21. Non guardarmi così

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L'allenamento di questo pomeriggio è stato letteralmente distruttivo, vorrei rimanere nella doccia per almeno un'ora, ma devo fare in fretta.

Alle 19:00 in punto, riesco ad essere a lavoro.
Ho passato tranquillamente la prima settimana di prova, così la signora Maria e suo marito Salvatore hanno deciso di assumermi.
È venerdì sera, ma il locale fortunatamente non è pieno: potrei finire presto e raggiungere le ragazze, per divertirmi un po'.

Questa settimana è passata in fretta, la pesantezza dello studio inizia a farsi sentire, gli allenamenti stanno diventando  più duri, ma anche solo il pensiero di avere una compagna in questa mia avventura, Aurora, mi aiuta a sopravvivere allo stress.
Ho visto spesso Dylan in questi giorni, ma sempre in presenza di altri.
Nessuno dei due ha accennato a quello che è accaduto in accademia, ma la complicità tra noi si nota anche con dei semplici sguardi d'intesa, o con un sorriso, seppur può sembrare banale.

Le ordinazioni della serata sono state tutte molto simili: gli spaghetti al pomodoro prevalgono, come sempre.

Serviti gli ultimi clienti, aiuto Salvatore a pulire la cucina.
"Puoi toglierti il camice, Sarah, per oggi può bastare. È venerdì sera, esci con i tuoi amici, qui ci penso io", mi sorride stanco.
"Ma no, signore. Mi fa piacere aiutarla", gli sorrido.
"Ma dammi del tu! Mi fai sentire vecchio! Quante volte dovrò ancora dirtelo? Il mio nome è Salvatore" scoppiamo in una risata che coinvolge anche Maria.

Saluto e ringrazio la mia titolare per avermi dato la mia prima paga settimanale, ed esco fuori a fumare una sigaretta.
Nonostante siano passate le 11 di sera, decido di farmi venire a prendere da Sasha per passare un po' di tempo con lei e le mie amiche, evitando anche gli scomodissimi autobus.

Dopo pochi minuti, intravedo arrivare una macchina conosciuta, quindi mi preparo a prendere la mia borsa.
Mentre mi si avvicina, capisco che non si tratta di Sasha, ma di Dylan.
Rimango imbambolata a pensarci, sul ciglio della strada, lui però è già fermo di fronte a me, senza aver spento la macchina.
"Preferisci l'autobus?", mi sorride.
Ricambio il sorriso e mi precipito in auto.
"Dove sono gli altri?", chiedo incuriosita.
È la prima volta che siamo soli, dopo quel giorno.
"A casa mia, abbiamo visto un film e mangiato pop corn. Volevamo aspettare te prima di uscire a fare un giro", si gira a guardarmi dicendolo, attendendo che il semaforo si illumini di nuovo di verde.
"Un'idea di Aurora, giusto?", ci metterei la mano sul fuoco.
"Uhm, si... Come lo sai?"
"Prevedo i suoi movimenti, la conosco dalla nascita", mi sorride compiaciuto, quasi come se si aspettasse la mia risposta.
"Hai mangiato, piccola?"

Ancora con questi nomignoli?

"La signora Maria non è contenta se rifiuto un po' di pasta prima di andar via, tranquillo", annuisce e continua a guidare.

"Dylan, ti dispiace accompagnarmi un attimo al college? Dovrei cambiarmi", chiedo.
"Cos'hai che non va?", ribatte sereno, squadrandomi dalla testa ai piedi.
"Ehm... puzzo di frittura, le mie ciocche di capelli fanno a guerra e indosso una polo bianca con un jeans, non mi sembra un vestiario degno di un tipico venerdì sera a New York", mentre parlo non mi accorgo nemmeno del mio sopracciglio alzato.
"Secondo me sì", risponde divertito.
"Che hai da ridere?", ho l'aria infastidita ma non lo sono davvero, non lo sono quasi mai con lui.
"Ti accompagno, okay, ma non metterci troppo", si arrende.

Mentre saliamo le scale della struttura avviso Aurora con un messaggio su whatsapp che sono passata di qui per una doccia al volo, così la tranquillizzo.
Credevo che andar via di casa mi permettesse la libertà di non avvisare nessuno dei miei spostamenti ma ormai Aurora fa le veci di mia madre. Almeno non mi mette ansia, lo ammetto. Semplicemente, abbiamo deciso entrambe di aggiornarci spesso sui nostri programmi, in modo da essere sempre a conoscenza dell'altra, nel caso in cui ci capitasse qualcosa.

Forzo un po' questa serratura consumata, riesco ad aprire la porta dopo un po' di tentativi poi e accendo la luce.
Diamine, Aurora ha lasciato di nuovo di tutto in giro.
La camera sembra divisa da un muro trasparente: la parte dove c'è il mio letto e tutte le mie cose sembra immacolata, a parte un po' di post-it sparsi; quella sua è un vero e proprio disastro.

"Ci metto cinque minuti", dico prendendo in fretta la roba pulita dall' armadio che abbiamo in camera.
Dylan si butta sul mio letto, sentendosi già a suo agio.
"Fa pure", commento ironica prima di entrare in bagno.

In due minuti cronometrati ho già finito di lavarmi e asciugarmi, anche se i miei capelli sono ancora un po' umidi.
Infilo gli slip e... cazzo, ho dimenticato il reggiseno.
Il top che ho preso da indossare ha una scollatura profonda e non mi va di metterlo senza.

"Dylan, potresti...", cerco di comunicare con lui tenendo la porta socchiusa.
"Sì?", risponde immediatamente.
Non vorrei fargli mettere mani nel mio intimo, insomma... non mi sembra il caso!
Infilo un jeans bianco con due strappi sulle ginocchia, avvolgo un'asciugamano intorno al busto e mantenendola stretta decido di uscire velocemente a prenderlo.
Noto che le luci sono spente, a parte quella del bagno e la lampada sulla mia scrivania.
Alla mia vista, il suo sguardo parla da sè.

Non guardarmi così, ti prego.

Mi segue con gli occhi assaporando ogni mio movimento.
Mi chino al comodino affianco al letto e apro il cassetto, cercando qualcosa.
"Che hai dimenticato?", fa lui in tono malizioso, ma non troppo, scostandomi le ciocche di capelli cadute sul mio volto, permettendomi di vedere meglio.
Finalmente ne prendo uno, gli sorrido alzando le spalle e torno in bagno, ancora seguita dai suoi occhi.

My FireWhere stories live. Discover now