XXII

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In casa l'aria era pesante, le tapparelle era quasi tutte abbassate e la televisione trasmetteva i cartoni animati che tanto amava da piccolo.
Era domenica pomeriggio e Jimin non si era ancora ripreso da quell'alone di tristezza che lo aveva circondato, quando quella mattina appena sveglio si era ritrovato dolorante e con una brutta sensazione ad opprimergli il petto.
Quella notte aveva dato sfogo a tutti i desideri che teneva chiusi dentro sé, il senso di libertà che tanto bramava, la possibilità di comportarsi in qualsiasi modo avesse voluto.
Aveva provato la cocaina per la prima volta, quel suo piccolo desiderio che sin dal primo superiore gli aveva riempito la mente, e alla fine ci era riuscito, ma non era stato come aveva sempre creduto.
Chanyeol non sapeva nemmeno metà di ciò che aveva fatto quella notte, non sapeva dei suoi balli scatenati, non sapeva di come si fosse avvicinato a Minseok, noto spacciatore delle sue parti, colui che poco dopo gli aveva spiegato come arrotolare la banconota, tappare la narice e aspirare.
Minseok era dannatamente bello, lo conosceva già da un po', era poco più che ventenne e aveva già finito la scuola da qualche anno. Non era stato un favore il suo, lo aveva abbordato mentre il minore, già brillo, ballava accanto ai divanetti su cui lui era intento a bere con i suoi amici.
Lo aveva fatto tirare tre volte, le prime due strisce gli avevano fatto ghiacciare il naso, la terza lo aveva disintegrato, la mascella era rigida e il mondo sembrava qualcosa di troppo lontano.
Gli aveva fatto un pompino, si era pagato la bianca con un pompino, intrattenendo lo spacciatore per quindici minuti buoni. In un'altra occasione si sarebbe sentito sporco, svendere così la propria dignità per della droga, ma ne valeva la pena, per ciò che la droga ti dà, ne vale la pena.
Da lì i ricordi erano un po' confusi, ma ricordava di esser andato da Jooheon, doveva essere intorno all'una, dato che il maggiore aveva finito già il proprio turno dietro il bancone.
Non era sicuro che il castano avesse capito quanto fosse fatto, ma in ogni caso non gliene aveva data occasione, si era subito buttato a capofitto sulle sue labbra, provando a soddisfare il bisogno irrefrenabile di essere toccato, colpito, usato nel modo giusto.
Jooheon era rude, gli tirava i capelli con forza mentre il bacino cozzava contro le sue natiche, si spingeva in lui tanto da dover stringere il tessuto del divanetto fra i palmi, il busto che si sporgeva in avanti ad ogni affondo, le braccia che creavano attrito per non cedere.
Jooheon era violento, ma non era colpa sua se si ritrovava i polsi doloranti, le natiche livide e impossibilitato a sedersi.
Con il maggiore aveva raggiunto l'orgasmo ben due volte, era stremato e ormai lucido, ma ancora non era finita, non poteva finire così, mancava Taehyung.
Vestitosi di fretta, con la camicia al contrario e i jeans sbottonati, aveva borbottato qualcosa al maggiore e lo aveva lasciato nel privè a rivestirsi da solo. Era poi corso verso il bancone per prendere altri drink, altro alcol, voleva di più, sempre di più.
Alla fine i drink li aveva presi, dopo una lunga attesa in cui aveva osservato i suoi coetanei divertirsi, ma in tutto quel tempo Taehyung non lo aveva visto, i suoi occhi avevano ceduto prima ancora di poterlo cercare.

«come cazzo ci sono arrivato in quel privé?»
Si chiese confuso tirando appena i ciuffi biondi all'indietro, aveva ripassato ogni ricordo della sera precedente, in nessuno di questi c'era ciò che cercava.
Lo sguardo si spostava convulsamente dalle pareti alle sue gambe, dalle coperte al telefono poggiato su quest'ultime, l'attenzione sembrava essere un flipper in continuo movimento fra un lato ed un altro della stanza.
Avrebbe continuato all'infinito, lo sapeva, ma aveva bisogno di distrarsi.
Chanyeol era nella sua stanza, dopo l'ennesimo tentativo fallito di fargli mangiare qualcosa per cena, si era congedato ricordandogli che qualunque cosa, lui si trovava nella stanza accanto.
Era grato di averlo al suo fianco, ma non era ciò di cui necessitava in quel momento.
Alzatosi dal letto, dopo un respiro profondo, si era diretto difronte l'armadio per recuperare una tuta comoda, che dopo aver indossato aveva coperto con una giacca leggera.

«Ehi, io vado a fare due passi.»
Chanyeol sobbalzó al suono della sua voce, non lo aveva sentito bussare, né aprire la porta. Posò il telefono sul letto, mettendo in pausa il film che stava guardando.

«Vuoi che venga a farti compagnia? Il film è noioso.»
Propose in risposta, vedendo subito dopo jimin scuotere il capo in segno di dissenso.

«Preferisco andare da solo, non penso di tornare tardi -aggiunse guardandolo l'orologio che portava al polso. Segnava le ventuno- non aspettarmi sveglio comunque, forse passo da Jooheon e mi faccio accompagnare quando finisce il turno.»
Il maggiore annuì, salutandolo con il solito "divertiti e fai attenzione".

Chiusa la porta di casa, la percezione di ciò che aveva intorno riusciva a cambiare drasticamente, come se l'aria avesse un peso diverso, come se i colori assumessero sfumature mai viste prima. Eppure quella strada non gli era sconosciuta, anzi, nell'ultimo periodo era andato al pub di Jooheon più volte di quelle che si era apprestato a contare. Non poteva dire d'esser di casa, ma il buttafuori chiudeva sempre un occhio e gli faceva saltare la fila, doveva pur sempre significare qualcosa, no?

«Jiminie, ieri sera sei sparito!»
Bello come il sole, Jooheon sembrava brillare fra il vetro dei bicchieri che stava riponendo sulla mensola in legno.

«Lo so, mi dispiace, non so cosa sia successo -ridacchiò imbarazzato, sedendosi su uno sgabello libero. Di domenica era tutto più tranquillo- mi offri qualcosa? Non ho il portafogli con me.»
Vide il castano annuire, prima di stappare una birra e porgergliela.

«Eri piuttosto su di giri, credo che alla fine Chanyeol ti abbia trascinato via di forza! E mi hai svaligiato le scorte di vodka. Ci vai giù pesante piccolino.»
Ridacchiò sporgendosi verso di lui, dall'altra parte del bancone, per scompigliargli i capelli. Quel semplice gesto gli fece attorcigliare le budella. Jooheon era il ragazzo perfetto.

«Mi dai un bacio, Joo?»
Il maggiore scosse il capo.
«Sto lavorando Jiminie, non credo che a Himchan piacciano granché le smancerie fra i clienti e i suoi dipendenti.»
Rispose con cautela, non voleva Jimin si sentisse rifiutato, perché quella era veramente l'ultima cosa che gli passava per la mente. Il suo interesse andava ben oltre gli incontri occasionali che il minore voleva.
«Joo..»
E il fatto che bastasse un solo lamento per convincerlo, ne era la prova.

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