II - Single è il mio motto

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Harry chiuse gli occhi per qualche istante, sospirando, e portandosi una mano sulla fronte. Finalmente quella giornata infernale era finita. Da quando si era trasferito a Londra era andato tutto storto. L'eccitazione iniziale aveva lasciato il posto alla disperazione e alla solitudine.

Terminata l'università, aveva da subito trovato lavoro come insegnante di inglese presso il liceo che aveva frequentato lui stesso, diventando il professore più giovane della storia della scuola a soli ventidue anni. Erano stati due anni fantastici, amava il suo lavoro e gli studenti si erano dimostrati davvero delusi nell'apprendere che alla fine del secondo semestre Mr. Styles non sarebbe più stato con loro. Perché Harry aveva ricevuto una proposta di lavoro che aveva sognato per anni.

Dopo la pubblicazione della sua prima e unica raccolta di racconti, l'Università di Londra gli aveva offerto una posto come docente di Lingua e Comunicazione in un progetto legato alla scrittura creativa. Quasi incredulo di ricevere una simile possibilità, Harry aveva accettato senza guardarsi indietro e si era trasferito nella capitale, lasciando famiglia e amici nel Cheshire dove era nato e cresciuto.

Sapeva che la vita nella caotica metropoli sarebbe stata molto diversa da quella che aveva sempre condotto, ma mai si sarebbe immaginato di sentirsi tanto solo e smarrito in quell'oceano di gente e grattacieli.

Aveva trovato un appartamento fantastico ad un prezzo sorprendentemente basso, appena fuori dal centro, e vi si era trasferito all'inizio delle vacanze estive, in modo da aver tempo di ambientarsi alla nuova vita, e magari farsi qualche amico prima di iniziare il lavoro all'università. Ma il destino sembrava non essere stato particolarmente generoso con Harry, che in un intero mese non aveva stretto nessun'amicizia, aveva passato la maggior parte delle sue giornate a sistemare la nuova casa, la maggior parte delle serate a scrivere senza concludere nulla che lo soddisfacesse e si era ritrovato recluso da qualsiasi tipo di vita sociale. Certo, non che lui avesse fatto molto per cambiare la situazione; era sempre stato un ragazzo piuttosto timido, e conoscere persone nuove non era mai stato il suo forte, eppure la freddezza e il disinteresse generale che avevano mostrato finora tutti coloro con cui era entrato in contatto non facevano che aumentare il suo senso di distacco. Più passavano i giorni, più Harry si sentiva solo, ma cercava di convincersi che con l'imminente inizio delle lezioni e quindi del suo nuovo lavoro, le cose sarebbero finalmente cambiate.

E sembravano cambiate davvero, anche se nulla di ciò che era successo quella sera aveva a che fare con l'università e con il lavoro. Dopo una giornata in cui tutto sembrava andare per il verso sbagliato, dopo che la sua auto l'aveva lasciato a piedi con del fumo inquietante che esalava dal cofano, dopo un'orrenda telefonata con il suo editore che lo costringeva a consegnare qualcosa entro le prossime due settimane, ed era stato inutile provare a spiegargli che da quando Harry si era trasferito a Londra non era più stato in grado di scrivere nulla che valesse la pena di essere letto; dopo aver preso l'autobus sbagliato ed essersi perso chissà dove in quell'inferno che chiamavano città, ed aver pagato un'esagerazione un taxi che lo riportasse su strade conosciute, dopo aver fatto la spesa, averla rovesciata sulla moquette fuori dall'appartamento e aver rotto la chiave nella serratura, ebbene, dopo, aveva incontrato Louis. Un raggio di sole nella tempesta.

Harry si guardò intorno, studiando ancora l'appartamento del suo vicino. Sospirò, non riuscendo a trattenere un sorriso.

"Fai come se fossi a casa tua. Io intanto metto in frigo il resto della tua spesa" Louis lasciò Harry solo, entrando in quella che doveva essere la cucina. Harry fece scorrere gli occhi sulla stanza in cui si trovava. Un divano ad angolo di pelle nera, di fronte ad un tavolino da caffè, riviste e giornali sparsi qua e là, un mobile moderno, nero e bianco, al cui centro troneggiava un enorme schermo LCD di ultima generazione, e tutt'intorno qualche libro e altre riviste. Harry focalizzò la sua attenzione alle cornici sulle pareti; proprio sopra il televisore, incorniciata, una maglietta del Manchester United apparentemente autografata. Harry si avvicinò, cercando di leggerne la firma, ma era inutile, non ci capiva nulla di calcio, e mai gli era interessato approfondirne la conoscenza. Sparse per la parete, altre foto, e con un solo sguardo veloce, Harry capì che doveva trattarsi di foto di famiglia. Alcune ritraevano delle ragazzine, in altre poté chiaramente distinguere Louis da piccolo insieme a quella che doveva essere la madre, vista la somiglianza. Da buon osservatore qual era, Harry notò immediatamente l'assenza del padre da ogni singolo ritratto. Si soffermò poi su quello che raffigurava il suo vicino insieme ad un altro ragazzo, presumibilmente alla cerimonia di laurea, dato che entrambi indossavano una toga. Il ragazzo aveva il braccio intorno alle spalle di Louis e tutti e due sorridevano felici. Harry aggrottò le sopracciglia e si fece pensieroso. Aveva come la sensazione di aver già visto il ragazzo nella foto, ma non riusciva a ricordare dove. Poi, spostando lo sguardo oltre il divano, si accorse del pianoforte sistemato di fronte alla grande finestra, e si chiese come non lo avesse notato prima.

Brand New Style - A Larry FFWhere stories live. Discover now