Capitolo 25

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Avrei voluto urlare e piangere; avrei preferito buttare fuori ogni sentimento che quella situazione mi stava facendo nascere, eppure riuscivo solo a fissare fuori dalla finestra mentre la luna illuminava il cielo, per poi vederlo colorarsi con le prime luci dell'alba, e vedere infine il sole che sembrava fare capolino quasi per ricordarmi che un nuovo giorno arriva sempre, anche se non lo pensi possibile.
Ero così stanca di chiedermi il perchè la gente mi ferisse, stanca di piangere, stanca di stare male per gli altri. Volevo vivere la mia vita, gioire grazie alle mie avventure e stare male solo ed esclusivamente a causa delle mie azioni. Ero stanca di essere quella ragazza fragile e sensibile che tutti sentivano il bisogno di proteggere ma che nel frattempo uccidevano con le loro stesse mani. Io non volevo essere così, non volevo più sentire il bruciore sulla mia pelle per le lacrime salate che continuavano a scendere senza preavviso, mentre le persone riuscivano a colpirmi alle spalle con una tale facilità.
Ero stanca.
E mentre la notte era passata senza far rumore e senza neanche farmi dormire, sentii la porta di casa aprirsi, avvisandomi dell'arrivo dei miei genitori.
Scesi di corsa le scale come non avevo mai fatto al loro ritorno, iniziando a comprendere che cosa volesse dire avere la mamma ed il papà così lontani da te. Mi stampai un finto sorriso sul viso pur sapendo che con loro mentire non sarebbe servito a nulla, e li andai ad accogliere come si erano sempre meritati di essere accolti dalla propria figlia, ma come non avevo fatto mai.
« Ecco la mia bambina! » Salutò mia mamma aprendo le braccia per potermi abbracciare stretta, quasi a sapere che ne avessi dannatamente bisogno. « Stai bene? » Aggiunse notando il mio sguardo spento.
« Ho avuto un po' di febbre ieri, ma ora sto già meglio » risposi senza mentire del tutto, e giustificando così il mio aspetto.
« Il tuo papà non lo saluti più? » Domandò quell'omone ancora fermo in entrata, che aveva le sembianze di un padre severo e rigido, uno di quelli che si aspettano sempre più di quanto un figlio possa dare, ma che non rimaneva mai deluso nonostante ricevesse in cambio quei piccoli sogni irrealizzabili di una ragazza che non aveva ancora iniziato a vivere con i piedi ben saldi per terra. Corsi ad abbracciarlo come se fosse la cosa più rara al mondo.
« Pensavamo di trovarti con Gwen a dire il vero » aggiunse mia mamma facendomi allontanare da mio padre per prendere la prima valigia che mi trovai di fronte e portarla verso le scale per nascondere qualsiasi emozione si potesse leggere sul mio viso.
« Lasciale pure qui tesoro » mi ammonì mio padre afferrando nuovamente il suo bagaglio.
« E' andata via giusto cinque minuti fa, » risposi frettolosamente a mia madre, volendo chiudere in fretta quel discorso fin troppo delicato « non volete una mano per disfare le valigie? » Aggiunsi un po' confusa.
« Jodie, » prese parola mia madre portandomi seduta sul divano « lo so che ti avevo detto che saremmo rimasti qualche giorno, ma in verità domani sera partiremo di nuovo. »
« Ah, okay » risposi un po' stordita per quella notizia. Da come i miei genitori mi guardavano però, sembrava che quella novità avrebbe dovuto lasciarmi più turbata di quanto in verità fossi, iniziando a capire piano piano che cosa volessero dirmi con quel discorso.
« Speriamo che tu sia d'accordo, » continuò il discorso mio padre « perchè vorremmo che questa volta venissi con noi. » Nel sentire quella richiesta rimasi inerme.
Non era la prima volta che mi proponevano di partire insieme, e non appena quelle parole riempivano la stanza, ero solita alzarmi ed iniziare ad urlare tutte le motivazioni che mi legavano in quel posto, in quella casa. Iniziavo con un "no" deciso, accompagnato da un "voi non potete farlo", come se effettivamente non avessero questa libertà di decidere sulla mia vita. Mettevo poi in mezzo la mia amicizia con Gwen, sottolineando tutte le promesse che ci eravamo fatte sulle feste da frequentare, i posti da visitare e tutti quegli impegni che da mesi, e per esagerare azzardavo a dire addirittura anni, avevamo organizzato. Precisavo sempre quanto fosse vicina la casa di Gwen, e di quanto suo padre mi volesse bene da trattarmi come una figlia in caso di bisogno. Spesso il mio discorso si concludeva con l'arrivo della mia migliore amica, che con i suoi occhioni verdi e belli, riusciva a dare il colpo di grazia ai miei genitori convincendoli del tutto. Quando invece queste parole iniziavano a diventare tanto monotone da saperle ormai a memoria, usavo scuse come il lavoro, e tutti quei curricula che avevo lasciato in giro per il paese e che mi avrebbero fatta presto ricontattare dai negozi; nominavo la casa che sarebbe rimasta incustodita e tante di quelle scuse che riuscivano a convincere i miei genitori semplicemente per l'esasperazione nel sentirmi parlare di continuo.
Ma non quella volta.
Alla richiesta di mio padre di partire con loro, rimasi zitta.
« Sono sei mesi. » Aggiunse mia mamma, quasi come se stesse aspettando la mia solita reazione a quella notizia non troppo inaspettata.
« Posso pensarci o devo darvi subito una risposta? » Domandai prendendoli alla sprovvista, tanto che li vidi guardarsi spaesati.
« No tesoro. Certo che puoi pensarci, la partenza è per domani nel tardo pomeriggio. » Rispose mio padre.
Sorridendo ad entrambi lasciai la stanza per potermi dirigere nuovamente in camera mia, dove sarei rimasta per il resto della giornata cercando di capire che cosa avrei dovuto fare. E mentre le ore passavano, mi domandavo se veramente mi sentissi tanto spaesata per quella decisione che non riuscivo a prendere, o se fosse solo la paura di ammettere che forse una scelta l'avevo già presa.
Come ogni momento di tranquillità, il cellulare squillò riportandomi con i piedi per terra, senza però darmi quella forza in più di rispondere. Non appena lo suoneria cessò, ecco ripartire la vibrazione del cellulare che mi diede conferma su chi potesse esserci dall'altra parte di quella cornetta.
« Ciao Drake » lo salutai sentendo un freddo intenso corrermi nelle vene.
« Spero di non averti svegliata » disse un po' dispiaciuto.
« Non ho dormito, ero troppo impegnata a chiarirmi con la tua seconda ragazza »
« Cos-? » 
 « Non importa Drake, » presi nuovamente parola senza neanche lasciargli il tempo di rispondere o anche solo di spiegarsi « ne ho parlato con Gwen ed ho chiuso il discorso ».
« Che cosa intendi con chiuso?  »
« Non mi interessa più, mi dichiaro fuori dai giochi » mi spiegai meglio.
« Fuori dai giochi? Che cosa ti ha detto Gwen? » Domandò allarmato per quella situazione che non si aspettava di trovare.
 « I miei sono tornati a casa, domani sera ripartono e mi hanno chiesto di andare con loro » lo avvisai di getto togliendogli le parole di bocca e probabilmente anche il fiato.
« Hai già deciso? » Domandò dimostrandosi come quel Drake che ogni giorni mi ripeteva di voler diventare, come quella persona paziente che vuole lasciarti libera nelle tue scelte senza obbligarti a causa della sua testardaggine.
« Forse, non lo so » risposi iniziando a sentire le emozioni farsi reali dentro di me.
Mentre fino a quel momento riuscivo a percepire solo un grande freddo e vuoto, ora sentivo un nodo alla gola farsi sempre più insistente.
« Per quanto tempo? » Domandò Drake dopo una pausa di qualche secondo che sapevo bene volesse significare più di moltissime parole urlate.
« Sei mesi. »
Il silenzio si impossessò nuovamente della nostra conversazione. Non sapevo che cosa dirgli, e probabilmente anche lui sapeva che provare a spiegarsi non avrebbe portato da nessuna parte, non quando eravamo divisi da una cornetta che non avrebbe mai potuto mostrare i nostri occhi e far sentire i battiti del nostro cuore più vivi che mai, come a lui piaceva ricordare.
« Posso chiederti solo una cosa, Jodie? » Mi domandò con un tono tanto dolce da non poter fare altro che promettergli qualsiasi cosa mi avesse chiesto. « Possiamo vederci domani? Ho solo bisogno di spiegarti quest'ultima cosa. Ho bisogno di sapere che se decidi di partire è perchè sai tutta la storia, e non qualche bugia mista ad incomprensione. Non voglio obbligarti a rimanere, voglio solo parlarti. » Concluse lui.
Solo in quel momento mi voltai verso la porta di camera mia che ritrovai aperta, con mia mamma appoggiata al muro da chissà quanto tempo. Il volume alto della chiamata le aveva fatto sentire ogni singola parola di quella conversazione, e non appena incrociai il suo sguardo, la vidi annuire dolcemente a quella richiesta fatta da Drake.
« Certo » risposi con il coraggio dato da mia madre « se ti va, possiamo vederci verso le cinque sotto casa m- »
« Sarò puntuale » rispose lui ancora prima che potessi completare la frase.
Sorrisi per quel suo modo di fare ricordandomi poi che non avrebbe potuto vedere quella mia dolce reazione dovuta alle sue parole.
Non appena chiusi la conversazione ripresi a guardare nuovamente mia madre, quasi a cercare quella forza che era riuscita a donarmi poco prima ma che avevo totalmente esaurito per dare quell'appuntamento che non ero più tanto sicura di poter affrontare.
« Mamma » sussurrai sentendo il nodo alla gola farsi ormai troppo forte da poter essere trattenuto ancora a lungo.
« Sono qui » rispose lei, avvicinandosi al mio letto ed abbracciandomi forte come solo una madre sa fare.


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CAPITOLO FINALE: domani, venerdì 13 settembre

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