Capitolo Diciotto

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CAPITOLO DICIOTTO

Claudio




13 maggio

Dire che Mario è agitato è dire poco. Sono le 5 di mattina e, viste tutte le volte in cui l'ho sentito rigirarsi nel letto, sospirare e imprecare sottovoce, sono abbastanza certo non abbia mai chiuso occhio.
Magari fosse solo in ansia: sta per andare in iperventilazione, ad occhio e croce.

"Mario?", mugugno avvicinandomi a lui, circondandogli il busto con un braccio.

"Mmh?".

"Sei tutto sudato", constato, poggiato su di lui, "sei troppo agitato, dormi un po'".

"Ormai è mattina, Clà", mi ricorda, "se non ho preso sonno fin'ora di sicuro non lo prenderò adesso giusto perché me l'hai detto tu", mi risponde acido.

"Ok, hai ragione. Fai come vuoi, allora", mi rigiro nel letto, assonnato, per niente voglioso di intavolare una nuova discussione in questo momento.

Lo sento sbuffare e poi girarsi per l'ennesima volta muovendo tutto il materasso sotto di noi. Chiudo gli occhi e prendo un grande respiro prima di provare a riaddormentarmi, dando la schiena alla sua schiena.


*


"Ok, la verità è che non so se ne sono all'altezza", mi sento scuotere vigorosamente, "Claudio mi ascolti? Sei sveglio?", continua ad agitarmi, steso nel letto.

Costretto a svegliarmi del tutto, apro lentamente gli occhi mettendo a fuoco la stanza, trovandomi di fronte la faccia di Mario. I capelli sparati in ogni direzione, due occhiaie profonde sotto agli occhi stanchi ma accesi.

"Mario che cazz-".

"Non so se posso farlo", mi sovrasta subito con la sua voce, sedendosi sul bordo del letto, dal mio lato, accanto a me. "So che ieri sera ti ho detto di sì ma-".

"In realtà già ieri sera, tornati in hotel, hai iniziato ad agitarti dicendomi che non ne sei sicuro", gli ricordo spostandomi un po' per fargli spazio.

"Io vorrei farlo, davvero, te lo giuro! Ma non so cosa dire a questi ragazzi, non so come devo comportarmi... non credo di esserne capace".

"Se te l'ho chiesto è perché so che puoi farlo, Mario, altrimenti non te l'avrei chiesto. Non metterei nuovamente a repentaglio la mia carriera e il mio posto di lavoro se ritenessi che portarti con me invece che essere un aiuto potrebbe essere un fallimento", cerco di fargli capire.

Purtroppo, una volta rientrati in stanza dopo la mia proposta, Mario ha iniziato a rimuginarci su e a farsi mille paranoie. Ho provato a rassicurarlo, a dirgli che non è obbligato a farlo, che la mia è una semplice proposta ma che la scelta spetta unicamente a lui. Ad un certo punto, non so nemmeno come, ci siamo ritrovati a litigare come solo noi sappiamo fare e alla fine ci siamo messi a dormire - io, per lo meno -, rimandando la discussione ad oggi anche per evitare di svegliare un hotel intero.

"Lo so", sospira stanco, poggiando la fronte sul mio petto. "Mi aiuterai?".

"Sai già che ti aiuterò, Mario".

"Se non saprò cosa dire interverrai?".

"Sì".

"E se mi faranno domande e non saprò cosa rispondere?".

"Anche. Ma sono sicuro che troverai la risposta giusta ad ogni domanda, devi solo essere sincero".

Mario sospira e sento l'aria lieve fuoriuscita dalle sue narici infrangersi contro la mia pelle. Alzo la mano e gli accarezzo la nuca per poi afferrarlo e farlo stendere accanto a me.

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