XXII - Parli tu o parlo io? We're here, we're queer, get used to it

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Lovelies! ANNUNCIO IMPORTANTISSIMISSIMO: questo sarà l'ultimo -ahimè- capitolo prima dell'epilogo. Ho amato ed amo questa storia, infondo è la prima che io abbia mai pubblicato, e vedere quante persone l'abbiano letta o la stiano leggendo mi rende piena di orgoglio, ma purtroppo sto pian piano terminando le idee e poi, diciamocelo, le minestre allungate dopo un po' stufano, o no? :)
Ho in mente altre possibili storie da scrivere ed ovviamente voglio concentrarmi sulla traduzione di Just Feel, visto che me la chiedete in tante....anzi, ne approfitto per chiedervi scusa, sono sempre più assente qui su Wattpad, ma il lavoro e lo studio ( e la pigrizia, si, la mia inenarrabile pigrizia) hanno contribuito alla lontananza e agli update lentissimi. Perciò ecco, scusate scusate scusate!
Ci tengo comunque a farvi sapere quanto ogni giorno i vostri voti e i vostri commenti mi rendano felice; GRAZIE!
Come sempre, bando alle ciance, che tutte queste parole inutili sono fin troppo noiose. Spero che anche questo capitolo vi piaccia come l'ultimo,
Un abbraccio forte,
MB

"Oggi pranziamo insieme. Passo a prenderti al lavoro." Le parole di sua madre gli risuonavano nella mente come un monito, uno strano e curioso brivido gli aveva attraversato la schiena quando le aveva sentite poco prima di uscire di casa per andare in ufficio. Erano suonate come un presagio, eppure Louis non sapeva spiegarsene il motivo. Forse era stato lo sguardo spento e distaccato di Jay, quegli occhi blu che lui aveva ereditato che lo fissavano come se potessero perforarlo e passargli attraverso, senza davvero guardarlo, ma persi in una distanza che non riusciva a comprendere. Forse era stata la sua voce, bassa, roca, un sussurro che sembrava un urlo per la forza con cui quelle parole apparentemente ordinarie erano sembrate una velata minaccia. Quella non era la solita voce di sua madre, non era dolce e avvolgente, calda e rassicurante persino quando lo sgridava da bambino; come il suo sguardo, anche la voce pareva lontana e concentrata su qualsiasi cosa non fosse lui. L'atteggiamento di Jay quella mattina era insolitamente atipico, incomprensibile, e Louis odiava non capire, ma Louis aveva anche un'importante riunione nelle ore seguenti, e voleva fare buona impressione, e desiderava vedere Harry, e tornare alla sua vita con il ragazzo che amava, e prima o poi avrebbe ne avrebbe parlato con la madre, ma quel giorno era decisamente troppo paranoico.

Harry si guardò attorno, il salotto del suo appartamento illuminato dalla luce del mattino che entrava dalla grande finestra. L'inverno ormai era alle porte e l'aria che penetrava lo faceva rabbrividire sotto la felpa oversize che indossava. Era ancora in pigiama; ci teneva sempre ad essere piuttosto elegante, ma per fare le pulizie nel suo giorno libero dalle lezioni in università il suo pigiama con i gattini era più che sufficiente. Louis lo prendeva in giro continuamente quando lo indossava, ma sotto sotto sapeva che lo amava, perché, come gli aveva detto in un momento di particolare coccolosita' -era una parola poi, coccolosita'?- lo rendeva ancore più adorabile. Ed Harry scopriva ogni giorno di più quanto sotto quella scorza apparentemente dura e da ragazzo tutto d'un pezzo, ci fosse un cuore da eterno bambino carico d'affetto.
Sulle note di Katy Perry a tutto volume, Harry stava eliminando gli ultimi strati di polvere dalle mensole sopra la tv. Quella mattina si sentiva particolarmente pieno di energie, gli venne persino voglia di uscire per un corsa nel parco. Mentre cercava di ricordarsi quando era stata l'ultima volta che aveva fatto dello sport che non contemplasse la straordinaria attività tra le lenzuola con Louis, sentì il campanello suonare, interrompendo il suo flusso di pensieri che chiaramente si erano tramutati in immagini poco caste sul suo super sexy fidanzato. Di fronte alla porta sbirciò dallo spioncino e notò il volto di una donna che non aveva mai visto di persona, ma che riconobbe all'istante. Gli sembrò che il sangue si fosse congelato nelle vene. Abbastanza bassa, lunghi capelli biondi, ordinata ed appena truccata, grandi occhi blu che avrebbe riconosciuto fra mille. Litigo' con la chiave nella serratura, le mani che tutto ad un tratto tremavano dall'ansia. Cosa ci faceva lì la madre di Louis? Cercò di calmarsi facendo un respiro profondo; magari voleva solo chiedere un prestito dello zucchero. Ok, sarebbe partita quella sera stessa per tornare a Doncaster con la sorella di Louis, quindi la scusa dello zucchero sembrò tutto ad un tratto una cazzata colossale, ma ehi, la speranza era l'ultima a morire, no?
Finalmente spalancò la porta, con troppa foga per apparire rilassato, ma pregò che la donna non l'avesse notato.
"Si?" Chiese con un filo di voce, dandosi mentalmente del deficiente. Quella alzò le sopracciglia, con un mezzo sorriso. O era un ghigno? Ad Harry parve mancare l'aria per un istante.
"Tu devi essere il signor Styles" disse lei con tono perentorio, senza traccia di dubbio nella sua affermazione. Lei sapeva. Cosa sapesse davvero non poteva immaginarlo, ma certamente sapeva qualcosa, e questa consapevolezza non fece altro che far aumentare il battito cardiaco del riccio.
"S-sono io, ma mi chiami Harry, per favore." Ci mancava anche la balbuzie. Dal deficiente di prima, Harry prese ad insultarsi più pesantemente nella sua testa. La donna fece un altro di quegli strani sorrisi, i suoi occhi sempre puntati in quelli verdi del ragazzo.
"Harry" ripeté, quasi come se lo stesse dicendo più a se stessa che non a lui, immersa in chissà quali oscuri pensieri.
"Io sono la madre di Louis, il ragazzo che vive proprio qui di fronte," continuò, prima di assottigliare lo sguardo ed appoggiare una mano sul fianco, "ma ovviamente tu lo sai già."
Harry deglutì. Ormai non serviva più a nulla fingere di essere calmo, la tensione era talmente palpabile che non si sarebbe sorpreso se la donna avesse potuto persino sentire i battiti del suo cuore impazzito. Annuì soltanto, come un ebete. "Po-posso essere utile, s-signora?" Ogni secondo che passava si sentiva sempre più stupido, come fosse regredito all'età di dodici anni e una professoressa l'avesse beccato totalmente impreparato ad un'interrogazione.
"Ti ruberò solo qualche minuto, Harry, ma vorrei scambiare due chiacchiere con te" rispose la madre di Louis. Tutto nel suo atteggiamento e nella sua voce sembrava gentile e delicato, ma Harry non poteva fare a meno di sentirsi studiato manco fosse una cavia da laboratorio.
"Certo...ehm, vuole entrare?"
La donna non disse nulla questa volta, ma si limitò ad oltrepassarlo mentre lui le indicava l'interno dell'appartamento. Non perse nemmeno tempo a guardarsi intorno, ma incrocio' le braccia al petto e si voltò nella sua direzione. Harry quasi non riuscì a sostenere il suo sguardo indagatore, ma fece il possibile per apparire disinvolto, per quanto si fosse tradito più volte in quegli ultimi minuti.
"Posso offrirle qualcosa? Un caffè, una tazza di tè, signora Tomlinson?" Si morse la lingua per essersi fatto scappare quel nome, ma infondo sapeva che quanto meno lui è suo figlio si conoscevano, perciò era normale che conoscesse anche il cognome, giusto?
"Non sono la signora Tomlinson da tempo, mi stupisce che tu non li sappia, Harry."
Il riccio aveva già notato quanto sembrasse calcare l'attenzione ogni volta che pronunciava il suo nome. Deglutì ancora piuttosto rumorosamente, iniziando a torturarsi le mani.
"Ehm, mi scusi. P-perché dovrei saperlo?" Ottimo modo di tirarsi la zappa sui piedi, Styles, sei un fottuto genio.
La donna sorrise, maliziosa, e quasi divertita dalla goffaggine sociale di quel ragazzo tutto rosso in viso.
"Gradirei volentieri una tazza di tè, grazie" disse, rilassando le braccia. Harry udì nel tono della sua voce un che di accomodante. Forse le aveva fatto pena, ma per il momento sembrava funzionare, quindi con un sorriso tutto fossette si diresse in cucina.
"Ho solo tè dello Yorkshire" annunciò sovrappensiero. La donna non poté trattenere una risatina ed Harry quanto quel suono fosse puro e cristallino come quella del figlio.
"Andrà benissimo. È il preferito del mio Louis." Harry si sentì avvampare. Quanto poteva essere stupido su una scala da uno a idiota? Fece del suo meglio per non strozzarsi con la sua stessa saliva e non si voltò verso la donna, intento a mettere l'acqua nel bollitore.
"Allora, Harry," fece una pausa, sorseggiando il tè che Io ragazzo le aveva posto davanti sul piccolo tavolo della cucina, dopo che nessuno dei due aveva osato aprir bocca per quelli che al riccio erano sembrati anni, "parli tu o parlo io?"
La testa riccioluta scattò in alto per incontrare ancora quegli occhi di ghiaccio che gli leggevano dentro. Serrò la mascella e si strinse nelle spalle, il piede destro che tamburellava nervosamente contro il parquet.
"Di- di cosa vuole parlare?"
Jay si sciolse in un sorriso comprensivo. Quel ragazzo era davvero adorabile, un pessimo bugiardo certo, ma pur sempre adorabile. Alzò gli occhi al cielo, come a sottolineare quanto fosse ovvio. "Da quanto state insieme tu e mio figlio?"
Questa volta Harry non riuscì a non strozzarsi con il tè preferito di Louis.

Brand New Style - A Larry FFWhere stories live. Discover now