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Il suo turno era finito da un bel pezzo, ma le dita non accennavano a lasciare la penna. Ne aveva tante di idee per quel nuovo libro. Jimin era andato via prima, lasciando per una volta dei lavori in sospeso. Hoseok invece, adorava la notte; era il momento perfetto per dare vita alle sue grandi ispirazioni. Non poteva fare a meno di scrivere. E la casa editrice per cui lavorava, non poteva che esserne soddisfatta. Questo, sarebbe stato il suo secondo libro. Il primo era stato un successo: con la psicologia aveva fatto breccia in molti, attirando la loro curiosità. La prossima edizione, sarebbe stata incentrata sul rapporto con la società. Un tema a cui Hoseok teneva molto a cuore. Chiuse il piccolo quaderno, il quale nonostante fosse stato usato per tutti quegli anni, era ancora in perfette condizioni. Come facesse a mantenere tutto in ordine, nessuno sapeva spiegarselo. Ripose quel poco materiale all'interno della ventiquattrore, non curandosi nemmeno di dare uno sguardo al cellulare. Nessuno l'avrebbe cercato per un drink. Jung Hoseok, non aveva molti amici.

A dire la verità, non aveva nessuno. Ma dopotutto, non poteva lamentarsi. Aveva scelto lui – ai tempi del liceo – di non partecipare alle pause pranzo per approfondire la conoscenza dei compagni di classe. Aveva scelto lui di rifiutare i primi inviti ad uscire il sabato sera. Aveva scelto lui di non andare al ballo di fine anno, nonostante in quegli ultimi giorni volesse dichiararsi ad una ragazza dall'acconciatura punk e dallo smalto consumato. Aveva scelto lui di non farlo, e aveva scelto lui di farsi recapitare il diploma a casa per evitare di partecipare alla cerimonia. Sua madre e sua sorella maggiore erano così orgogliose di lui. Nonostante non fosse tipo da feste o altro, questo non aveva impedito loro di preparargli una grande torta per l'occasione. Con panna e fragoline di bosco, come piaceva a lui. Hoseok, quella sera, si sentiva la persona più felice del mondo. Suo padre invece, non avrebbe potuto esserlo; tutta colpa di un tumore che due anni fa, l'aveva spento nei più atroci dei dolori. Da quel momento, Hoseok aveva perso ogni interesse, partendo dalle cose più semplici. Niente sembrava distrarlo dal pensare che il mondo facesse più che schifo. La madre aveva dimostrato di essere più che forte, e per il bene dei figli, era andata avanti. Non si era risposata, non aveva mai tolto la fede.

Ogni notte, si addormentava nella parte occupata dal marito, solo per sentirlo sempre vicino. Capitava a volte, che Hoseok non riuscisse a prendere sonno, e non ci pensava più di una volta a raggiungerla. Agli abbracci del figlio, la donna si sentiva al sicuro. Ed era come il marito non fosse mai andato via. Hoseok si era sempre preso cura di entrambe, e anche se in un giorno capitavano più di un litigio con la sorella, la madre faceva di tutto per farli riappacificare. Anche se si trattava di piccolezze. Hoseok non aveva tanti difetti; teneva soltanto alla sua privacy, e questo bastava per andare d'accordo con lui. Ormai era diventato lui l'uomo di casa, e non poteva permettersi più capricci. La morte del padre, l'aveva costretto a crescere in fretta. A prendersi già tutte quelle responsabilità, quando la sua unica preoccupazione, al tempo, doveva essere solo il classico capello fuori posto. Dopo aver concluso la scuola, aveva passato un anno intero a mettere dei soldi da parte, magari con alcuni lavori estivi, mentre la madre poteva finalmente godersi una meritata vacanza.

Senza pensieri o altro. Per una volta, si comportò da vero adulto. Per una volta, sentiva di aver fatto la cosa giusta. Finalmente. Erano passati solo alcuni mesi da quanto sua madre si era trasferita, e la sorella stava per avere il suo primo bambino con l'uomo della sua vita. Sembravano felici, ed Hoseok non poteva che fare altro se non sostenerla. Senza saperlo, la morte del padre li aveva avvicinati ancora di più. Non seppe perché quei ricordi vennero a galla proprio in quell'attimo, ma sorrise ugualmente. Ripensò a quegli anni, mettendo da parte i mille fascicoli, ormai ricoperti di polvere. Se ne liberò con cura quasi maniacale. Giusto per fare spazio. Non si era goduto a pieno la sua adolescenza. Il suo unico rimpianto.

Slacciò l'orologio da polso, il quale aveva portato per un'intera giornata. La più stancante che avesse mai affrontato. Recuperò le chiavi dell'auto e finito di controllare che fosse tutto al proprio posto, lasciò lo studio. Era quasi sempre l'ultimo ad abbandonare la centrale, cosa a cui ormai Jimin(soprattutto lui), si era abituato. Lasciava da parte le ramanzine per dedicarle a Jungkook, il che era un bene. Dipendeva dai punti di vista. L'unica verità, era che Jung Hoseok non era fatto per la vita mondana; solo una volta aveva accettato una cena con alcuni dei suoi colleghi, per poi passare la maggior parte della serata a interloquire con il suo calice di vino. Con lui bisognava calibrare bene l'argomento su cui discutere.

Non era sentimentalista, ma nemmeno così burbero. Di solito, i delinquenti lo deridevano, sputandogli contro minacce cruente che avrebbero sconvolto chiunque. Ma a lui sembrava non fare nessun effetto. Sorrideva e passava alla domanda successiva.

Troppo stanco per prendere l'ascensore, optò per le scale antincendio. E probabilmente, avrebbe passato le restanti ore a pentirsene. Dopo le ultime tre rampe, giunse finalmente all'immenso garage, riservato ai membri della polizia e a chiunque facesse lavorasse all'interno del distretto. Fece scorrere la mano contro il muro, verso l'alto, cercando l'interruttore delle luci che gli avrebbero facilitato la ricerca della propria auto. Trovato il bottone apposito e pigiato su di esso, il buio non lo abbandonò. Pigiò ancora, ma niente. La luce non corse in suo aiuto. A quel punto, un suono acuto che conosceva bene e pensava di non ascoltare in quel momento, invase le sue orecchie.

Il suo cellulare. Portò velocemente la mano nella tasca posteriore dei pantaloni, afferrandolo. 

Arrancò nell'oscurità, stando attento a non cadere, quando poi, finalmente, rispose.

«Dottor. Jung Hoseok, come posso aiutarla?»

«Per iniziare, non facendo rumore.»

Fu come se tutti i suoi muscoli fossero stati privati della capacità di muoversi. Aggrottò le sopracciglia, assumendo un'espressione confusa che nessuno avrebbe potuto vedere. Deglutì piano, ascoltando i propri battiti farsi più veloci.

«Scusi, con chi parlo?»si guardò intorno, spaesato.

Una ventata d'aria gelida gli fece accapponare la pelle. Se solo non avesse deciso di andarsene così tardi.

«Non è importante sapere chi sono.»

Gli venne naturale pensare di concludere la chiamata, ma Hoseok sospettava che se l'avesse fatto, le conseguenze gli si sarebbero rivolte contro. Agì di conseguenza, pressando l'apparecchio elettrico contro l'orecchio, cercando di guadagnare tempo e continuò a camminare, fermandosi quando un altro rumore, accompagnato da vibrazioni metalliche, graffiò l'aria.

«Non è affatto divertente.»replicò, iniziando a perdere la pazienza.

Si udì un respiro gelido, e le orecchie di Hoseok fischiarono per colpa del silenzio fattosi troppo fitto.

«Non si tratta di uno scherzo.»ribadì lo sconosciuto, questa volta con più insistenza.

Dopodiché i passi che aveva udito prima, si avvicinarono di nuovo. Hoseok non ebbe nemmeno il tempo di girarsi perché la sua mascella venne colpita da un pugno. La sua bocca rilasciò un lamento, attutito dalle pareti fredde del garage. Non ebbe nemmeno il tempo di guardare in faccia il suo aggressore, perché il corpo perse l'equilibrio, cadendo a terra. Serrò gli occhi, e in men che non si dica, la testa girò velocemente a causa della botta appena inferta.

Si lasciò andare al dolore, incapace di poter fare altro e svenne. Lasciando che il buio ridesse alle sue spalle.

HOMICIDA ― taekookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora