Capitolo Nove

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CAPITOLO NOVE

Claudio


14 gennaio

Svegliarmi e trovarmi mezzo morto nel mio letto con un mal di testa allucinante non era ciò che mi ero prefissato succedesse la sera precedente.

Eppure è ciò che è successo.

Ma non solo: svegliarmi avvolto nel buio e trovare ancora, o meglio già, la luna alta nel cielo non era esattamente qualcosa che sarebbe dovuto succedere.

Cosa ancora più importante, poi, non mi sarei dovuto svegliare - dopo aver passato un'intera giornata a dormire, circondato dal buio e con la testa pronta ad esplodere - da solo, con l'odore di Mario esclusivamente nell'aria.

Presente e prepotente, a darmi il tormento, senza lasciarmi tregua.
Eppure, quando mi sono alzato per andare a prendere un'aspirina, di Mario non c'era nemmeno l'ombra. In nessuna stanza.

Solo un misero bigliettino appeso al frigo e tenuto fermo da una calamita.

Ti ho spento io la sveglia e ho avvisato la comunità che non saresti andato a lavorare perché non stavi bene.
M.

Niente di più, niente di meno.

E non è che ricordassi perfettamente ciò che era successo la notte precedente, viste le condizioni in cui riversavo, ma la sua presenza, la sua cura, la sua dedizione, erano ben chiare nella mia mente. Sono ben chiare nella mia mente.
Per questo il suo comportamento e la sua assenza sono cose che non avevo preventivato potessero avvenire quando, stravolto, mi sono addormentato addosso al suo corpo.

Troppo stanco ed esausto dagli avvenimenti della sera prima, comunque, mi sono imposto di non cercarlo.
Non dopo la nottata disastrosa che ho passato con lui accanto. Non dopo essermi umiliato ed essermi fatto vedere così debole davanti ai suoi occhi e aver ricevuto in cambio un altro allontanamento. Non dopo l'ennesima sua fuga degli ultimi giorni.

E la tentazione di chiamarlo per sapere per quale cazzo di motivo se n'è andato senza che parlassimo di ciò che è successo, senza che parlassimo di noi, dei giorni passati lontani, o anche semplicemente senza sapere se mi fossi ripreso, se stessi bene, se avessi bisogno di aiuto, è stata forte. Ma ogni volta che prendevo in mano il telefono per far partire una telefonata, nei momenti di debolezza, la consapevolezza di non aver ricevuto nemmeno un misero messaggio da parte sua mi riportava con i piedi per terra, impedendomi di compiere quel gesto.

Non che lui si sia preoccupato per me, quindi.

Alzarmi e trascinarmi a lavoro, questa mattina, non è stato facile. La notte ti porta consiglio, dicono, magari domani stai meglio. Peccato che a me non ha portato nulla di buono. Solo delusione, amarezza e tristezza. E sono arrabbiato, sì, perché non so niente di Mario da quasi una settimana e l'unico modo per farlo arrivare da me è stato spaventarlo. E sono arrabbiato perché mi sono concesso di essere debole, per la durata di una notte, e di stare male, e di piangere, davanti a lui che senza remore se ne è andato senza nemmeno dirmelo e guardarmi negli occhi. Dopo tutto quello che abbiamo passato assieme. Quindi no, la notte ti porta solo tanti pensieri, e domani non stai meglio.

"Ciao Claudio", una voce mi riporta alla realtà mentre chiudo lo zaino e infilo il giubbotto.

"Ciao Ginevra", ricambio il saluto rivolgendole un sorriso credo abbastanza convincente.

"Hai finito giusto in tempo per tornare a casa con Mario, eh?", ammicca nella mia direzione prima di iniziare a sfilare la giacca e prepararsi per entrare in turno.

Sentimenti Tossici 2Where stories live. Discover now