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Inforcati gli occhiali stile vintage, fu pronto a consultare il suo benedetto giornale, che da quella mattina non aspettava altro che essere letto. Mille furono le occasioni in cui era passato davanti a quel famoso bar, dove non aveva mai avuto né il tempo, né il piacere di farci un salto per assaggiare le sue famose prelibatezze. Tutti al distretto ne parlavano bene.

La temperatura calda e accogliente lo scosse per un attimo, a contrasto con il freddo all'esterno. Si era seduto in un angolo, per il semplice fatto che non volesse attirare troppa attenzione su di sé. I giornalisti gli davano ogni volta il benservito. Varcata la porta, un piccolo campanello segnalò il suo ingresso.

Fu inutile specificare quanti occhi iniziarono a scrutarlo. Nessuno riusciva a concentrarsi, quando si trovava nei paraggi. Molti lo ammiravano, altri invece non capivano come qualcuno di così giovane, avesse il compito di consegnare i criminali più temuti d'America alla giustizia. C'era chi pensasse che un compito del genere dovesse essere affidato a qualcuno dell'interno. Sua madre gli aveva sempre insegnato a non abbassarsi a tali livelli, solo così si sarebbe distinto dal resto della mandria. Cercava solo un modo per non pensare al suo misero paese, che non mi gli aveva mai offerto niente.

Alla fine, aveva riposto le speranze in qualcosa di molto più irraggiungibile, senza farci troppo caso. Compiuti diciott'anni, e con dei risparmi tenuti al sicuro sotto al cuscino, aveva abbandonato la piccola cittadina di Busan per tuffarsi nella caotica e dispersa Miami. Mesi prima, suo padre l'aveva aiutato a perfezionare l'inglese, dato che le lingue non erano mai state il suo forte. I primi anni fuori casa erano stati piuttosto duri per lui, ma prima o poi sarebbe arrivato il momento.

Sentiva fin da ragazzo che il suo futuro non sarebbe stato nel posto in cui era nato e cresciuto, non ci aveva mai creduto troppo. Per non parlare dei mille sacrifici fatti per pagarsi l'università, ma ora, era acqua passata. Alcuni clienti, al suo passaggio, abbassarono la testa, non volendo subire il suo sguardo serio. Altri invece, erano troppo ammaliati per farlo.

Voleva passare l'ultima parte della giornata senza pensare troppo al suo ruolo ufficiale. Per una volta, voleva dare retta a Jimin, cosa più unica che rara. Era tempo di staccare un po' la spina. Si guardò intorno, sorprendendosi del fatto che Namjoon non fosse lì, concludendo con una smorfia che fosse da qualche parte a divertirsi.

Nell'attesa che qualcuno venisse a chiedergli di cos'avesse bisogno, consultò distrattamente il menù, non ricordandosi quand'era stata l'ultima volta in cui aveva bevuto una bella cioccolata calda. Forse era capitato in uno di quei giorni natalizi, in famiglia.

Non aveva mai amato particolarmente il caos di Miami, sapeva già, che non appena avesse messo piede in un altro continente, ci avrebbe impiegato un'eternità ad abituarsi. Ma come ben spesso si dice: "non tutti i mali vengono per nuocere". Dopo aver dato un'occhiata ai nuovi dati statistici europei, non fece caso al vassoio posato esattamente all'angolo del suo tavolino. Forse la distrazione gli aveva giocato un brutto scherzo, perché una ragazza dai corti capelli tinti di un biondo chiaro, gli si era parata davanti. Aveva fatto in tempo ad alzare lo sguardo su di lei per poi abbassarlo sul vassoio pieno.

C'era sicuramente un errore. Nemmeno a farlo apposta, esso portava con sé una tazza fumante di cioccolata calda e un paio di semplici biscotti ricoperti di finissimo zucchero.

«Scusi, ma io non ho ordinato niente.»si affrettò a dire Jungkook, riponendo da parte il giornale.

La ragazza, estremamente scocciata, piegò un sopracciglio in alto, forse aspettandosi quella reazione.

«Lo offre la casa.»

Il detective restò colpito da tale gesto, benché non gli capitasse tutti giorni. Non si preoccupò nemmeno di tutti quegli sconosciuti che avevano osservato la scena; no, questa non era la sua priorità.

«Molto gentile»replicò, ignorando i cattivi commenti di sottofondo.«chi devo ringraziare?»

La ragazza puntò l'indice alle sue spalle.

«Chi deve ringraziare si trova al bancone.»

Non se lo fece ripetere due volte, e abbandonate quelle leccornie al tavolo, raggiunse in pochi passi la vetrina illuminata, contente dolci di ogni tipo e spessore. Per un palato raffinato, tutto ciò poteva equivalere al Paradiso in terra. Jungkook, inconsciamente, si perse tra quei colori sgargianti, insieme a quelle creme prelibate.

«Desidera?»

A quel punto, per Jungkook fu inevitabilmente sollevare il capo in automatico. Sicuramente non aspettandosi un intervento così repentino, e per poco non ci rimase secco. Riacquistò la capacità d'interagire solo per smarrirla un'altra volta. Ai suoi occhi, si presentò un giovane, dagli occhi talmente magnetici da perderci la testa, la pelle visibilmente più scura della sua. Deglutì con forza, cercando di liberarsi dal senso d'oppressione che sentiva in gola. Il collo fine, le spalle ben salde, iridi scure, labbra piene e lisce. Solo dopo Jungkook sviò lo sguardo da esse, realizzando di averle fissate per troppo tempo. Cosa gli stava succedendo?

Quel ragazzo era stato capace di destabilizzarlo in pochi secondi.

Successivamente, prese ad osservare i suoi lineamenti, arrivando alla conclusione che non fosse di quelle parti. Il taglio degli occhi era simile al suo. Ma la cosa che lo fece riflettere di più, era che non possedesse nemmeno un difetto. Il respiro mancò per un attimo, bloccato in mezzo alla trachea. Si chiese il motivo di tale condizione, non esisteva nessuna spiegazione logica.

«E' stato lei?»chiese, in un sussurro.

Naturalmente, il presunto cameriere aveva calcolato quel cambio di programma, perché si preoccupò immediatamente di mettere le cose in chiaro. Portò il palmo contro il petto, coperto da una camicia bianca, in segno di scuse.

«Deve perdonarmi, ma ho notato il suo sguardo perso e mi sono permesso di prepararle qualcosa.»

Udendo il tono della sua voce, basso e roco, a Jungkook quasi non venne un colpo. Forse il gelo gli aveva fatto male senza che ci facesse caso. In caso contrario, non si sarebbe spiegato tutto quel tormento, perché mai prima d'ora gli era capitato di provare simili sensazioni.

«La ringrazio, ma non doveva disturbarsi.»disse Jungkook, togliendosi gli occhiali, impacciato, scrutando meglio il suo interlocutore.

E anche se le luci soffuse non aiutarono a molto, riuscì comunque a fissarsi nella mente dei particolari che difficilmente avrebbe dimenticato. Come il piccolo neo posto sulla punta del naso dello sconosciuto, i capelli di un castano scuro, seguito da un mullet ben curato a coprire la nuca. Il corvino rimase incredibilmente colpito dai modi di fare di quel cameriere, e per un attimo si chiese perchè si trovasse a lavorare proprio in quel posto.

«Si figuri.»aggiunse.

Prima che il cervello andasse di nuovo in blackout, e pentirsi di ciò che stesse per fare, allungò la mano oltre il bancone.

«Jeon Jungkook.»

L'altro sorrise in tono sicuro, come se ci avesse scommesso.

«Kim Taehyung, è un piacere conoscerla.»

HOMICIDA ― taekookWhere stories live. Discover now