Capitolo Tredici

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CAPITOLO TREDICI

Mario



16 marzo

Se anche solo due mesi fa mi avessero detto che da lì a poco mi sarei sentito così probabilmente non ci avrei mai creduto.

Finalmente, dopo alti e - decisamente di più - bassi, sento che la mia vita non è poi così male. Anzi. Sto iniziando davvero ad apprezzarla per quello che è, e sono orgoglioso di dire che ad oggi la trovo veramente meravigliosa.

Non so se è solo un momento passeggero, mi trovo spesso a chiedermelo e a pensare a come sarà e sarò in futuro.

Ho sempre paura che la felicità sia solo un attimo sfuggente perché, insomma, quando mai lo sono stato? È una cosa totalmente nuova per me e mi risulta difficile credere che la mia vita possa andare bene per un lungo periodo consecutivo.

Però cerco di ricacciare sempre indietro questi pensieri e di godermi il presente per quello che è.

E cioè perfetto.

Mi sento bene. A livello mentale e psicologico sto facendo grandi passi in avanti e me ne rendo ampiamente conto anche dalle piccole cose.

Ho un lavoro. Non pensavo che tornare in quel negozio, più volte teatro delle mie crisi e dei miei malumori, potesse darmi tutta questa vitalità e farmi sentire così tanto gratificato. Non era così, un tempo. Invece adesso avere un lavoro ed impegnare in maniera proficua il mio tempo mi rende fiero e soprattutto mi sta aiutando ad avere una routine quotidiana di cose da fare, impegni da gestire e persone con cui relazionarmi. Mi serviva: mi sento finalmente indipendente e giusto. È bello.

La mia casa è una vera casa. Sempre pulita, profumata e luminosa nonostante i mobili scuri. Le tapparelle sono sempre su per far passare quanta più luce possibile e ho anche comprato una poltroncina da mettere davanti alla finestra della mia camera per osservare gli alberi muoversi e la gente passeggiare sotto ai miei occhi, felice di vedere altri volti, di notare i particolari delle coppie che passeggiano a mano, di scorgere i sorrisi dei bambini spensierati.
Non mi fa più male la gioia degli altri ma, al contrario, sono contento per loro. E per me.
E poi la mia casa è diventata una vera casa perché fonde assieme al mio l'odore di un'altra persona: due odori diversi ma complementari.
È proprio il profumo della vita.

E poi ho lui, che mentre sto uscendo dal mio turno a lavoro sta appoggiando con le braccia conserte alla sua macchina, in attesa. Di me.

Claudio. L'uomo che mi ha salvato la vita. In più modi, in più occasioni, in tutti i sensi. Non sarei mai diventato il ragazzo che sono ora senza di lui. E gli devo il mondo intero.

"Hey", lo saluto avvicinandomi per abbracciarlo, cingendogli i fianchi. "Che ci fai qui?".

"Dobbiamo andare in un posto", mi rivela baciandomi la nuca, "dai, sali in macchina!".

"E la mia? La lascio qui? Domani come vengo a lavoro? E dove dobbiamo andare? È successo qualcosa?", inizio a blaterale a causa di questa visita inaspettata.

"Dopo ci pensiamo, Mario. È tutto sotto controllo. Fidati di me".

E chi sono io per non fidarmi di lui?


*


"Ma cos... cosa?", chiedo non capendo.

"Dai Mario! Non fare domande e semplicemente fai ciò che ti dico di fare. Ti prometto che ne vale la pena", mi risponde dal bagno accanto.

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