Capitolo Diciassette

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CAPITOLO DICIASSETTE

Claudio



12 maggio

"Sai Clà... sto proprio bene", spezza il silenzio Mario, mentre io guido da circa un'ora tra le strade affollate di questa caotica città.

Roma è bella.
È magia pura, arte, spettacolo.
Eternità.

Ma anche tanto, troppo, popolata e rumorosa.

Sbuffo sbattendo una mano sul volante quando, per l'ennesima volta, sono costretto a frenare e a fermarmi, imbottigliato nel traffico.

"Come facevi a sopportare tutto questo ogni giorno?", domando girandomi verso Mario comodamente seduto a gambe incociate e totalmente girato nella mia direzione. "Hey, mi consumi così", alzo le sopracciglia divertito quando mi rendo conto che mi stesse osservando attentamente. Il suo sorriso appena accennato si espande sul suo viso mentre alza gli occhi al cielo. Sta proprio bene.

"Cosa dicevi?", gli chiedo infatti per tornare alle cose realmente importanti. 

"Che sto bene", ripete, "sto bene anche a Roma, assurdo eh?", mi dice spostando lo sguardo per osservare le luci della città attorno a noi. "Non mi sono mai sentito felice in questo posto, per tutte le cose che tu sai, e pensavo che tornarci dopo essere scappato mi avrebbe... non so... tormentato? Incupito? Rattristato? Indebolito? Forse addirittura tutte queste cose messe assieme. E invece...", si volta nuovamente nella mia direzione, "invece non sta succedendo, Clà. Ti rendi conto?", mi spiega entusiasta, con gli occhi pieni di emozione.

Alzo un braccio per lasciargli una carezza sul volto, emozionato a mia volta per lui, "non sta succedendo perché in questi mesi sei riuscito a superare tutte le cose brutte che ti si sono presentate nel corso della tua vita e sei riuscito a renderti felice", gli spiego, la mano ancora ferma sul suo viso, "e tu stesso, qui, ora, ne sei la prova", avvicino le mie labbra per lasciargli un bacio sulla fronte.

Già il fatto che qualche giorno fa mi abbia chiesto di accompagnarlo a Roma, in realtà, ne è stata la prova.
Il cambiamento in Mario è ogni giorno sempre più evidente: migliora ora dopo ora, non è più spaventato da qualsiasi cosa, non si lascia più prendere dagli attacchi di panico quando qualcosa non va come previsto ma, anzi, riesce a fare un ottimo lavoro su di sé per provare ad affrontare la situazione nel miglior modo possibile, chiede aiuto se ne ha bisogno piuttosto di chiudersi in se stesso, parla invece di tenersi le cose dentro, non salta pasti, dorme serenamente e ride tanto. E io mi innamorato di lui, se possibile, sempre di più.

"Lo sai, vero?", gli chiedo conferma, "Lo sai che tu stesso sei la prova di quanto sei forte?".

"Sì", ammette, mordendosi un labbro, felice, "io credo di riuscire a capirlo realmente solamente ora, in questo posto che mi ha visto sempre giù di morale e che io ho visto sempre come una gabbia", mi spiega, "il fatto che io stia bene qui mi fa capire che sto davvero bene dentro di me, con me stesso, e non solo a Verona per via delle circostanze, capisci ciò che intendo?".

"Lo capisco benissimo", dico avanzando un po' nel traffico che porta in centro città dopo essere stati ad Anzio a trovare sua mamma, "e non potrei essere più felice di così, Mario", ed è la verità.

"Gira a destra", mi dice quando giungiamo in prossimità di un incrocio, per poi continuare: "a me basta stare con te per essere felice".

"Ovvio, perché sono il più bello e il più simpatico, e mi ami", rispondo come se nulla fosse mentre in realtà ogni volta che esprime così apertamente i suoi sentimenti mi lascia totalmente senza parole mentre dentro sento esplodere i fuochi d'artificio e non so mai come reagire.

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