Capitolo 18

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La pioggia cadeva ancora rumorosa contro la macchina, mentre con sguardo perso ammiravo il paesaggio fuori dal finestrino che sembrava tanto triste come solo il mio cuore poteva essere.
« Dove stiamo andando? » Domandai ad Aaron voltandomi appena verso la sua direzione mentre guidava concentrato senza parlare, quasi a sapere che non ne avevo voglia.
« Non ti preoccupare, non ti sto riportando a casa » rispose accennando ad un sorriso.
"Non era mia intenzione ferirti", le sue parole continuavano ancora a volare rumorose dentro alla mia testa. Le poche ed uniche parole che aveva scelto di dirmi perchè io afferrassi la sua mano e smettessi di rimanere sotto a quella pioggia insistente tremando dal freddo.
Come fai a ferire qualcuno nonostante tu non abbia alcuna intenzione di farlo? 
« Ricordati che prima di essere il tuo ragazzo Drake è il mio migliore amico » aggiunse Aaron per spiegare la sua prima affermazione, sapendo che il ragazzo sarebbe rimasto ancora per un po' di fronte a casa mia ad aspettarmi, per parlare e sistemare l'ennesimo casino che eravamo riusciti a creare. « Era il mio migliore amico » si corresse Aaron dopo qualche secondo di silenzio. 
« Era il mio ragazzo » lo corressi anche io, facendogli nascere una piccola ruga sulla fronte come quando non crede alle parole appena ascoltate. Mi riportò alla memoria quando da piccoli ci ritrovavamo insieme a giocare, e quando Gwen combinava qualche danno e diceva al fratello che la colpa era mia, sapendo che se c'era qualcuno che lui non riusciva proprio a sgridare ero io. Sul suo volto compariva sempre quella ruga di incredulità, perchè non mi ha mai creduta capace di rovinare niente, figuriamoci i rapporti.
« Non bisogna etichettarsi come coppia per stare insieme a qualcuno » riprese parola Aaron attirando il mio sguardo su di lui.
« Che cosa intendi? »
« Penso tu sappia bene che cosa voglia dire » concluse parcheggiando la macchina e riuscendo così a farmi smettere di pensare per qualche secondo, concentrandomi solo sulla nostra destinazione.
Alzando lo sguardo rividi davanti ai miei occhi quella vecchia casetta di campagna di cui mi ero quasi dimenticata. I loro genitori avevano divorziato poco dopo la nascita di Gwen, e la loro madre si era trasferita in questo posto un po' sperduto dove venivo spesso a giocare nei fine settimana e durante le vacanze estive. Usammo quella casa fino alla morte della donna, non trovando più il coraggio di mettere piede all'interno quasi per paura di toccare quei ricordi che Gwen ed Aaron volevano che rimanessero indelebili per il resto della vita. Sapevo per certo che nessuno di loro era più riuscito a ritornare lì, rendendolo quasi un monumento ai caduti, ma non di guerra, di vita. 
Guardai Aaron per cercare di capire se davvero volesse entrare lì dentro ed il suo sguardo malinconico mi fece capire che fosse proprio quella la nostra meta.
« Aaron, non devi ».
« Non ti preoccupare. » Mi zittì subito facendo comparire un enorme sorriso sul viso.
Mi sentivo in colpa, come se fossi quell'invito all'ultimo secondo che ti obbliga a fare tutto ciò che ti eri prefissato di evitare. Non volevo diventare anche io come quelle persone che non vogliono far soffrire qualcuno ma che nel mentre ci riescono in modo tanto perfetto.
« Andiamo via » lo supplicai afferrandogli un braccio.
« Jodie, sono qui perché voglio aiutare una mia amica. Pensavo sarebbe stato più difficile, ma con te posso farcela » rispose allungando ancora la mano verso di me.
Amica.
Mi aveva appena chiamata amica, quasi a volermi rassicurare che non aveva in mente niente che andasse oltre la sincera voglia di aiutarmi. Quelle poche parole mi bastarono per convincermi ad afferrare la sua mano, stringendola forte perchè capisse che eravamo in due ad affrontare quel momento e che non fosse solo.
Di fronte alla porta d'entrata, le chiavi entrarono nella serratura con tanta facilità da farci dimenticare quanti anni erano passati dall'ultima volta che avevamo compiuto quel gesto.
La porta si aprì davanti a noi avvolgendoci di polvere e profumo di malinconia.
« È rimasto tutto com'era » sussurrai entrando subito dopo Aaron, lasciando la presa della sua mano per sfiorare quelle mensole cariche di ricordi. Spostando appena della polvere su di una cornice, rividi i volti di quei tre bambini inseparabili durante la loro prima giornata al luna park, quando Gwen presa dall'emozione aveva iniziato a correre per tutto il parco, seguita da me e da Aaron, per poi farci perdere tutti e spaventare i nostri genitori che ci assicurarono che non ci avrebbero più riportato in un posto del genere. E poi, accanto a quel ricordo, ecco la foto dell'anno successivo, quando ritornando nello stesso luna park e capimmo che un genitore può anche sgridarti e urlarti contro parole sofferte, ma che saranno sempre spinte dalla paura e mai dalla voglia di ferirti.
Alzando lo sguardo verso la stanza accanto al corridoio, notai il salotto proprio come mi ricordavo di averlo lasciato. Alcuni giochi erano ancora sparsi disordinati per terra facendomi scuotere appena la testa al ricordo delle battaglie fatte con la mamma di Gwen per riordinare i giochi dopo averli usati. Era davvero una santa quella donna, e le volevo bene come se fosse una seconda mamma.
« Te lo ricordi? » Mi chiese Aaron facendomi voltare verso la sala da pranzo, notando tra le sue mani un piccolo libro dall'aria familiare.
Quando ero piccola mi piaceva fingermi una famosa attrice, e mettendomi di fronte a Gwen iniziavo a recitare a memoria le poesie che imparavo da quel libricino. Le recitavo come se mi fossi trovata sopra ad uno dei quei palchi enormi che si mostravano al pubblico dietro a delle tende rosse soffici e splendenti. Le recitavo ad alta voce con la speranza che Aaron mi vedesse, ma sembrava sempre troppo intento a giocare con la Play station perché mi prestasse attenzione, per poi scoprire in quel momento che forse qualcosa lo vedeva per davvero.
« Ma allora mi guardavi! » Risposi sorpresa e divertita allo stesso tempo.
« Era difficile toglierti gli occhi di dosso in quei momenti. »
Accennai ad un sorriso senza trovare le parole più giuste da dirgli.
« Comunque, puoi stare qui tutto il tempo che vuoi » riprese parola Aaron.
« Come? »
« Ti ho portata qui perché conosco Drake, e conosco anche te. » Provò a spiegarsi meglio sedendosi sul divano in salotto e facendomi segno di raggiungerlo. « Tu hai bisogno di tempo per pensare e capire che cosa fare e soprattutto che cosa vuoi. Lui è il miglior nemico del tempo: più la lancetta dell'orologio corre, e più lui perde le speranze. Rimarrà ancora per un po' a casa tua, e se non ti va di vederlo puoi stare qua. »
Mi ero dimenticata di quanto lo conoscesse bene, ma non mi ero mai accorta che conoscesse tanto anche me.
« Il giorno e la notte » sussurrai ironica sedendomi al suo fianco e ricordandomi di tutte quelle volte che le persone non hanno taciuto nel rinfacciarmi la diversità che contraddistingueva me e Drake.
« Il sole e la luna » riprese lui, « a volte non è poi così un disastro essere diversi. »
« Lo dici solo per consolarmi » lo ripresi sorridendo.
« Lo dico per esperienza! » Mi corresse guardandomi, « io e te siamo simili, ma non mi sembra sia andata poi così bene ».
Nel sentire il silenzio che faceva di nuovo da padrone tra di noi, Aaron riprese parola senza distogliere lo sguardo dal mio: « Se mi fossi dichiarato prima di Drake, pensi che avremmo avuto un'occasione noi due? » Domandò all'improvviso.
« Beh dipende, » risposi sorridendo ed appoggiando la testa al divano per guardare il soffitto, « dipende se ti saresti dichiarato per davvero o per scommessa » aggiunsi sottolineando quel fatto che ancora non riuscivo a comprendere.
« Lui ti ama per davvero, come non gli ho mai visto amare nessuno » provò a difenderlo per la prima volta.
« Perché lo avete fatto? » Fui io quella volta a fare una domanda scomoda riportando lo sguardo su di lui quasi a darci il cambio, poichè Aaron imitò il mio gesto di portare la testa sul divano per poter fissare il soffitto come fai in quei momenti in cui hai paura che gli occhi di chi ti sta accanto possano leggerti troppo nel profondo. « E perché non me l'hai detto subito? » Aggiunsi prima che iniziasse a spiegare.
« La risposta più semplice è che siamo due coglioni che davanti a delle ragazze abbiamo voluto farci vedere tanto uomini da fregarcene delle conseguenze »
« E la risposta più complicata? » Chiesi prima che potesse iniziare a blaterale parole senza senso per farmi dimenticare che ci fossero due risposte a quella mia domanda.
« Quella più complicata è che sapevamo entrambi di esserci presi una cotta per te ».
« Quindi, quando vi piace qualcuno ci scommettete? » Chiesi sconvolta per quella sua frase.
« Te l'ho detto che era complicata » provò a giustificarsi lui sorridendo per la mia reazione.
« Non è complicata, è stupida! » Aggiunsi.
« Sapevo che eri speciale per lui » riprese a parlare per spiegarsi nel modo migliore, « lo vedevo frenarsi con le altre ragazze come non era mai successo e sapevo che il motivo eri tu, anche se tu non te ne accorgervi. Se Drake avesse fatto quella scommessa sarebbe scaduto per sempre ai tuoi occhi, ecco perchè l'ho fatta: per paura. »
« Paura? » Nel fargli quella domanda Aaron ritornò di nuovo composto sul divano, per potermi guardare nuovamente negli occhi e farmi capire la sincerità delle parole che stava per dirmi.
« Sapevo che uno come Drake, per quanto fosse l'esatto opposto di come sei tu, sarebbe riuscito a prenderti, e avevo paura che accadesse ».
Il viso di Aaron si avvicinò lentamente al mio, incredulo nel sentire quelle parole pronunciate proprio da lui.
« Ero amico di entrambi » disse ancora, mentre il suo sguardo continuava a vagare tra i miei occhi e le mie labbra, ed il suo viso non dava cenni di fermarsi nell'azzerare quella distanza che ci divideva. « Se voi due vi foste trovati ed amati, io non avrei.. » disse Aaron, fermandosi per qualche secondo.
« Non avresti? » Domandai abbassando appena il volto per cercare di guardare i suoi occhi senza capire lo sforzo che stava facendo per fermare ogni sua azione.
« Non avrei più potuto fare questo. » Ancora prima di rendermene conto, le labbra di Aaron si posarono sulle mie facendomi rimanere inerme.
Con la mano mi accarezzò il viso per poi baciarmi ancora avvolgendo le mie labbra con le sue, ed allontanarsi subito dopo con quel dolore negli occhi di chi aveva dovuto raccogliere tutte le forze necessarie per compiere quel gesto.
« Fai come se fossi a casa tua » mi sussurrò appena, ancora tanto vicino a me da riuscire a sentire il suo respiro sul mio volto. « Scusami » aggiunse subito dopo, alzandosi di scatto dal divano per poi andarsene da quella casa in modo tanto veloce da sembrare un fantasma del passato rimasto imprigionato in quelle mura per così tanto tempo. Come chi ha qualche situazione irrisolta e fosse riuscito per la prima volta ad affrontarla.
E mentre la porta si chiudeva, portai la mia mano a sfiorarmi le labbra, sul punto esatto toccato da Aaron l'attimo prima, mentre il suo profumo rimase a farmi compagnia e ad incasinarmi il cuore.


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Prossimo capitolo: lunedì 2 settembre

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