XVIII - Vacanze Romane/ Il Percorso degli Amanti

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Oddio, ho aggiornato! Quasi non ci credo...ci ho messo una vita a scrivere questo capitolo, spero almeno ne valga la pena...
Sarò breve, I promise...se non l'avete ancora fatto, andate a dare un'occhiata alla one shot che ha scritto borabora33...è FA-VO-LO-SA!! Il titolo è "somewhere beyond love", vi assicuro che è stupendissimissima!!
Mi raccomando, se non avete di meglio da fare, VOTATE!
Love you lots,
MB
Harry stava aspettando Louis nel luogo che gli aveva indicato. Era seduto su un muretto, il ginocchio che traballava e il piede che batteva a terra in continuazione senza controllo. Era in ansia. Tremendamente in ansia. Louis era uscito un paio d'ore prima dall'ufficio e finalmente erano pronti per passare insieme quella serata che il più grande gli aveva promesso. Ma Harry si sentiva male al sol pensiero di vederlo.
Quella mattina aveva finto di dormire profondamente, quando Louis aveva lasciato la stanza d'albergo per recarsi al lavoro; esattamente come aveva fatto la sera precedente, quando un sussurro accanto al suo orecchio aveva distintamente pronunciato quelle due parole che aveva sognato di sentirsi dire da sempre, praticamente dalla prima volta che i suoi occhi avevano incrociato le orbite celesti di Louis Tomlinson. Ma allora perché Harry non aveva risposto? Perché non gli aveva detto di amarlo a sua volta? In fondo era la pura e semplice verità: lo amava. Punto. Però non gliel'aveva detto. Guardava fisso il cemento della strada e si passava nervosamente la mano fra i ricci spettinati. Era confuso, e gli faceva male la testa dal troppo pensare.
Come poteva seriamente credere che Louis fosse innamorato? Fino a tre giorni prima faceva il cretino con la sua ex proprio davanti ai suoi occhi; fino ad un mese prima non era nemmeno gay, per dio! Louis non aveva mai avuto una relazione e non aveva mai detto 'ti amo', eppure aveva scelto di dirlo a lui, anche se pensava stesse dormendo. Ecco, pensava stesse dormendo. Perché non gliel'aveva detto guardandolo negli occhi, da sveglio? Non ne aveva il coraggio, o era solo la strana circostanza di quella sera che l'aveva spinto a mormorare quelle parole?
Harry soppresse un grido di frustrazione e si alzò, cominciando a gironzolare sul posto. Avrebbe finto la più totale indifferenza, come se nulla fosse accaduto. Se Louis fosse stato davvero innamorato, gliel'avrebbe detto di nuovo. O no? Cazzo, non sapevano nemmeno se stavano ufficialmente insieme. Puoi dire 'ti amo' a qualcuno se nemmeno lo consideri il tuo ragazzo? Basta, basta, basta, Harry!
"Buona sera, Curly!"
Harry si voltò nella direzione di quella voce che conosceva ormai perfettamente, quella voce che lo faceva rabbrividire. La sua, di voce, gli si strozzò in gola. Louis a quanto pare era persino riuscito a passare dall'hotel prima di incontrarlo; non indossava uno dei suoi soliti abiti, ma un paio di skinny neri ed un maglioncino con lo scollo a v dello stesso colore. I capelli disordinati, come Harry li adorava, e i suoi sexy-da-morire occhiali da vista. Prima ancora che Harry potesse rispondere, gli si avvicinò, accarezzandogli il dorso della mano e lasciandogli un delicato bacio a fior di labbra. Harry credette di svenire da un momento all'altro. Louis l'aveva baciato, in mezzo a tutti, alla luce del tramonto, su una strada piena di gente! Non che qualcuno stesse davvero facendo caso a loro, ma l'aveva fatto! L'aveva baciato. Harry, occhi verdi spalancati, si sciolse in un sorriso tutto denti e fossette, lo stomaco che faceva le capriole e il cuore che rimbombava nel petto.
Louis alzò un sopracciglio, incuriosito. "Che c'è?"
Non se n'era nemmeno reso conto! L'aveva baciato per la prima volta senza delle pareti a nasconderli, e non se n'era nemmeno accorto, come se tutto d'un tratto fosse diventata la cosa più normale del mondo. Il cervello di Harry avrebbe voluto fermarsi e cominciare ad analizzare quel momento per ore, riflettere su tutti i possibili significati ed implicazioni di quel gesto, avrebbe voluto immaginare se l'avrebbe fatto anche se non fossero stati a chilometri da casa. Il solito Harry, riflessivo fino alla nausea, avrebbe voluto aprire in due il cranio di Louis e guardarci dentro, per riuscire a comprendere almeno una volta cosa diavolo gli passasse per quella testa assurda, ma in verità era arcistufo del solito Harry. Questo Harry voleva godersi fino in fondo ogni attimo di quella specie di vacanza in una delle città più belle del mondo, in compagnia di quello splendido tanto incomprensibile Louis Tomlinson.
Harry scosse la testa, spostandosi i ricci dalla fronte, e sorrise. "Niente. Allora...dove mi porti?" E con un sospiro intrecciò le proprie dita con quelle di Louis. Il ragazzo dagli occhi blu sembrò illuminarsi alla sola vista di quel sorriso e al contatto della sua mano calda, così tanto più grande della sua, ma nella quale si intersecava perfettamente.
"E' una sorpresa" rispose, sentendo le guance scottare. Harry fece roteare gli occhi, ma gli si leggeva in volto quanto fosse felice. Sempre tenendolo per mano, il riccio lo seguì fino alla fermata dell'autobus.
Il viaggio durò poco meno di mezz'ora, ma sarebbe stato più breve se il traffico della capitale non fosse stato tanto congestionato. Non avevano trovato posto a sedere, perciò Harry aveva appoggiato la schiena ad uno dei sostegni in acciaio e cercava di studiare il percorso che l'autobus stava seguendo, ma il corpo di Louis premuto contro il suo era una distrazione troppo grande. L'autobus era pieno, d'accordo, ma stare appiccicati in quel modo non era affatto necessario. Non che Harry se ne lamentasse, ma quella vicinanza gli causava ogni volta un formicolio fin troppo familiare nei pantaloni. E quello non era certo il posto adatto. Cominciò a mordersi nervosamente il labbro inferiore, cercando di pensare a cose disgustose e non al profumo inebriante di Louis, o a quanto fosse maledettamente eccitante con i suoi occhiali da vista, o a come i jeans che indossava gli fasciassero quel suo sedere tondo, sodo, perfetto.
"Smettila" gli sussurrò all'orecchio, alzandosi in punta di piedi. Harry lo guardò confuso.
"Di fare che?" chiese, alzando le spalle.
"Di morderti il labbro. Dio, nemmeno te ne accorgi di quello che mi fai" mormorò ancora, questa volta indugiando più del dovuto, il respiro bollente contro il collo di Harry che gli fece rizzare i capelli ed esplodere la schiena di brividi. Il riccio deglutì; la situazione stava diventando davvero imbarazzante. Se ci fosse stato un bagno, ce lo avrebbe trascinato in quell'istante. Evitò il suo sguardo e cominciò a parlare del più o del meno, raccontandogli di tutti i luoghi che aveva visitato quel giorno, sperando che la loro fermata fosse il più vicina possibile.
Scesero finalmente ed Harry tirò un respiro di sollievo; almeno era riuscito ad evitare un'erezione in mezzo a tutti quegli sconosciuti. Ma non riuscì nemmeno a fare due passi, che Louis lo trattenne per il polso e dalla tasca dei jeans estrasse quella che sembrava essere una bandana. Harry lo guardò accigliato, riconoscendo quel pezzo di stoffa. Louis doveva averla presa dalla sua valigia in albergo, perché era una delle sue tante bandane.
"Te l'avevo detto che era una sorpresa" disse il ragazzo più grande, un sorrisetto furbo stampato sul viso, mentre si avvicinava ad Harry per legargli la bandana attorno alla testa e bendargli gli occhi. Harry fece una risatina e scosse il capo.
"Vuoi farmi andare in giro bendato? Sul serio, Lou?"
Anziché rispondergli, Louis iniziò ad annodare il lembo di tessuto dietro la sua nuca. Harry cercò di ritrarsi. "Louuuu," piagnucolò, "non voglio girare accecato, sembro un idiota! Ed è pieno di gente!" Louis ridacchiò alle proteste e a quel broncio infantile del riccio, ma non si scostò, anzi, strinse il nodo e si assicurò che la bandana gli coprisse completamente gli occhi.
"Da quando ti importa cosa pensa la gente?" chiese, ancora ridendo, e sbandierando una mano di fronte ad Harry per verificare che effettivamente non vedesse attraverso la stoffa. Da quando non importa a te! Avrebbe voluto urlargli Harry, ma la verità è che tutta quella situazione lo divertiva e quasi lo eccitava, tanto che sussurrò: "Pensavo che la prima volta mi avresti bendato in un altra...come dire, circostanza" e gli avrebbe fatto l'occhiolino se non avesse avuto una bandana a nasconderlo. Sentì Louis deglutire, e poté immaginare le sue guance tinte di rosso. Il ragazzo dagli occhi blu era arrossito eccome, ma non volle dare ad Harry la soddisfazione di sapere quanto quella frase gli avesse strozzato il respiro in gola; così gli prese nuovamente la mano ed iniziò a guidarlo per la strada che li avrebbe condotti in uno dei suoi posti preferiti, non solo di Roma, ma di tutto il resto del mondo. Il solo pensiero di poter rivedere quel luogo magico proprio con il ragazzo che amava gli faceva tremare le gambe.
Avvertì il riccio avanzare insicuro, così Louis decise di poggiargli una mano dietro la schiena, stringendolo per la vita, e continuarono per le poche centinaia di metri che li separavano dalla destinazione. Per tutto quel breve tragitto, Harry continuava a lagnarsi e a chiedergli spiegazioni, come un bambino capriccioso, ma Louis lo adorava in ogni caso. Si accorgeva di adorare tutto di Harry, anche le cose più piccole e stupide, come quel suo fare piagnucoloso che sfoderava ogni qual volta che non otteneva subito ciò che voleva. La strada era in salita, così quando arrivarono finalmente in cima, entrambi avevano un leggero fiatone, ma quando Louis rivide quel luogo, si ripeté quanto ne valesse la pena. Lasciò la presa su Harry e gli scivolò dietro, cominciando ad allentare il nodo della bandana.
"Ta-daaaan!" esclamò, liberando gli occhi del ragazzo.
Harry sbatté le palpebre un paio di volte, per riabituare gli occhi alla luce del tramonto, per poi rimanere totalmente senza fiato. Davanti a lui, dall'alto del punto in cui si trovavano, il panorama più incredibile che avesse mai persino sperato di vedere. L'intera città si stendeva sotto il suo sguardo, illuminata dagli ultimi deboli raggi rossi del sole, nella fresca aria autunnale. Harry si ritrovò a sorridere come un ebete, girandosi da una parte all'altra per cogliere l'interezza di quella visione meravigliosa, per immergersi completamente in quello scenario da cartolina.
"Louis..." sussurrò, troppo estasiato persino per articolare una frase di senso compiuto. Gli prese la mano, stringendo, come per verificare se tutto fosse reale. Louis appoggiò la testa contro la sua spalla, spostando lo sguardo dalla città ai loro piedi agli occhi di giada di Harry.
"Siamo sulla cima di Monte Mario, puoi vedere praticamente tutta Roma da qui" spiegò, perso più nella bellezza eterea del ragazzo al suo fianco, che non su quella monumentale della capitale italiana. Harry annuì, iniziando a guardarsi intorno, le sue adorabili fossette ben visibili sulle guance, incredulo che Louis lo avesse davvero portato in un luogo tanto meraviglioso.
"Vieni" lo esortò, tirandogli appena la manica della felpa. Harry si tolse la bandana e la infilò in tasca, poi prese la mano di Louis e lo seguì dovunque volesse portarlo. Dopo avergli rivelato l'esistenza di quel luogo, l'avrebbe seguito da qualsiasi altra parte.
"Quello è l'osservatorio astronomico," indicò Louis, "e questo si chiama Parco Mellini". Continuava a fargli da guida turistica, mentre camminavano, mano nella mano. Harry si illuminò tutto d'un tratto.
"Hey, aspetta, ho letto di questo posto! Ha ispirato varie lettere di Goethe, sai?" disse, fiero di esserselo ricordato, ma Louis scoppiò in una risata fragorosa.
"Dio, Haz, puoi essere più nerd di così?" rideva tanto da tenersi gli addominali. Harry si sarebbe offeso, ma il suono della risata di Louis era troppo melodico e le rughette ai lati dei suoi occhi troppo dolci perché si potesse risentire davvero. Gli mollò una sberla sul bicipite, e più che un pugno sembrava un buffetto.
"Non sono un nerd! Mi piace leggere" cercò di giustificarsi. Louis scuoteva la testa, le sopracciglia alzate a deriderlo con affetto.
"No, sei proprio un cazzo di secchione" rise ancora, ma intanto gli accarezzava il dorso della mano. Dopo un mese, un semplice gesto come quello faceva ancora fare i salti mortali allo stomaco di Harry.
"Parli tu, con tutte quelle formule matematiche e cose incomprensibili che fai al lavoro" bofonchiò il riccio, mentre si inoltravano in un viale alberato e il sole tramontava definitivamente, lasciando posto ad un cielo stellato senza luna. Louis lo guardò accigliato.
"Ma che..? Harry, sono un addetto marketing, che cazzo centra la matematica? Faccio ricerche di merca-"
"Sì, sì, quello che è, tanto è incomprensibile comunque" lo interruppe, muovendo la mano come per lasciar cadere l'argomento. Louis rise ancora; aveva provato innumerevoli volte a spiegare quale fosse la sua professione e di cosa si occupasse, ma ad Harry proprio non rimaneva in mente, o comunque poco gli importava. Sembravano avere due cervelli settati in maniera opposta: Harry quello creativo, brillante, sognatore e riflessivo; Louis quello scientifico, analitico eppure totalmente impulsivo. Ma si completavano come un puzzle. Del resto, anche Louis non aveva la benché minima di idea di ciò di cui parlava Harry la maggior parte delle volte.
"Lo sai come viene chiamata questa via?" chiese ad un certo punto, notando tutte le coppiette che si aggiravano attorno a loro. Harry scosse la testa. "Vialetto degli amanti" gli spiegò Louis, un sorriso talmente dolce che il cuore del riccio si sciolse. Okay, forse era davvero giunto il momento di riconnettere il cervello e fermarsi a riflettere. Louis l'aveva portato in uno dei posti più romantici della città - macché, del mondo!-, stavano camminando sul percorso degli amanti, sotto un cielo stellato, tenendosi per mano, in pubblico, e la notte precedente l'aveva chiaramente sentito mormorare 'ti amo'. Che cazzo sta succedendo? Harry era frastornato; felicemente, meravigliosamente frastornato, come in un sogno da favola, ma il problema era proprio quello: era un sogno o la realtà? Louis sembrava francamente impazzito del tutto. Quello non era il ragazzo che aveva conosciuto, quello che si vergognava di Harry e della loro pseudo-relazione, che si vergognava persino di se stesso; quello con la fama da donnaiolo incallito, quello il cui picco di romanticismo era una scopata e via. Cos'era cambiato in appena un paio di giorni?
Harry era talmente perso nelle sue paranoie mentali, che non si accorse nemmeno di essere giunti su una splendida terrazza a picco sulla città e su quella vista magnifica, una terrazza dove sorgeva quello sembrava un ristorante o un locale, o entrambi. All'ingresso vide Louis parlottare con il maitre, il quale poco dopo gli indicò un tavolino proprio lì fuori. I due si sedettero senza scambiare una parola. Harry era fuori di sé. Le candele che bruciavano sui tavoli, il profumo dei fiori e degli alberi attorno a loro, quella visione mozzafiato sulla notte stellata di Roma, il Tevere che scorreva sotto di loro e le luci accecanti della città. Era perfetto. Assolutamente perfetto. Se non per il fatto che nessuno dei due stava proferendo mezza sillaba. Il silenzio venne interrotto soltanto dal cameriere che prese le loro ordinazioni per un aperitivo in puro stile italiano e solo allora Harry notò che Louis dovette schiarirsi la gola due volte prima di rispondere e quanto la sua voce fosse tremolante. Era stato talmente preso nei suoi voli pindarici da non essersi accorto di quanto il ragazzo seduto di fronte fosse diventato nervoso improvvisamente. Le gambe accavallate che non ne volevano sapere di stare ferme, i continui e repentini movimenti involontari delle mani, la mascella contratta e le spalle tese, mentre si guardava attorno come se qualcuno lo stesse spiando.
Louis dal canto suo sapeva benissimo di essere tremendamente agitato; cazzo, aveva organizzato quella che secondo lui era la serata perfetta, nel luogo perfetto, con la persona perfetta, per chiedergli ufficialmente di essere il suo ragazzo, mentre adesso stava avendo un fottuto attacco di panico. Merda! Cosa c'è di sbagliato in me? Come se non bastasse, Harry si era ammutolito, e questo rendeva le cose ancora più difficili. Forse era troppo, forse l'aveva terrorizzato con tutta quella situazione. Voleva mettere in chiaro a che punto erano arrivati, voleva avere una relazione seria con lui, perché lo amava, ma cazzo, non voleva chiedergli di sposarlo! Era probabilmente davvero tutto esagerato quello che aveva fatto, quel posto, quel panorama, quel cielo pieno di stelle, quel ristorante, tutto. Troppo. Merda. Le palpitazioni aumentarono, l'aria gli si bloccò in gola, sudava freddo e non riusciva a tenere ferme le mani. Prima di scoppiare si alzò, barcollando. Non poteva avere l'ennesima crisi, non lì, non davanti ad Harry e tutte quelle cazzo di persone! Cercò di allontanarsi velocemente, ma le gambe gli si erano fatte molli e indolenzite, non riusciva a respirare e la vista si stava annebbiando. Merda.
Harry si mise in piedi di scatto, rovesciando all'indietro la sedia sulla quale era seduto, riuscendo ad attirare l'attenzione di tutte la gente vicina. Ovvio. Afferrò Louis per il polso e lo allontanò dal locale, verso la terrazza. Aveva capito cosa gli stava succedendo, voleva che prendesse più aria possibile, e non voleva metterlo in ulteriore imbarazzo, ma chiaramente, goffo com'era, adesso aveva tutti gli occhi addosso. Cercò di ignorarli e lo trascinò a pochi passi dai tavolini, stringendolo per il fianco.
"Lou, Lou, ehi, va tutto bene, respira" disse piano, mettendogli entrambe le mani sulle spalle per provare a calmarlo. Louis alzò appena lo sguardo per incrociare gli occhi di Harry.
"Non-non ce la faccio..." balbettò, e l'unico risultato fu quello di sentire il nodo alla gola farsi più stretto e doloroso. Harry allora gli prese il volto fra i palmi e lo avvicinò al suo. "Sì che ce la fai, guardami, Lou! Inspira ed inspira, piano, inspira ed espira" continuò, il tono sempre basso e rassicurante. Stava entrando nel panico lui stesso, ma doveva rimanere calmo per entrambi e non far capire a Louis quanto lo stesse spaventando. Sembrò funzionare, perché lentamente sentì il corpo di Louis tornare a rilassarsi, mentre il torace si alzava e abbassava ritmicamente seguendo le banali ma tranquillizzanti istruzioni di Harry.
"Grazie" mormorò, sentendo quella terribile sensazione scemare. Moriva di imbarazzo, ma quello era un altro discorso. Il riccio sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi, di quelli che ti facevano sentire in pace con il mondo intero, ed intrecciò le dita con le sue.
"Non dirlo neanche, ti senti meglio?"
Prima che Louis potesse rispondere, una cameriera bionda e piuttosto carina si avvicinò a loro. "C'è qualcosa che non va?" chiese pacatamente e con un pizzico di preoccupazione, forse dovuta al volto pallido di Louis. Harry parlò per entrambi, ringraziandola ed assicurando che sarebbero in fretta tornati a sedersi. Quando si fu allontanata tornò a rivolgersi a Louis. "Sicuro di stare bene? Possiamo andarcene se vuoi, così ti riposi e-" Il ragazzo dagli occhi celesti lo interruppe come suo solito, ma non con le parole, con un bacio. Il secondo che gli dava senza pudore fra tutti quegli sconosciuti. "Sto bene, Haz, è passato" e gli fece segno di volere davvero tornare al proprio tavolo. Harry fece un altro sorriso, più per il bacio che altro, e lo seguì, notando come la maggior parte delle persone presenti avessero smesso di guardarli da tempo, tornando alle loro conversazioni senza più fare caso a loro. Lo rincuorò mentre si sedeva di nuovo di fronte a Louis, ancora in evidente imbarazzo.
"Scusa" bisbigliò infatti, lo sguardo verso il basso. Harry gli appoggiò delicatamente una mano sul ginocchio. "Lou, non è colpa tua, non scusarti. Piuttosto, hai preso le medicine?"
I loro drink giunsero in quell'istante, così Louis fece solo no con il capo. Harry sospirò; non voleva sembrare spazientito, ma turbato. "Perché, Louis? Finché non starai meglio le devi prendere" disse, sforzandosi di non suonare come quello che voleva fargli la predica. L'altro si passò una mano fra i capelli con sguardo afflitto.
"Harry, cazzo, mi fanno sentire totalmente rincoglionito! Questa sera, con te, volevo essere me stesso e non uno zombie di merda!"
Harry comprese. Poteva capirlo, ma non era comunque una buona scusa per non prendere i suoi ansiolitici. Decise in ogni caso di non prolungare la sua ramanzina, così annuì solamente. Solo qualche secondo dopo elaborò per bene l'ultima esternazione di Louis, e in testa gli scatenò tante altre domande oltre a quelle che lo tormentavano dalla notte precedente.
"Lou," e bevve un sorso abbondante del suo cocktail alcolico, "perché mi hai portato qui?" Adesso basta. Basta con le cazzate, basta prendersi in giro. Louis aveva appena avuto un attacco di panico, ma Harry doveva sapere. Dovevano parlare e decidere una buona volta che cavolo stavano combinando. Louis doveva spiegargli cosa diavolo era successo in quei giorni; se si era innamorato sul serio, doveva guardarlo negli occhi e dirglielo.
Louis trasalì. Aveva capito benissimo dove Harry volesse andare a parare, e lo terrorizzava. Infondo era proprio ciò che voleva, parlargli, aprirgli il proprio cuore e dirgli che desiderava fare sul serio con lui. Allora perché era così difficile? Ah già, la paura. Paura che Harry non volesse quello che voleva lui, paura che Harry non si fidasse più, e del resto, come avrebbe potuto dopo tutto quello che era successo? Dopo tutto quello che lui aveva fatto?
Afferrò il suo aperitivo e lo bevve tutto d'un fiato. Dio aveva bisogno di alcool. Se doveva confessare i suoi sentimenti al riccio, meglio farlo da ubriaco e dare la colpa al cocktail in caso avesse combinato l'ennesima cazzata. Harry aveva le sopracciglia alzate, aspettando una risposta con evidente impazienza. Quando le parole continuavano a non uscire dalla bocca di Louis, che invece giochicchiava con l'orlo della sua felpa senza nemmeno il coraggio di guardarlo in faccia, Harry perse quel poco di calma che gli restava. Trangugiò il drink a sua volta, sbatté sul tavolo una banconota e si alzò, sbuffando.
"Quando vorrai degnarti di rivolgermi la parola, sai dove trovarmi" brontolò rivolto a Louis e lasciò il locale per spingersi più in là verso il Belvedere. Si appoggiò al muretto della terrazza, lo sguardo perso in un punto lontano, con l'aria che si faceva sempre più fresca e gli scompigliava i ricci indomabili. Era tutto così ridicolo e per la centesima volta si ritrovò a chiedersi che cosa ci stesse facendo lì. Era innamorato pazzo di Louis, ma non era più sicuro che i suoi nervi avrebbero retto a lungo in quello stato.
"Haz," Louis l'aveva raggiunto e l'aveva abbracciato premendo il busto contro l'ampia schiena di Harry, "chiedimelo di nuovo". Il riccio si liberò dall'abbraccio per voltarsi e specchiarsi finalmente nei suoi occhi blu. "Perché mi hai portato qui?" ripeté, assecondandolo. Louis fece un respiro profondo, poi intrecciò le mani dietro il collo di Harry.
"Harry..." altro sospiro "so di essere un casino vivente e so di averti fatto soffrire. Sinceramente mi chiedo anche io come tu possa essere ancora qui dopo tutto quello che ti ho fatto passare..."
Harry giurò che il cuore avesse smesso di battergli e i polmoni avessero smesso di immagazzinare aria. Stava davvero accadendo. La sincerità che leggeva sul volto di Louis gli diceva che questa volta gli avrebbe detto tutta la verità. E si ritrovò a sperare come mai prima che fosse la verità che voleva sentirsi dire dal momento in cui l'aveva incontrato.
"Quando sei scappato dal locale domenica sera, io...io non ci ho più visto, Harry, ero fuori di me. Liam mi ha portato a casa e abbiamo parlato...gli ho detto di noi, Harry e...ho capito. Ho capito quello che infondo sapevo, ma che avevo troppa paura di ammettere." Louis adesso non lo stava più guardando, ma aveva spostato lo sguardo verso il panorama sottostante, come se potesse riceverne l'ispirazione per il discorso che faceva così fatica a pronunciare. Harry notò come ripetesse il suo nome in continuazione, ed ogni volta che lo sentiva, il suo stomaco si attorcigliava sempre di più. Avrebbe voluto urlargli di darsi una mossa, dillo e basta, cazzo!, perché l'attesa lo stava uccidendo, ma si ritrovò a pensare quanto fosse dolce quell'agonia. Non solo, Louis aveva trovato il coraggio di dire a qualcuno della loro relazione, e questo era un buon segno. Doveva essere un buon segno. Giusto?
"Harry...da quando ti ho incontrato mi hai scombussolato in un modo così assurdo...da quando ti ho conosciuto mi hai costretto a riconsiderare la mia vita per intero e senza nemmeno rendertene conto, mi hai costretto ad affrontare tutti quei problemi che mi portavo dietro da anni...Perché tu sei così, Harry, aiuti gli altri e non chiedi mai niente in cambio...Sei meraviglioso, Harry, e io per tutto questo tempo non ho fatto altro che sentirmi non all'altezza, non ho fatto altro che pensare di non meritare una persona come te...Lo penso tutt'ora, Harry, ma sul tetto del nostro palazzo, per la prima volta, ho capito che avrei potuto perderti per sempre..."
Gli occhi di Harry si stavano riempiendo di lacrime, mentre le parole di Louis gli toccavano le corde del cuore che batteva ai mille all'ora. Dimmelo, Lou, dimmi che mi ami quanto ti amo io!
"La verità è che sono un egoista del cazzo, ma non avrei mai potuto lasciarti andare via da me, non voglio lasciarti andare via da me. Ti ho portato qui, Harry...ti ho portato qui perché ti amo, dio Harry, ti amo da fare schifo, ti amo come non ho mai amato nessuno. Voglio stare con te, Harry, ti amo. Ti amo, ti amo, ti amo!"

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