6.

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Anne tamburellava le dita contro il tavolo di legno, mentre scrutava attentamente i due ragazzi di fronte a lei. Avevano entrambi una tazza di tè fumante davanti il viso mentre sorseggiavano la bevanda e aspettavano che Alfred li raggiungesse.

Era passata una buona mezz'ora da quando la bionda continuava a chiedersi per quale motivo fossero lì. Le frullavano in testa moltissime supposizioni, ma nessuna sembrava essere minimamente fattibile.

Sospirò pesantemente. Non riusciva più a stare zitta, non era da lei essere così taciturna.

«Quindi - biascicò - cosa vi porta qui?» chiese di getto, e per quanto sembrasse altroché se ripetitivo cercò di essere il più cortese possibile.

Ashton fu il primo a distogliere lo sguardo dalle sue mani, portando presto le sue iridi chiare contro Anne, che nervosamente stava mordendo il labbro inferiore attendendo una risposta.

«Be'...» farfugliò, ma fu bruscamente interrotto dalla rossa, che gli lanciò un occhiataccia.

«Non sono affari che ti riguardano.» rispose lei a tono, incrociando nuovamente le braccia sotto il seno.

«Marie!» tuonò l'altro, rimproverando l'amica stanco del suo atteggiamento così scortese. «È casa sua, è giusto che pretenda delle spiegazioni.» continuò sperando di farla ragionare.

«Può anche essere la sua fottutissima casa ora, ma il perché siamo qui, è affar mio, tuo e di Alfred. Lei non c'entra,» borbottò alzandosi di scatto dal tavolo. «Ora se mi scusate.»

E senza ricevere risposta alcuna dal resto dei presenti, Marie si diresse verso il giardino, dove avrebbe trovato la compagnia del custode della dimora. Ashton d'altro canto, rimase mortificato ancora di più dal suo atteggiamento e con uno sguardo riluttante osservò Anne che se ne stava zitta, assorta da quanti più pensieri.

«Perdonala ancora, non sa quel che dice.» mormorò lui. Anne volse le sue iridi azzurre sopra il ragazzo dalla buffa bandana grigia sul capo, e scrollò le spalle.

«Nessun problema, non avevo intenzione di farmi gli affari vostri. Speravo solo di potervi essere d'aiuto.» confessò.

Ashton sorrise di sbieco, pensando a quanto fosse gentile quella ragazza. Era da tanto che non incontrasse gente così cortese.

«È comunque tutta colpa della scomparsa di Calum,» disse ad un certo punto dando voce ai suoi pensieri «eravamo inseparabili - sospirò - e dopo l'accaduto credo che Marie sia stata quella a cui abbia fatto più male. Per questo oggi eravamo davanti la tua porta, ignari che la villa fosse di nuovo abitata ovviamente, ma da quando non abbiamo più sue notizie, facciamo qualche volta visita ad Alfred e lo aiutiamo a sistemare il giardino. Cerchiamo di colmare la mancanza di Calum stando qui, dentro queste quattro mura. È l'unica cosa che ci lega ancora a lui.» concluse.

Le parole di Ashton furono lame per Anne, che si sentì trafiggere il cuore. Non pensava che potessero soffrire così tanto. Certo, la situazione di per se era abbastanza cruda e triste, ma non pensava fino a questo punto. E d'altro canto il ragazzo, scosso da quel discorso sentì gli occhi inumidirsi. Non parlava spesso dell'accaduto o di come si sentisse, preferiva nascondersi dietro un sorriso falso.

Anne di riflesso serrò le labbra cercando di reprimere anche lei le lacrime. «Mi dispiace così tanto.» mormorò, portando indietro la montatura degli occhiali con l'indice.

Ashton abbozzò un sorriso timido senza però guardarla negli occhi. «Ci stiamo facendo l'abitudine.» disse semplicemente e sospirò ancora.

D'un tratto a squarciare il silenzio furono i borbottii e dei risolini, provenire da voci distinte. Luke era appena rientrato dalla partita, e non era da solo, infatti quando fece capolinea in cucina in compagnia del ragazzo dalla capigliatura stravagante, tra i quattro non si riuscì a capire chi fosse più sorpreso: se Anne alla vista di Michael o Luke alla vista della sorella con un ragazzo.

AnatemaWhere stories live. Discover now