a sopportare l'idea che stia così male senza essergli d'aiuto in alcun modo. Devo essere forte io adesso. Ora tocca a me. Glielo devo.

Prendo un grande respiro e mi ripeto che adesso è il mio turno, che devo essere io il suo scoglio a cui aggrapparsi. Che posso farcela. Che posso essere abbastanza.

"Sono qui", ripeto con voce un po' più alta, abbassandomi per essere alla sua altezza.

"No. Mario mi ha lasciato, tu- tu... tu sei frutto della mia immaginazione", asserisce cercando di alzarsi dal divano, "Paolo diglielo anche tu", dice mentre lo aiutiamo a mettersi in piedi.

"Claudio, tesoro, c'è Mario veramente. Non ti stai immaginando nulla. È qua", gli spiega il suo migliore amico.

Lo afferro per un fianco quando lo vedo muoversi barcollante e me lo porto vicino. Il suo odore e la sua pelle nuovamente a contatto con la mia mi inebriano i sensi.

È come tornare a respirare dopo giorni di apnea.

"Clà, sono io, fidati di me", gli dico piano mentre lui incatena i suoi occhi ai miei. Gli sposto i capelli umidi e sudati dalla fronte prima di accarezzargli una guancia. Abbandona la testa sulla mia mano, lasciandosi accarezzare e spingendosi un po' di più verso il mio corpo.
"Ti fidi di me?", gli chiedo circondandogli il busto con entrambe le braccia, prendendo ad accarezzargli lentamente un fianco in attesa di una risposta che tarda ad arrivare.

"Sei così... così... così cattivo, Mario", dice sembrando un bambino imbronciato, "ma credo di sì", sussurra alla fine, dopo avermi scrutato attentamente.

"Paolo", attiro la sua attenzione, che in realtà scopro già essere su di noi, "non si regge in piedi, lo porto a casa e lo metto a letto".

"Sei sicuro? Ma tu rimani con lui vero? Altrimenti può restare qui se tu non te la senti, per me non è un problema. O se vuoi portarlo di là posso venire anche io ad aiutarti".

"Ce la faccio. E rimango con lui, non preoccuparti", lo rassicuro mentre muovo qualche passo verso l'uscita, trascinandomi dietro Claudio.

"Rimani con me?", mi chiede Claudio come risvegliatosi improvvisamente dal suo stato di incoscienza, "Per sempre?".

Sentimenti Tossici 2Where stories live. Discover now