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Mantenne la calma, proprio come si era auto imposto. Tutto quel via vai non fece altro che aumentare il suo nervosismo. Il protocollo prevedeva che mantenesse quel comportamento; se avesse rispettato i piccoli ed insignificanti punti del "programma", avrebbe avuto subito accesso a quel lavoro che aveva sognato sin dalla tenera età. Quasi non poteva crederci quando ricevette la lettera d'assunzione. Molti gli avevano detto che non avrebbe mai avuto nessuna speranza. Dopotutto, aveva appena conseguito la laurea in criminologia, con un master di due anni brillantemente superato. Chi poteva mai meritare quel posto se non lui?

Fin dai primi tempi dell'infanzia, non aveva mai creduto che potessero esistere persone così maligne da spingersi ad assumere atteggiamenti sbagliati e a compiere azioni tanto spregiudicate e deplorevoli. Il mondo, a quell'età, era meraviglioso. A volte, suo padre si chiedeva come quel ragazzino potesse essere così interessato a ciò che gli accadesse intorno. Quei tempi, per molti suoi coetanei, significava stare tutto il giorno fuori casa, magari sbucciandosi le ginocchia con lo skate o andare a caccia delle bambine per fare colpo. Ma per Jungkook era diverso, tanto diverso da non riuscirsi a fare degli amici perché ritenuto strano.

A lui, andava bene così: non aveva mai preteso nulla di troppo. Il suo unico volere, era di poter scacciare il male, rendendo il mondo un posto migliore. Niente più divergenze, niente più guerre e niente più sangue. Detto da un bambino di undici anni sarebbe suonato dolce e a tratti, anche giustificato. Ora, quel bambino cresciuto troppo in fretta, aveva scoperto le proprie controversie, ai quali l'uomo non può sfuggire. Neanche volendo.

Fama, soldi e potere. I tre supposti fondamentali a cui doversi aggrappare.

Venne distratto dalla porta appena chiusa con poco garbo. La caffeina nel suo sistema stava circolando, e lo aiutò a non crollare. Incrociò le gambe, distendendole in avanti, evitando di fissare l'orologio. Appoggiò il retro della testa alla parete fredda, nell'esatto momento in cui Namjoon parlò.

«Non ti avrei chiamato se non l'avessi ritenuto opportuno.»

«Ti ho detto che non devi farti problemi. E' il nostro caso.»rispose il corvino, spostando le punte dei gomiti sulla cosce sode, portando il busto in avanti.«Dov'è il corpo?»

Namjoon incrociò le braccia contro il petto.

«È in corso l'autopsia, dobbiamo aspettare.»

«Sai che non è il mio forte.»sbuffò il corvino, scrollando le spalle e cercando anche di contenere lo sconcerto.

«Lo so.»rispose il suo partner.

Un nuovo silenzio calò su entrambi. Gli animi turbolenti e impossibili da poter tener a bada, ma in così contrasto tra di loro da non poter ignorare tutto quel caos.

«Porca troia, quanto cazzo ci vuole?»sbottò poco dopo Namjoon, in contemporanea con il ticchettio dell'orologio.

«Ultimamente si sta impegnando.»replicò il più giovane, riferendosi senza dubbio al serial killer che da alcuni mesi stava terrorizzando tutta l'area di Miami.

Ricordava la prima settimana, quando i telegiornali non facevano altro che parlare di misteriosi morti, gente coinvolta in affari poco raccomandabili, spariti nel nulla. Questo aveva destato più che un semplice sospetto. Purtroppo, non si trattava di un assassino qualunque. Le sue vittime – al momento – erano niente di meno che gli assassini, o chiunque contribuisse ad ostacolare alla legge.

Secondo il parere di alcuni, chiunque si celasse dietro i panni di V, si nascondeva un individuo mandato da chissà chi per ripulire il mondo dalle impurità create dagli stessi uomini. O semplicemente, molti pensavano che fosse semplicemente uno psicopatico.

C'era addirittura chi non osasse nemmeno nominarlo, per quanto timore portasse. Alla gente piaceva credere a quelle dicerie. Era la strada più facile.

Era incredibilmente astuto e gli piaceva sfidare la polizia che da sempre gli aveva dato incessantemente la caccia. Furono inutili i tentativi di capire del perché si fosse affibbiato proprio quel nome d'arte. La stessa lettera usata per marchiare le sue vittime; in particolar modo il petto, la sua zona preferita. Se il medico della scientifica avesse confermato che la morte dello spacciatore fosse avvenuta per mano di V, questo mese le uccisioni sarebbero aumentate di ben quindici persone in più. Un record, per farla breve.

E Jungkook già pensava alle mille tazze di caffè che lo avrebbero aspettato il giorno dopo. Molto probabilmente, anche Namjoon avrebbe fatto la stessa fine.

«Almeno qualcuno riesce a fare del sarcasmo.»ribattè quest'ultimo, grugnendo.

Il tossire di qualcuno li fece balzare sull'attenti, e la presenza dell'uomo col camice bianco non fece altro che squadrarli dalla testa ai piedi, evidenziando quanto non fossero i benvenuti.

«Che ci fate qui?»domandò colui che aveva proprio l'aria di chi non avesse bisogno di aiuto, la chioma biondo platino fu solo un pretesto per non prenderlo troppo sul serio.

Namjoon fu il primo a rompere il ghiaccio, di certo non aveva aspettato a vuoto per farsi cacciare via.«Avanti Jin, quante storie.»sbraitò, notando che in quel corridoio ci fossero soltanto loro tre.

«Professionale.»commentò il medico, stringendo tra le mani alcuni fogli.

«Cause del decesso?»

Fu Jungkook a porre quella domanda, scomoda per chiunque, ma necessaria per lui.

«Soffocamento. È morto tra le undici e la mezzanotte, per di più era imbottito di eroina.»

«Questo ci fa capire che tipo di lavoro svolgesse.»ragionò tra sé e sé Namjoon, spostando il peso da una gamba all'altra.

Seokjin, il miglior medico forense che quel dipartimento potesse avere, si azzardò ad essere audace.«Non sei così stupido come sembra.»commentò, dimostrando di potergli tenere testa.

«Bada a come parli, o potrei rovinare quel bel faccino che ti ritrovi.»

Jungkook era già arcistufo di quel dibattito inutile. Seokjin infatti, non riuscì a tenersi il colpo appena subito, perché non avrebbe mai accettato di farsi scavalcare. Non perdevano mai un occasione per litigare.

«Libero di provarci.»replicò subito dopo.

Fu veloce Jungkook, a pararsi in mezzo ai due, i quali lo stavano ignorando volutamente. Bloccò l'avanzata di Namjoon, che come un fulmine, stava per avvicinarsi pericolosamente al biondo.

«Finitela.»

«Ha iniziato lui.»si difese Namjoon, proteggendo il suo orgoglio, al quale non faceva altro che aggrapparsi in continuazione.

Il corvino sospirò, rivolgendosi di nuovo al medico forense.«È tutto?»

Seokjin lo guardò stranito e passò le dita tra i capelli, portando via ogni residuo di stanchezza.

«È tutto.»

HOMICIDA ― taekookМесто, где живут истории. Откройте их для себя