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Lo studio lo richiamò all'attenzione, ma non poteva di certo rinunciare alla vista degli innumerevoli trofei che aveva vinto per tutta la durata della stagione. Suo padre ne sarebbe stato più che fiero, mentre sua madre non gli rivolse la parola apposta. Cascasse il mondo, la donna sarebbe rimasta sempre di quel parere. Dopo molto tempo speso insieme a lei, fredda e inespressiva, Kevin non dava più molto peso. Per lui rappresentava solo colei che l'aveva messo al mondo.

Lo stesso valeva per il padre. Inutile dire quante fossero le notti che l'uomo spendesse fuori, tradendo la moglie senza troppi ripensamenti. Molti si erano chiesti perché non ricorressero al divorzio. Sarebbe stato così semplice, ma la natura umana non era fatta per tali soluzioni. L'ingordigia influiva sempre sulle loro emozioni, su ciò a cui aspiravano da sempre. Kevin non avrebbe mai voluto macchiarsi di una vergogna simile. Ne andava di mezzo la sua reputazione, e il padre lo capiva benissimo. Vedeva suo figlio solo qualche ora del mattino dopo, magari durante la colazione; l'unico momento che sfruttavano per parlare di cose futili. A volte, l'uomo si fermava più del dovuto, mentre Kevin era impegnato a ripassare le ultime cose prima di un test. Frequentava le lezioni, con l'unica speranza di lasciare presto quel maledetto istituto e dedicarsi alla sua carriera. Il football rappresentava la sua unica valvola di sfogo. Suo padre non gli avrebbe mai permesso di fare altro, voleva che diventasse tutto quello che lui non era mai potuto essere. E pensare che all'inizio non aveva neanche interesse verso quello sport.

Sapeva di renderlo felice. Dopotutto, aveva tempo, per pensare alla sua, di felicità. Voleva solo dimostrare di essere il figlio perfetto. Il figlio di cui vantarsi con gli amici di lavoro. Il figlio composto e con grande interesse a ciò che gli aspettava una volta finita la scuola.

Possedeva già tutto quello che gli serviva: ragazze, notorietà, successo. C'era qualcosa di meglio? Tutto questo però, aveva un prezzo. Qualsiasi lusso, specialmente di quelle proporzioni, ne aveva sempre uno. E che gli piacesse o no, presto lo avrebbe pagato. Se non ora, sicuramente non avrebbe aspettato ancora per molto. In qualsiasi caso, gli sarebbe andata bene così, perché a Kevin tutto quel lato della sua vita, piaceva. Fin troppo. Sarebbe risultato difficile allontanarlo da quel lato astruso. Poi conobbe Trent al primo anno e da lì in poi, aveva sperimentato cosa fosse lo sballo vero. Il suo modo di porsi non l'aveva fatto vacillare e anche lui proveniva da una famiglia facoltosa. Non c'era mai stato nessun problema nel loro rapporto malsano. Il campione di football pagava quanto dovuto e Trent gli procurava la dose che preferiva. Non erano mai stati migliori amici, ma nemmeno sconosciuti. Grazie alle sue conoscenze, Kevin poteva vantare di aver provato sostanze ancor prima che gli altri potessero farlo. Quelle concessioni, lo rendevano automaticamente il preferito di Trent.

Più forzava la mano, più si rendeva conto che il dirupo diventava sempre più abissale. Ciò che provava, non era niente paragonata alla merda quotidiana che aveva a portata di mano, come se fosse acqua fresca.

Poi una sera Trent gli aveva messo davanti un offerta che non poteva rifiutare. Si trattava di una bravata, niente di più. Serviva solo qualcuno che facesse da esca. E chi poteva farlo se non Oliver? Aveva così tanta voglia di mettersi in gioco e i due avevano omesso così tanti dettagli che alla fine si erano ritrovati col niente. Le virtù di Trent erano inesauribili, esattamente come il suo ego. E per arricchirlo, aveva compiuto l'atto più rischioso che qualcuno potesse fare: una promessa. Secondo i suoi calcoli, Oliver sarebbe dovuto tornare quella stessa sera, nei posto in cui si erano dati appuntamento, con un sacchetto di "Red K". Una sostanza ancora sconosciuta tra le varie piazze di spaccio. Non scherzavano, quando per i corridoi della scuola si vociferava che Trent sapesse come essere persuasivo. 

A distanza di poche settimane, quella bravata non si era rivelata così divertente. Se Kevin avesse potuto farne a meno, sarebbe stato meglio. Non solo ci sarebbero stare ritorsioni gravi, ma addirittura ci avrebbero rimesso la pelle. E Chris ne era la prova lampante. Che il suo omicidio fosse avvenuto per mano di V o per mano di qualcun altro, Kevin sapeva che questo non era che l'inizio. Aveva appena finito d'iniettarsi in vena, l'ultima dose della merda di cui faceva sempre uso da un bel po' di tempo, giusto per ridurre la tensione che rischiava di fargli venire l'emicrania. E dopo il casino che avevano combinato, l'ultima cosa che doveva fare, era farsi prendere dal panico. Doveva mantenere il sangue freddo ed essere lucido. Cosa che non attuò, ovviamente.

Il metallo degli armadietti continuò a vibrare all'interno della sua testa, nonostante stesse facendo di tutto per ignorarlo. Le dita delle mani tracciarono velocemente un corsero al suo viso, constatando quanto la pelle fosse sudata e appiccicosa; non per colpa degli allenamenti, quelli non centravano assolutamente. Ignorò anche il saluto dei compagni, i quali si apprestavano a lasciare il più in fretta possibile gli spogliatoi. Quel tipico venerdì sera non avrebbero passato a preoccuparsi della relazione da scrivere o a ripassare per un eventuale esame. Piuttosto, si sarebbero organizzarti con la solita comitiva. Magari per andare a bere qualcosa tutti insieme o fare colpo. Kevin invece, stava facendo l'esatto contrario. Stava rimuginando sulle sue scelte, e già immaginava le parole amare di suo padre, semmai la storia della scommessa fosse saltata fuori. In tal caso, poteva dire addio al campionato e alla sua reputazione.

Rimasto solo, si lasciò cadere a terra, con la schiena contro il muro. Coperto soltanto dal buio pesto, i suoi demoni pensarono bene di svegliarsi per divorarlo. All'improvviso, qualcosa provocò di nuovo quel rumore metallico. Che ci fosse qualcun altro? Il silenzio era troppo presente per pensare il contrario. Eppure Kevin credeva davvero che non fosse solo, in quello spogliatoio. Perché nonostante fosse strafatto, captò dei movimenti. Non seppe con quale forza riuscì ad alzarsi da terra, andandogli incontro. Quegli stessi passi poi, si ammutolirono, come se avesse capito. Il giocatore di football non si lasciò impressione, deciso a sapere chi lo stesse spiando. Non poteva mettere a repentaglio la sua immagine. Girò l'angolo solo perché il suo aggressore potesse avvolgergli il braccio al di sotto del mento e stringere con imperiosità. Kevin non ebbe tempo per fare niente; sussultò a causa dello stupore. Tuttavia, riuscì soltanto ad emettere un respiro strozzato, prima che la punta dell'ago, lunga e sottile venisse piantata violentemente contro il suo collo. Lo sconosciuto fece pressione con la sezione apposita, diffondendola direttamente nelle sue vene. L'effetto circolò alla velocità della luce, e la vista si annebbiò nel giro di pochi secondi. Fu nocivo sotto ogni punto di vista.

Colui che aveva tenuto stretto il suo corpo a sé, lo lasciò andare, trattenendo un ghigno di soddisfazione.

«Sogni d'oro.»

Cadde rovinosamente a terra, trascinato da crisi epilettiche. Della bava fuoriuscì dalla sua bocca, crescendo sempre di più, mentre le sue iridi divennero due punti neri che fissavano l'uomo, ancora avvolto nel buio.

Se il suo obbiettivo era farlo fuori, perché era ancora lì? Che cosa stava aspettando? Kevin non riuscì a rispondere a tali domande, perché morì soffocato, cercando fino all'ultimo minuto un qualsiasi appiglio che potesse riportarlo in superfice. Ma il tempo ebbe la meglio. Alla fine, raggiunse il vuoto che aveva toccato per fin troppo tempo. Nessuno sarebbe corso in suo aiuto. 

O per lo meno, nessuno avrebbe potuto.

HOMICIDA ― taekookWhere stories live. Discover now