XIII

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«se dovessi trovarmelo davanti, hyung sul serio, penso lo schiaffeggerei.»

sbuffó il giovane, lanciandosi sul divano in pelle scura. Portò il braccio sul viso e sbuffó di nuovo, non poteva crederci.
Aveva conosciuto Jimin in una sorta di cena a quattro con il suo migliore amico Baekhyun ed il suo nuovo ragazzo, Chanyeol.
Definire migliore amico Baek, in realtà, non era sicuro fosse la definizione giusta, perché lui non era Yoongi, non era la sua spalla, non era l'unica persona a conoscere tutto di quella sua testolina deviata.
Ma Yoongi per lui non sarebbe mai stato amico, lui nemmeno lo aveva un amico. Aveva solo loro, Byun Baekhyun e Min yoongi.
Il primo era la cosa che più si avvicinava ad un amico, il migliore non ché unico. Yoongi era la sua famiglia, era tutto ciò che rimaneva.
I suoi genitori erano artisti, dipingevano, cercavano continuamente ispirazione in tutto ciò che passava loro sotto gli occhi.
Ad un certo punto però quello non bastò più, avevano bisogno di cercare ispirazione in qualcosa di più forte, innaturale, artificiale. Qualcosa che li collegasse direttamente alle loro emozioni, alle immagini stampate nell'inconscio.
Cominciarono a drogarsi, prima nel bagno di casa, poi difronte a Taehyung, lasciandolo ore ed ore in silenzio a sentire i suoi genitori contorcersi dalla voglia di creare, in condizioni che sicuramente non lasciavano nemmeno uno spazietto per l'arte.
E da quello ne erano susseguite tante altre di faccende negative, la mancanza di soldi, l'istruzione altalenante del piccolo, la sua emarginazione a scuola che solo al terzo superiore aveva raggiunto un equilibrio fra il "non avvicinatevi" e "forse potrei ricambiare l'occhiata".
I suoi genitori erano spariti quando lui aveva poco più di otto anni, erano morti in una fredda notte di dicembre, in un bosco, mentre completamente strafatti cercavano ispirazione sui bordi di un dirupo.
successivamente la sua vita fu migliore, lo diceva sempre, ricevendo in cambio solo sguardi che gli lasciavano intendere quanto gli altri non capissero.
Non cercava di rinnegare il dolore, i suoi genitori gli mancavano e soprattutto all'ora, quando era solo un bambino. ma questo non voleva dire che con loro stesse bene, perché non era così, perché da sua zia si sentiva a casa ed era solo grazie a lei se era riuscito a capire cosa fosse una famiglia, l'amore per i propri figli, urlare loro contro su quanto non li avesse mai voluti, per poi cucinare tre zuppe diverse per i tre figli con gusti differenti.
taehyung aveva imparato la dualità con cui i genitori si approcciavano ai figli.
Una lotta continua fra il "vivo per voi" ed il "vorrei sbattervi fuori a calci in culo".
Aveva imparato tanto, era cresciuto con un carattere forte e dominante, non si lasciava mettere i piedi in testa da nessuno, ma nonostante questo aveva anche lui dei difetti, come tutti.

«sono giorni che mi rompi il cazzo con quel nano, se vuoi continuare ad incazzarti, conviene che scrivi a lui e gli dici tutte quelle sciocchezze lì, perché io sto per uscire da questa casa.»

Sbuffó il giovane dai capelli grigi, seriamente irritato e stanco del costante parlare di Jimin del suo migliore amico.
Non che il biondino gli avesse mai fatto qualcosa di male, a malapena gli aveva parlato in occasioni strettamente scolastiche, ma era da un paio di mesi che se lo sentiva nominare, a partire da commenti come "sembra così innocente" per finire con "lo farei piangere dal piacere".
Taehyung corrugó le sopracciglia, osservando come l'altro fosse sul serio intento a mettersi le scarpe, pronto ad uscire dal suo piccolo appartamento.
Scosse il capo e prese il telefono, pronto ad ignorare il suo migliore amico che lo stava palesemente abbandonando al suo destino da paranoico cronico.

«hyung.»

E Yoongi si voltó verso di lui, scrutando incuriosito il minore che era intento a fissare lo schermo con espressione indecifrabile.

«a quanto pare non devo più essere io a scrivergli. l'ha appena fatto lui.»

TAKE IT OFFWhere stories live. Discover now