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Il fine ultimo sarebbe stato far collidere le nocche contro il volto privo di filtri del terrorista. Così anonimo e schizzinoso, il quale credeva di farla franca. Peccato che ci fossero prove schiaccianti contro di lui. Per di più, il suo avvocato non la smetteva di raccontare fandonie per coprirgli il culo. Non ci sarebbero stati patteggiamenti. Non c'era bisogno di fissare l'udienza, nessuno avrebbe potuto salvare dalla merda l'incriminato. La procura avrebbe sentenziato e scritto un lungo rapporto sul perché quell'uomo meritava la massima della pena. Min Yoongi aveva insistito per mandare tutti gli altri a casa, ansiosi anche loro di sapere come fosse andata a finire. A loro bastava avere nuovi gossip da sventolare ai quattro venti, da far masticare poi ai giornalisti – che come iene – non vedevano l'ora di cibarsi, affamati di conoscere quali altri punti deboli celasse Park Jimin. Veloce si era sparsa la notizia che ci fosse una sorta di taglia sulla sua testa. C'è chi avrebbe addirittura pagato per far sì che l'ispettore cadesse in rovina. A quell'ora magari, si stava tenendo anche una qualche sorta di asta online, proponendo soldi da offrire a qualcuno di esperto, disposto a fargli saltare la testa. La malavita non aspettava altro.

Dopo ore estenuanti passate tra un interrogatorio e l'altro, l'ispettore si decise a lasciare quella stanza, senza preoccuparsi dei soliti sguardi carichi di pietà. Si era fatto tardi, ma ovviamente lui non ci aveva fatto caso. Non aveva nemmeno dato uno sguardo al suo orologio da polso.

La stanchezza non era mai stata fonte di pesantezza, ma da quando il turno di lavoro si era drasticamente raddoppiato, Jimin rifiutava di prendersi una pausa per riposare. E dato che aveva altro lavoro da portare a termine, decise di portarsi avanti col lavoro. Mise in qualche scatola tutto il materiale, specialmente pratiche tutt'ora aperte. Sarebbero state le prime ad essere esaminate. Jimin non avrebbe più portato per le lunghe nessuna pratica. Ci si metteva già la burocrazia a concedergli qualche imprecazione. Del tutto giustificata. Anche se dalla sua parte aveva Yoongi, non riusciva a fidarsi del tutto di lui.

Il suo ruolo ormai consolidato; Jimin poteva contare sull'appoggio dell'FBI per arrivare V. Non gli erano mai andati a genio i federali. Perché Yoongi doveva essere un'eccezione? A detta loro, possedevano strumenti e database che un normale poliziotto non avrebbe mai visto in vita sua. Jimin faticava a credere ai suoi occhi. Di certi sistemi, ne ignorava l'esistenza. Forse Yoongi poteva essere l'unica risorsa a cui l'ispettore potesse fare affidamento. Per anni gli avevano sempre impartito un insegnamento che Jimin si era ostinato a seguire: non fidarsi del primo sconosciuto. Ma la posta in gioco era più alta del previsto, e volente o nolente, doveva fidarsi di Yoongi, come Yoongi stava già provando a fare. Quella realtà lo colpiva come un martello contro il chiodo per fissarlo alla parete, mentre portava la sigaretta alle labbra, distese le spalle. Ricapitolando mentalmente la lunga giornata che aveva appena affrontato. Neanche tutti i calmanti del mondo avrebbero potuto evitare che i pensieri di Jimin si condensassero fino a sparire contro il soffitto alto. Schiacciò l'estremità della sigaretta all'interno del posacenere, notando all'ultimo Yoongi fissarlo.

HOMICIDA ― taekookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora