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«Smettila di fissare il vuoto, il pavimento non si pulisce da solo. E devi ancora fare il letto.»
Il proprietario di casa comparve dal corridoio già vestito e pettinato, skinny jeans scuri e un'enorme camicia a scacchi blu e gialla. Outfit da lavoro.

«da quanto è il tuo modello? È la compagnia che te ne ha affidato uno?»
Poteva capitare che all'agenzia venisse dato un incarico preciso, magari questo ragazzo desiderava delle foto professionali, e Taehyung nonostante si fosse diplomato da qualche mese, aveva sempre passato i suoi lavori a quella compagnia.
D.o, non aveva mai capito per cosa stesse.
Diversamente da ciò che credeva, Tae non aveva alcuna intenzione di favorire quel suo cambio di argomento, e tantomeno gli avrebbe dato risposte. Si limitò ad un'alzata di spalle, indicando subito dopo la loro camera, ricordandogli di fare il letto.
E per quanto jimin potesse amarlo, e amare soprattutto sottomettersi a lui, non avrebbe tollerato tale affronto.
Il disprezzo era mille volte meglio dell'indifferenza.

«smettila di comportarti così cazzo, voglio delle risposte, mi devi dare delle cazzo di ris-»
Ma non ebbe il tempo di finire la frase, era successo tutto in pochi secondi, si era alzato dal pavimento e con poche falcate aveva raggiunto il maggiore, il tono più alto ad ogni parola e la mano di Tae che aveva trovato posto sulle sue labbra.
Il corvino gli aveva tappato la bocca, e con un solo passo all'indietro lo aveva bloccato contro la parete, braccato e zittito, proprio come piaceva a lui.

«non devo darti alcuna risposta, Minnie. Finisci qui e poi vai a fare il letto, Jongup arriverà tra un'ora, noi andremo nella mia camera e quando avrò finito ti verrò a prendere. Tutto chiaro?»
La mano libera nel frattempo si era posata sulla sua coscia, e lentamente aveva preso ad accarezzarlo.
Con gli occhi sbarrati jimin annuì, aspettando il momento in cui la mano del maggiore gli avrebbe liberato il viso.

«m-mi verrai a prendere da d-dov-ve?»
Balbettò un paio di volte, spaventato dall'idea che il compagno volesse lasciarlo nella camera delle punizioni.

«il pavimento minnie, dai.»

-

La camera delle punizioni non era come quelle nei film a luci rosse, non c'era alcun letto coperto da lenzuola in seta, non c'era alcun armadio pieno di giochi erotici, né tantomeno vi erano dei ganci pendenti dal soffitto.
Non che fosse normale poi avere una stanza del genere in casa, ma per Jimin nulla era strano o sbagliato ormai, la sua mente si era completamente adattata a quella visione della vita molto poco razionale e comune, il suo essere era stato plagiato dalle fondamenta, e non era colpa di Taehyung, perché per quanto potesse avere potere su jimin, alle fondamenta non ci sarebbe mai arrivato. Jimin non aveva mai voluto una vita da puritano, non aveva mai voluto essere un cazzo di borghesino, perbenista difronte agli altri e tremendamente bigotto a casa, sorridente in mezzo alla gente e pieno di polemiche dentro. Non gli piacevano le persone con il sorriso stampato in faccia, ti sorridono e nascondono il coltello, si diceva.

Fin da piccolo si era ripromesso che avrebbe vissuto in base alle proprie regole, che mai si sarebbe sentito dire qualcosa come "oh immaginavo che saresti venuto anche tu, ci sono tutti!".
Aveva giurato a se stesso che per strada avrebbero potuto guardarlo male, ridere di lui e dei suoi vestiti, dello smalto nero che non si era mai vergognato di mettere, ma mai e poi mai si sarebbe mischiato a quella massa di gente tutta uguale.
Infondo ognuno di noi si sente diverso, alternativo, 'io non sono così', 'non lo farò mai', e invece è esattamente così che va a finire: una massa di pecore omologhe che corrono verso un'unica direzione. Qual era la sua direzione invece?
I soldi? L'amore? La felicità?
Cos'era che più di tutto jimin bramava? Tae aveva cercato di capirlo per mesi, in realtà anni, anche prima di parlargli.
Tutti i mesi precedenti ai loro incontri, tutte le volte che si era soffermato a fotografarlo, a studiarlo, ogni singola volta vedeva Jimin alla disperata ricerca di sentire qualcosa.
Jimin cercava i suoi sentimenti, le sue emozioni, cercava qualcosa che lo facesse sentire vivo, che gli ricordasse di dover lottare per il piccolo mondo che si era costruito. Taehyung nel suo mondo ci stava così bene, così tanto che non si era reso conto quando aveva iniziato ad essere il suo mondo e non più il proprio.
Ora ad aiutarlo nella sua ricerca c'era Taehyung, il suo compagno, lui che non aveva fallito una volta dal fargli bruciare il petto, che fosse per preoccupazione, dolore, eccitazione o gelosia.
La camera delle punizioni serviva proprio a questo, niente botte o pratiche sadomaso, solo la distruzione della sua dignità.
Quando la casa era stata comprata, un paio di anni prima, Tae non sapeva ci fosse quel piccolo stanzino, e non aveva nemmeno idea di cosa farci.
Prima dell'inizio della loro convivenza, era il luogo in cui lasciava tutte le foto scattate a Jimin, difatti la scrivania presente era sempre piena. C'erano anche degli appunti che casualmente il minore gli aveva passato l'anno prima, chimica se ricordava bene.
Ad ogni modo, quando finalmente la casa aveva iniziato a profumare anche di Park Jimin, quello stanzino aveva acquisito un senso.
Taehyung ce lo portava quando la gelosia prendeva il sopravvento, quando il biondino parlava più a lungo del dovuto con il postino, con il fattorino o con l'amministratore di condominio. Non gli aveva mai detto esplicitamente di non postare più su 'littlejiminie', ma ad ogni post jimin si ritrovava legato alla sedia, costretto a guardare video che ritraevano Taehyung ed altri ragazzi. Li toccava esattamente come toccava lui, e per il minore questo era come soffocare. Se provava a chiudere gli occhi, a rifiutarsi di guardare, i video raddoppiavano.
Quella era la punizione a cui veniva sottoposto più spesso, assieme a tutti i discorsi che Taehyung inizia a fare difronte a foto di altri ragazzi, assieme ai racconti delle sue avventure selvagge.
Il maggiore inseriva piccoli frammenti di verità nelle storie erotiche che lo costringeva ad ascoltare. Nudo e con le mani legate, in preda all'eccitazione data dalla voce del suo compagno, ma allo stesso tempo umiliato da tutto ciò che stava accadendo.
Jimin amava Taehyung, e forse infondo lo amava anche per le sue punizioni.

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