1. Una nuova vita

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"Un vincitore è semplicemente un sognatore che non si è arreso"(Nelson Mandela)

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"Un vincitore è semplicemente un sognatore che non si è arreso"
(Nelson Mandela)


Manhattan, 2011

-"Nina, volevo ringraziarti per i costumi sono davvero eccezzionali, ci mancherai molto"- la voce accogliente e sottile di Kim mi smosse i pensieri così le sorrisi non potei fare di meglio.
-"Sono felice che siano andati bene, e mi mancherai anche tu"- seguì un abbraccio, uno di quelli dal quale non vorresti mai staccarti. Kim era un'ottima amica, lavorare all'asilo come maestra all'inizio non mi era sembrata  una buona idea, ma poi grazie a lei ero riuscita a cambiare idea. Mi piaceva lavorare li.
I bambini erano contenti di vedermi, confezionavo per loro abiti da scena per le loro recite, alle dolci bambine su loro richiesta non mancava mai un bell'abito da principessa. Forse questo non è mai stato il mio vero lavoro, perchè ho sempre amato creare, fin dalla tenera età disegnavo quasi tutto il giorno mi piaceva molto osservare il lavoro di mia nonna come modesta sarta, ammiravo come con tanta pazienza cuciva perline e decori di tutti i motivi su quei leggeri e pregiati tessuti. Poi un giorno, all'età di dodici anni iniziai a disegnare abiti anch'io facendone così il mio passatempo preferito. Guardavo ammaliata le sfilate che a quel tempo trasmettevano alla tv, preferivo quelle ai cartoni animati e ai film. Negli anni  successivi la mia scrivania divenne stracolma di riviste di alta moda, come Vogue o Vanity Fair così come Marie Claire e Cosmopolitan. Negli anni avvenire ero riuscita ad informarmi bene su tutte le case di moda più importanti, leggevo libri così come amavo guardare documentari dei più grandi stilisti del mondo. Un giorno poi a quindici anni, camminando lungo le strade di uno dei quartieri più ricchi di New York, la vetrina di un negozio chic mise in esposizione il classico completo giacca e gonna bicolore firmato Chanel, era un tweed viola chiaro e scuro decorato con bellissime perline incastonate alle passamanerie della giacca. Ricordo che l'osservai per svariati minuti, poi pensai: "un giorno anche i miei abiti saranno in queste vetrine". Grazie all'aiuto di mia nonna col tempo iniziai a cucire anch'io realizzavo ciò che disegnavo e usciva dalla mia mente, dalla creatività che avevo dentro. Mia nonna era una grande donna, nonostante la sua prematura scomparsa il cammino che avevo intrapreso non si era mia fermato. Con l'aiuto di alcuni suoi vecchi libri, linee guida e qualche intuizione da parte mia diventai più brava di quanto potessi mai immaginare.
Ma probabilmente il mio sogno doveva aspettare, la rifinitura dei colletti e i bottoni attaccati alle camice mi portavano pochi spiccioli, così dopo il liceo lasciai perdere per un po' trovandomi un vero lavoro, quello di assistente in un asilo. Forse non era fortuna, ma non avevo mai avuto il coraggio di provarci o probabilmente non mi si era mai presentata l'occasione per poter mettere alla luce ciò che amavo. Ma era arrivata l'ora, dovevo provarci, tentare, così decisi di lasciare l'asilo, mettermi alla ricerca di un possibile lavoro dei sogni e a cucire, disegnare più materiale possibile da presentare in un portfolio. Ritornai al presente e lasciai altrove i miei pensieri, che come al solito erano saliti a galla nel mentre osservavo il tramonto dalla finestra. Sospirai amareggiata e riflettei sulla più grande svolta della mia vita.
-"Ninì, non ti vedremo più?"- il viso olivastro di James mise a dura prova il lato corazzato che col tempo avevo costruito. Mi calai per arrivare alla sua altezza e con le mani gli strinsi forte le guance.
-"Ma certo che ci rivedremo! Mica vado via per sempre"- gli scompigliai dolcemente i capelli, ridemmo insieme poi però si allontanò ed io tornai a guardare il tramonto fuori da quella finestra, di quel posto che tanto avevo amato ma odiato, dove ero cresciuta.
Qualche ora dopo la campanella suonò e recuperai la mia borsa marrone a tracolla, mi ritrovai nel vialetto a pensare a quel luogo che stavo lasciando, spazioso colmo di giochi e sedioline minuscole un dolce profumo di vaniglia e risate acute che mi riempivano solitamente il cuore. Il tutto mi fece ridacchiare ingenuamente, forse con un pizzico di malinconia negli occhi. Lentamente con i pensieri in subbuglio mi avviai verso casa, non era molto distante dal mio lavoro, giusto due isolati più avanti, amavo camminare per schiarirmi le idee. Mia madre, ormai rimasta sola, mi aspettava con ansia.
-"Ciao mamma"- mi limitai a dire, andavo d'accordo con mia madre raramente era una brava persona quando voleva, tranne quando portava a casa ogni sera un uomo diverso e beveva più del dovuto. Dopo mio padre  aveva letteralmente perso la testa.
-"Oh ciao tesoro, che ne pensi di questo qui?"- comparve dal salotto, in ghingeri, mi mostrò il suo abito viola attilatto e senza spalline, la sua statura si allungò per via di vistosi tacchi numero dodici, ed il suo rossetto mi sembrò troppo acceso. Mi adagiai allo stipite, incrociando i piedi e tenedo la braccia conserte. La osservai da capo a piede.
-"Stai bene"- sorrisi fintamente, ma lei mi conosceva troppo bene.
-"Nina, sei mia figlia da 23 anni e lo capisco quando dici una bugia"-
-"Ok d'accordo, è tutto troppo eccessivo. Almeno metti un paio di scarpe basse"- gesticolai, cercai disperatamente di non essere troppo severa, mia madre sapava esagerare molto bene quando si trattava di vittimismo.
-"Tu dici? E se poi a Richard non piaccio?"- sollevai un sopracciglio, l'altro ieri Richard si chiamva Bob, improvvisamente aveva cambiato nome? O forse era mia madre ad aver cambiato già uomo? Senza dir nulla, sollevai gli occhi al cielo e salendo velocemente le scale mi diressi in camera mia.
-"Nina, andiamo non fare cosi"-
-"Mamma devo lavorare adesso"- le disse, ammonendola con un gesto di mano senza neanche voltarmi. Esausta entrai in camera mia sbattendo la porta. Legai i capelli castani e leggermente mossi in una coda, mi fermai alla scrivania e alla macchina da cucire che vi era sopra, la sedia invece era occupata da capi che avevo confezionato qualche giorno prima. Per interminabili secondi osservai i fogli che ritraevano i miei modelli, sospirai pregando di essere tanto brava quanto fortunata. Non ero presuntuosa, ero soltanto sicura di me stessa, non sempre. Non l'avevo detto a nessuno, forse era una pazzia, una follia o come chiunque voglia chiamarla, ma volevo andare via di lì regalarmi la possibilità di essere felice , allontanarmi da quel luogo, da quel quartiere, da quella città stracolma di ricordi spiacevoli. In quello stesso istante il mio cellulare prese a squillare initerrottamente, seccata premetti verde e risposi.
-"Pronto?"-
-"Stasera appuntamento a quattro, giuro che stavolta non sbaglierò. Dimmi di si ti prego!"- sorrisi immediatamente a quella dolce e gentile voce familiare.
-"No Megan, sul serio oggi non mi va, e poi quante volte dovrò ripetertelo che voglio restare single?"-
-"Andiamo Nina, non puoi restare per sempre incollata al ricordo di Robert"- al suono del suo nome ebbi un sussulto, mi succedeva ancora, dopo due anni. Robert il mio ex ragazzo, colui che per ben 5 anni m'aveva ingannata facendomi credere che quello in realtà fosse amore, non fosse altro che un enorme e mastodontica menzogna, tornare a casa con le braccia piene di lividi e il naso sanguinante, non era di certo una manifestazione d'affetto.
-"Va bene ok ci vengo, ma se il tipo non mi piace scappo a gambe levate"- la minacciai non troppo severamente, tant'è che lei scoppiò in una risata che poco dopo contaggiò anche me.
-"Alle 7 passo a prenderti!"- aveva esclamato, poco dopo riagganciai e tornai a lavorare sull'abito dorato e colmo di pietre.
Si fece l'ora prevista, il mio outfit non era per niente male. Indossai dei jeans neri e un top rosso, per finire avevo calzato un paio di scarpe con un tacco largo e quadrato. Il mio adorato mascara, ed ora pronta. Sarà probabilmente contraddittorio, amavo la moda, eppure non mi curavo al cento per cento del mio aspetto. Preferivo rimanere in disparte, poco osservata e meno appariscente. Aspettai con pazienza che l'auto grigia di Megan si facesse viva nel vialetto, osservai l'orologio che segnava le sette e dieci, poi finalmente udì il suono del clacson.
-"Finalmente!"- esclamai una volta salita a bordo del passaggiero davanti.
-"Non essere cosi acida, per noi stasera ho in servo due ragazzi davvero sexy"- rispose entusiasta battendo le mani. Risi a fior di labbra.
-"Dove li hai trovati stavolta?"- nel frattempo eravamo partite.
-"Jason è il nipote della mia vicina e l'altro è suo cugino di secondo grado"- spiegò fiera di se e della sua pesca.
-"Te li trascini tutti, sei peggio di mia madre"- ridacchiai, la mia amica non si ombrò per nulla bensì cominciò a pavoneggiarsi.
In poco tempo arrivammo al "Country Bar" per un aperitvo, dove ci aspettavno i baldi giovani accalappiati dalla mia migliore amica. Quando parcheggiammo l'auto intravedemmo due giovani all'ingresso rustico del bar più noto di Manhattan. Eccoli, li avevo notati, in men che non si dica ci avvicinammo sempre di più, Megan salutò calorosamente il cosiddetto Jason, mentre ahimè io restai impassibile dinanzi alla figura alta e muscolsa dell'altro ragazzo moro.
-"Molto piacere io sono Derek"- mi porse la sua mano, non potei evitare di saettare su i suoi occhi scuri come il carbone in perfetta sintonia con i suoi capelli molto corti e corvini. Gli tesi la mia, sorridendo lievemente .
-"Nina"- risposi a testa bassa.
-"Allora ragazze, entriamo?"- esclamò quest'ultimo gettando la sigaretta sul pavimento e pestandola con il suo scarpone. Il locale era pieno e Dio so lo sa perchè trovammo un tavolino abbastanza appartato e comodo. La musica che vi era in sottofondo la conoscevo, e devo ammettere che riuscì a rilassarmi parecchio, la figura di Derek riusciva a mettermi in imbarazzo e in leggera tensione. Qualcosa di non così nuovo, pensai. Megan iniziò a parlottare dei più e del meno con Jason, ridevano, scherzavo e lui spesse volte le sfiorava le punte dei capelli.
-"Sei silenziosa Nina"- si rivolse spavalado Derek, accendendosi un'altra sigaretta e enfatizzando il mio nome con uno strano accento. Incrociai le braccia, indispettita da quella frase.

IL CORAGGIO DI RESTARE (In corso)Where stories live. Discover now