Capitolo Dodici

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CAPITOLO DODICI

Claudio



9 febbraio

Sono passate più o meno tre settimane da quando io e Mario ci siamo chiariti. Abbiamo passato le giornate seguenti a parlarci, a raccontarci, a capirci, a perdonarci. Ci siamo promessi di dirci sempre tutto e di non agire più solo ed esclusivamente d'istinto quando la rabbia si impossessa di noi.
Abbiamo passato qualche giorno assieme, Mario sembrava non volersi staccare da me nemmeno per andare in bagno, e questa cosa mi ha lasciato piacevolmente sorpreso dopo tutto quello che abbiamo passato negli ultimi tempi. Dopodiché abbiamo deciso di continuare con il progetto a cui avevamo pensato prima della bufera: ognuno a casa propria. Abbiamo sistemato le ultime cose che c'erano da riordinare a casa di Mario e ora è come nuova.

Anche se in realtà sono più le volte in cui lui dorme da me o io da lui, è necessario passare anche attraverso questa fase. Mario ha bisogno di riprendere piano piano in mano la sua vita a partire dalle piccole cose, e il fatto di avere una casa propria, una propria indipendenza e i propri spazi, è fondamentale.

Con il tempo, poi, magari potremmo pensare ad una convivenza. Ma per ora è giusto e va bene così.

Da qualche giorno, inoltre, ha ripreso a lavorare nel negozio in cui lavorava prima di entrare in comunità. Giovanni, il suo capo, gli è stato d'aiuto anche questa volta. Mario mi ha raccontato di essere stato da lui mentre eravamo in crisi e io sono proprio tanto felice che Mario abbia qualcuno che ci tiene così tanto a lui, al punto che non vedo l'ora di conoscerlo anch'io.
Gli ha chiesto addirittura di tornare a lavorare per lui, solo poche ore al giorno per cominciare a riabituarsi alla vita normale di tutti i dì, e sono contento Mario abbia accettato di rimettersi in gioco e di impegnare parte delle sue giornate lavorando assieme a volti noti che già lo conoscono e lo apprezzano.

Certo, lavorando entrambi può essere più complicato ritagliarci dei momenti per noi due perché i turni possono non combaciare, ma per ora ci stiamo riuscendo egregiamente. Io, eccetto casi di gravi emergenze, non lavoro mai di notte e alla sera sono sempre libero, per questo anche Mario ha chiesto di poter avere più turni mattutini o pomeridiani piuttosto che quelli serali. Almeno le serate ce le teniamo per noi due. E inevitabilmente finiamo per addormentarci quasi sempre l'uno a casa dell'altro. Ed è bello così.

Tra le novità di queste due settimane, inoltre, c'è da considerare il fatto che il dottor Sommo e con lui tutta l'equipe - dirigente compreso - stanno notevolmente aiutando il mio compagno permettendogli di frequentare la struttura comunitaria nonostante non sia più un nostro educando. Mario non ha più bisogno di stare in una comunità, è vero, ma ha bisogno di una persona che lo segua da vicino (e soprattutto senza condizionamenti che potrei invece avere io) e si fida solo del dottor Sommo ormai, visto che conosce già la sua storia. Con un po' di insistenza - e una piccola spinta da parte mia - è riuscito a convincere il coordinatore del centro a potersi recare dal dottor Sommo due volte a settimana e devo dire che da quando ha preso a frequentare sistematicamente le sedute dallo psicologo è più tranquillo e meno spaventato dal mondo, e alla sera è sempre sereno e sorridente tra le mie braccia.

Sono convinto, comunque, che anche aver ripreso in mano, almeno in parte, la sua vita, tornando per di più a lavorare, lo faccia sentire gratificato ed importante. E lo capisco anche dall'entusiasmo che ci mette nel raccontarmi le sue giornate finalmente piene.
Stare a casa mia con le mani in mano, ad aspettare che io finissi il mio turno, non gli faceva bene. Rischiava di essere una situazione ancora una volta tossica per lui, ma per fortuna sembra tutto passato.

"Dottor Sona", mi sento chiamare mentre sono intento ad estrarre il bicchierino con il caffè dal distributore automatico e un sorriso spontaneo mi si dipinge sul volto.

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