XXIX

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«allora? com'è andata?»

Jimin sbuffó, non aveva nemmeno chiuso la porta di casa e già Chanyeol era in carica, pronto a sommergerlo di domande a cui avrebbe dovuto rispondere di controvoglia.
Era una sensazione che non aveva mai capito da dove provenisse. Quando passava una bella giornata, quando restava fuori casa o con delle persone per molto tempo, poi ritornare alla realtà sembrava quasi un lungo supplizio, un cammino faticoso che si sarebbe concluso con il ritorno in patria, il ritorno nella sua bolla.
Era appena rientrato da quella cena con Taehyung e i suoi amici, si era divertito da matti, sì, ma fra quella strana sensazione di malinconia, e l'insieme di cose accadute in quel breve soggiorno in casa Kim, era più confuso che mai.
Era successo tutto troppo in fretta, due soli giorni in cui la sua vita sembrava aver cambiato direzione, completamente controvento rispetto a tutto ciò in cui credeva poco prima.
Non sapeva cosa fosse successo davvero, a grandi linee aveva parlato con Taehyung e si era lasciato andare, aveva pianto, era stato a casa sua e ci aveva passato la notte. Non era successo nulla fra le lenzuola, si erano solo accarezzati e toccati con brama, ma non c'era stato alcun bacio sulle labbra né discorso su cosa stessero combinando, non che pensasse davvero ci fosse una spiegazione razionale.
Era strano il modo in cui si sentiva, con lui sembrava di vivere perennemente in un mondo apparte, qualcosa di astratto e lontano dalla società, forse anche per quello l'idea di tornare a casa lo aveva un po' spaventato.
Il loro era sempre stato un rapporto platonico, forse un amore poetico, e jimin lo sapeva bene che i rapporti come quello iniziavano nel silenzio e finivano allo stesso modo.
Iniziavano con un'occhiata curiosa e finivano con uno sguardo dato di sfuggita, privo di ogni tipo di emozione, se non l'urgenza di correre lontano e non voltarsi mai indietro.

Poche parole, la confusione, il cuore stralunato e lo stomaco ribaltato.
Taehyung gli aveva cambiato la vita, in poco, non facendo altro se non vivendo.
Eppure c'erano tante cose che non capiva, troppi avvenimenti che il maggiore aveva giustificato con coincidenze, quando la probabilità che lo fossero davvero, era pari a zero.
Come poteva essere una coincidenza il fatto che si fossero ritrovati ad ispirarsi a vicenda nella propria arte?
Perché Taehyung aveva una sua foto di quella notte bastarda in cui i pensieri gli si erano affollati ed era uscito alla ricerca di aria?
La foto in riva al mare, risalente a quell'estate?
Chanyeol e Baekhyun che si innamorano, poi ancora la serata al pub, ritrovarlo in quella stessa strada della prima foto che gli aveva scattato, e poi tutte le altre cose che nemmeno sapeva.
L'amore nascosto per quel veleno che aveva ucciso i genitori del suo artista, il sapere esattamente dove aggrapparsi quando i loro corpi si avvicinavano, il richiamo che la pelle dell'altro sembrava avere sul suo autocontrollo.
Jimin non si spiegava tante cose, non le capiva, ma forse non gli interessava nemmeno farlo.
Stava bene così, il ragazzo che aveva voluto per tanto tempo lo stava riempiendo di attenzioni, tutto sembrava andare per il verso giusto e non c'era alcuna cosa a preoccuparlo, o meglio, niente che fosse degno di nota per poter essere accettato nei suoi pensieri.
Forse qualcosa avrebbe dovuto solleticargli il pensiero, ma in cuor suo era sicuro di avere le risposte a tutte le sue domande.
Il corpo di Taehyung non era estraneo, sapeva esattamente dove baciare e stringere, dove accarezzare e dove graffiare.
Il continuo chiedere di quella sera, quella in cui era stato toccato, lui lo sapeva che il maggiore non gli aveva detto tutto, sapeva che c'era dell'altro sotto quelle scuse banali dell'averlo visto salire di sfuggita per le scale.

Taehyung sapeva chi lo avesse violato.
Taehyung lo aveva violato.
E jimin lo aveva capito, ma non intendeva fare nulla.
Probabilmente era un pazzo, un cervello mal funzionante e delle idee autodistruttive, aveva delle manie suicide evidentemente, ma gli stava bene.
Quel rapporto malsano gli avrebbe dato tutto ciò che aveva sempre cercato, ma che in un gregge di persone accumunate dal pensiero razionale, non aveva mai trovato.
Attenzioni, lodi, violenza.

Sperava che Taehyung gli avrebbe dato tutto ciò che voleva, e non aveva bisogno di altri nella sua vita se davvero era quella la strada che aveva deciso di percorrere.
Quella sera stessa l'avrebbe messo in chiaro, voleva appartenere a Taehyung, voleva stare con lui tutto il giorno e tutti i giorni, e come il suo corpo già testimoniava, il maggiore fremeva per poter avere Jimin tutto per sé.
Non un solo livido si era schiarito da quella notte folle, ma il minore ancora non poteva sapere che non lo avrebbero fatto mai, che quelle chiazze viola sarebbero state all'ordine del giorno.

«Stasera preparo le valigie, da domani andrò a vivere da Taehyung.»
Quella sola frase, mormorata con convinzione, avrebbe fatto crollare il castello di carta che aveva costruito per tutta la sua vita. Non era mai una buona idea rintanarsi nella tana di un lupo affamato.

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