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Nonostante il sonno lo reclamasse per sé, gli occhi insistevano per restare spalancati, fissi sullo schermo del pc estremamente personale. Il suo ultimo desiderio, era proprio quello di non toccare il lavoro una volta a casa.

Controllava quei file dalle prime luci del mattino e non si sorprese affatto, quando non trovò nessuna incongruenza. Del resto, se mai fosse successa una cosa simile, sapeva chi sbattere fuori. Poteva accadere qualsiasi cosa, ma tutti i sistemi annessi, dovevano permanere nell'immunità più assoluta. Non c'era molto da sapere su di lui.

Trentaquattro anni, di poche parole, sbruffone e arrogante in ogni occasione. E teneva alla sua privacy più di chiunque.

Per essere del tutto precisi, sempre. In tal caso, il genere femminile poteva definirsi pressoché inesistente, quando c'era lui nei paraggi. Sapeva che la sua presenza era poco gradita, all'interno di quelle quattro mura che sfortunatamente, dirigeva egli stesso.

Se i suoi collaboratori avessero avuto un'occasione per sbarazzarsi di lui, avrebbero colto immediatamente la palla al balzo. Era risaputo quanto i suoi metodi fossero fin troppo barbari e poco ortodossi. Il mondo fuori è più stronzo di me, fatevene una ragione, aveva detto una volta, nel bel mezzo di una riunione, solo per attirare altre occhiate pregne di risentimento. Nessuno di loro poteva vantare di poter condurre una vita normale, le loro esistenze dovevano concentrarsi prettamente sul loro lavoro. Era una condizione che tutti avevano scelto. Lui non era non era da meno. E certamente non si aspettava di essere capito.

Le iridi scure corsero da una riga all'altra, analizzando periodicamente qualsiasi informazione gli fosse utile, eliminando poi il materiale di scarto senza battere ciglio. Dopo tutte le esperienze lavorative a cui si era sottoposto, qualcosa l'aveva sicuramente imparato. La vita, a sue spese, l'aveva portato davanti a muri insormontabili. Chiunque al suo posto, li avrebbe scavalcati e avrebbe messo un punto al di sopra. Lui non si era limitato a questo. Lui era stato capace di abbatterli.

Non si trattava di superiorità. Mai sarebbe sceso a simili livelli, e mai avrebbe dato la possibilità a qualcuno di scavalcarlo. Si era privato di tutto, ed ora che aveva in mano la situazione, avrebbe sacrificato qualsiasi cosa per riportare la calma. Al di fuori, quegli stessi collaboratori correvano da una parte all'altra, assicurandosi che fosse tutto al proprio posto. E magari, anche lanciando qualche maledizione all'uomo che stava comodamente seduto alla sua solita postazione. Nessuno di loro avrebbe osato svegliare il cane dormiente.

Bisognava tenerlo a bada, o le conseguenze non sarebbero state piacevoli. Chissà per quale ragione, il suo cellulare non squillò; nonostante avesse dimenticato di attivare la modalità silenziosa. In quel freddo e grigio martedì, nessuno necessitava del suo aiuto. Non che questo gli dispiacesse.

Prese un altro sorso di quell'ottimo brandy, rifiutando categoricamente la solita tazza di caffè che trovava al mattino, appostata sulla propria scrivania. Preferiva morire con decoro, piuttosto per colpa di qualche goccia di cianuro. Mise poi da parte il bicchiere mezzo vuoto, incollando le dita all'estremità dei bordi, stringendo il vetro fino a quando la tonalità dei polpastrelli non assunse un tenore giallastro, quasi pallido. Poggiò la nuca contro l'estremità della poltrona in pelle, chiudendo gli occhi e godendosi quella calma apparente.

Finché la sua stessa bolla non venne rotta dal bussare contro la porta. Non erano trascorsi nemmeno tre secondi. Al diavolo. Si trattenne dal sbuffare, trovando che fosse più consono mantenere un comportamento da vero altezzoso. Decise di mantenere la sua stessa immagine ben salda. Si era auto imposto di non mostrarsi debole. A tal proposito, fu veloce a ricomporsi. E con un gesto di netto fastidio, portò le dita al ponte del naso.

«Cosa c'è, adesso?»

Non si preoccupò nemmeno di nascondere tutto il suo disappunto; probabilmente, il mal capitato, aveva perso una scommessa, perché nessuno poteva permettersi di far perdere del tempo prezioso a Min Yoongi.

Quella stessa porta venne aperta leggermente, dove da quel poco spazio visibile, fuoruscì Ryan: uno dei suoi agenti in prova. I suoi lineamenti giovanili però, tradivano il suo portamento risoluto. Fatto il primo passo avanti, e gonfiato il petto per mostrare finta sicurezza, il cadetto parlò. Diversamente dagli altri, non vacillò. Cosa che il direttore notò subito. Un punto a suo favore.

Il cadetto fece un passo in avanti, dimostrando padronanza di se stesso.«Signore, mi scusi. Non ci metterò molto tempo.»spiegò, risoluto, gonfiando il petto.

Min poggiò i gomiti contro la scrivania liscia e immacolata, portando di conseguenza le dita a unirsi le une con le altre. Dopodiché, sistemò il proprio mento su di esse. Con un breve movimento, arricciò le labbra sottili, facendogli capire di aver ottenuto la sua più completa attenzione.

«Me lo auguro.»

Schioccò la lingua al palato, mantenendo quella postura fiera. Dopo tutti quegli anni, di principianti ne aveva visti eccome. Eppure quel ragazzo non era lì solo per portargli brutte notizie. Era lì per impressionarlo. Se il suo scopo era proprio quello, non immaginava nemmeno quanta fatica avrebbe dovuto sopportare per ottenere un suo piccolo riconoscimento.

«Ci sono dei problemi con delle indagini.»formulò tutto d'un fiato Ryan, stringendo i pugni lungo i fianchi.

«Di che tipo?»

«Sul caso di V.»riassunse il più giovane, come se avesse fretta di concludere quella conversazione.

Mantenere lo sguardo per più di cinque minuti con Min, non era cosa di poco conto.

L'uomo roteò gli occhi al cielo, pensando che non potesse desiderare inconveniente migliore.«In poche parole, V non è scomparso.»riassunse.

«Crediamo sia stato un diversivo.»

Di stronzate però, ne aveva sentite fin troppe, per i suoi gusti. Ma questa le superava tutte.

Per un uomo del suo spessore, avido d'informazioni, non aveva perso tempo a leggere quanti più articoli possibili. Ognuno diceva la stessa identica cosa, solo per mascherare il fatto che, effettivamente, di V, non c'era niente di attendibile.

«I diversivi per V non esistono.»rispose l'altro, con un tono che non ammetteva repliche.

«Lei cosa pensa?»

«Penso che come direttore dell'FBI, è arrivato il momento d'intervenire.»

«Ma il caso non ci riguarda, signore.»constatò Ryan.

«Appunto.»tagliò corto l'altro, graffiando le parole con la voce.«La città ha bisogno di protezione.»

Prima che la polizia ci avesse fatto caso, V era stato così bravo d'accrescere la propria fama fino a far parlare di sè anche all'estero. Le testate giornalistiche avrebbero pagato qualsiasi prezzo per scoprire di più sul suo conto. Non c'era social che non discutesse su di lui; addirittura, esistevano forum illegali, i quali sostenevano o andavano contro i suoi ideali.

«Quindi, cos'ha intenzione di fare?»gli domandò il ragazzo, davanti la porta.

«Raduna la squadra»comandò quest'ultimo, liquidandolo con un'alzata del capo, ritornando con gli occhi sullo schermo ancora acceso.«si torna a Miami.»

HOMICIDA ― taekookWhere stories live. Discover now