The exile

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Tutto lì era immerso in una pace quasi surreale, nulla produceva alcun rumore che potesse rompere quel silenzio spettrale.
Il vento non stormiva fra le fronde degli alberi che costeggiavano il grande fiume, così come le bestie di ogni tipologia e forma si erano rifugiate nelle profondità delle loro tane fossero esse nascoste nei meandri di quel reame magico o in cima al più alto monte, dove gli dei camminarono per la prima volta sulla terra vergine.
Nella terra dove ai mortali non era permesso andare se non per rare e straordinarie eccezioni, qui dove la magia trovava rifugio dal mondo degli uomini una figura navigava quelle acque.
Il nocchiero di questa piccola imbarcazione era la causa del timore reverenziale che investiva tutte le creature, persino i grandi draghi i quali avevano impiantato lì la loro casa, con il suo portamento a dir poco inquietante.
Le sembianze del suo viso erano celate da una pesante maschera di ferro la quale non lasciava trasparire neppure il colore dei suoi occhi, soltanto una strana e inquietante sensazione di vuoto sembrava fuoriuscire da quelle fessure, come se il suo volto non fosse altro che una ribollente massa informe priva di identità o particolari caratteristiche.
Così come il suo voto anche il resto del suo fisico non lasciava dettagli ai più coraggiosi che ardivano a far capolino con lo sguardo attraverso la vegetazione per scorgere l'esule della grande torre, colui che in vita era divenuto leggenda, ora costretto a vagare ramingo in quelle terre esterne come uno spettro senza pace.
Proprio come uno spettro il suo corpo era ammantato in una lunga e malridotta veste di tessuto nero come la pece o la notte, consumata dal tempo ai bordi ma gelosa dei segreti che si celavano al di sotto di essa, tanto da non possedere alcun buco nelle parti atte a camuffare il reale aspetto.
Nessuno sapeva dove si stesse dirigendo e nessuno avrebbe mai osato domandarglielo, si narra che qualsiasi coraggiosa creatura che tenti di conversare con lui sparisca in circostanze poco chiare, "il demone dalla maschera" come viene chiamato da alcune popolazioni locali è una delle figure ricorrenti nei racconti per spaventare i più piccoli.
Ma ora lui era lì, non più una favola narrata nel cuore della notte per tenere all'interno della tana i cuccioli, ma una creatura in carne e ossa capace di non si sa quale oscure arti magiche.
Le dita guantate del nocchiero si muovevano con calma manovrando il lungo remo, la placida corrente del fiume non era affatto un problema e la navigabilità era ottimale.
A velocita moderata la piccola imbarcazione si mosse verso un'insenatura fra le rocce abbastanza larga da poterla contenere, sistemandosi al riparo da occhi indiscreti.

"Il mio viaggio ha finalmente inizio, dopo tutti questi anni..."

Nessuno aveva mai udito la voce dello spettro e quelle parole gelarono ancor di più l'anima di chi si ostinava a rimanere nei paraggi, il suono era così rauco da sembrar provenire da un oltretomba e non da un essere vivente.
Un rantolo di morte che infestava l'aria come un continuo eco, un monito per coloro che ancora non temevano la sua figura.
Non pronunciò più alcun suono dopo quella frase volgendo la sua attenzione verso ciò che trasportava nella piccola barca di legno macero, un fodero sgualcito di forma allungata dalle dimensioni notevoli, così grande da fuoriuscire dalla stessa barca sporgendo sulle acque del fiume.
L'esule afferrò l'oggetto stringendolo quasi con fare geloso a sé.
Non temeva di certo un furto ma il suo era un semplice attaccamento morboso verso un qualcosa che aveva richiesto chissà quanti anni di ricerche per essere trovato e portato fin lì nella terra della magia.
Con estrema calma l'incappucciato si levò dalle rocce raggiugendo il sentiero principale, non era altro che una traccia solcata dal solito passare delle creature che abitavano quel bosco ma ai suoi occhi le tracce magiche che tutti lasciavano erano un segnale ben evidente.
Oramai nessuno attendeva sul ciglio del bosco, la via della fuga era stata intrapresa da tutti gli abitanti della gigantesca foresta, forse solo alcune guardie restavano a modo di vedetta per sorvegliare il suo avvicinamento.
L'entrata del reame boschivo era per lui ormai a un passo, protese la mano libera in avanti spalancando il palmo.

"Ciò che sto per fare potrebbe causare la mia definitiva morte e quella di tutti coloro che vivono come prigionieri in questa realtà ultima, ma se la mia mente avesse ragione potrebbe corrispondere alla salvezza di voi tutti.
Perciò stolta guardia riferisci alla tua regina che siede sul suo bel trono al centro di tutto questo che il prigioniero della torre ha ritrovato la lancia e il seme, il figlio fuoco potrà brandirli entrambi.
È suo diritto farlo e suo dovere provarci..."

Due dita dell'esule afferrarono le piccole ali dell'invisibile guardiano, la creatura raggelò al suo tocco e ancor di più alle sue parole non accennando neppure una difesa, per quel giorno le sue mascelle munite di irti denti rimasero chiuse.

"Va ora!
Se non riceverò risposta verrò io stesso a parlare con il figlio del fuoco a costo di porre fine alla vostra inattiva civiltà, il bene della magia va oltre i dettami pacifici del regno fatato."

La piccola guardia non si fece pregare e mosse lesta le sue piccole ma rapide ali in direzione del centro del suo reame svanendo in un buffo suono, il silenzio tornò momentaneamente a regnare all'esterno del bosco, l'esule non fece altro che sedersi in terra incrociando le gambe.
Nessuno poteva saperlo ma il suo sguardo si estendeva ben oltre quella fitta vegetazione che si trovava dinanzi a lui.
I suoi occhi seguivano ciò che si era innescato all'interno di quel regno estraneo alle turbolente vicende del mondo magico, sapevano che stringere patti con il prigioniero della torre non era saggio ma non potevano di certo rifiutare alla luce della possibile rappresaglia nei confronti della loro stirpe.
Quando la guardia fece giungere il messaggio fino agli alti consiglieri della sovrana loro proposero di non far entrare lo spettro nel reame anzi, di marciare con tutto l'esercito contro di lui mettendo alla guida della grande armata colui che aveva ricevuto ospitalità presso di loro, il tanto decantato figlio delle fiamme.
Ma la sovrana dopo un iniziale dubbio rifiutò le opzioni che avrebbero portato a una battaglia sanguinosa tenendo fede alla promessa stretta tra lei e il prigioniero della torre, in quelli che furono probabilmente gli attimi più concitati nella storia del regno delle fate ogni sigillo magico fu levato e fu permesso al possessore della lancia di entrare al suo interno senza problema alcuno.
Egli avvertì questo cambiamento.
I sigilli non opponevano più resistenza ai suoi invasivi sistemi di sorveglianza della situazione e l'energia magica si era affievolita nell'area per quanto questa cosa fosse possibile visto il luogo.
La figura si alzò da terra spolverando con un gesto della mano la sua veste nera dai residui di terra ed erba puntando poi la lancia coperta verso l'interno del bosco.

"Oggi si sugella il ritorno all'antica età dei signori degli uomini e di tutte le altre creature figlie della magia, oggi stesso avrà nuova vita l'antica età degli dei.
Gli eroi e i maghi hanno fallito nel voler riproporre i fasti di ciò che fu quel periodo per il mondo, questo posto nacque proprio per opera degli dei e si denota l'immensa superiorità rispetto a tutto ciò che fu fatto in seguito.
Il mondo ha fallito nell'andare avanti.
È giunto il momento di curare il malanno che non ci permise di vivere come noi ci eravamo prefissati.
Il momento di cambiare la rotta della storia è finalmente arrivato."

Le sue parole rimbombarono come tuoni viaggiando più veloci di qualsiasi altro suono in ogni spazio, in ogni landa e terra, in ogni anfratto e cavità.
Dai cieli più alti alle profondità più buie, tutti avrebbero dovuto sentire quel grido di battaglia e rispondere alla chiamata per il destino del mondo, nessuno escluso.
Ogni razza magica avrebbe dovuto seguire colui che un tempo veniva ricordato come il più grande.
Colui che fallì nel voler creare un mondo perfetto.

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