15. Il Banchetto

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"L'attesa del piacere è essa stessa un piacere"(Gotthold Ephraim Lessing)

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"L'attesa del piacere è essa stessa un piacere"
(Gotthold Ephraim Lessing)




Il peggio doveva ancora arrivare. Finch e Jass mi avevano praticamente costretto a indossare uno degli abiti che avevo disegnato e confezionato io stessa, era nero, con delle perline e pietre sul davanti senza spalline, e una gonna corta con una chiusura a portafoglio. Anche se,trucco e parrucco erano stati pianificati in ogni minimo dettaglio, restava una cosa soltanto da fare, la principale, il vero motivo per il quale stavo agendo d'istinto e non ragionandoci su come al solito: comunicarlo se non convincere, Derek. Quel sabato, mi ritrovai nuovamente di fronte quella porta bianca di legno intarsiata, la sensazione confortante mi fece rabbrividire, e le piante nel giardino erano stranamente curate. Salí rapidamente quei pochi scalini, e bussai titubante, presi un gran respiro. Temetti che non fosse lì, non avevo il suo numero di cellulare, avrei potuto provare al centro sportivo, ma oltre quei luoghi non avevo la minima idea di dove poter rintracciare Derek. Quando però la porta fece cenno per aprirsi, mi irrigidì sul posto non credendo di trovarlo davvero li. Quando me lo trovai di fronte, aveva gli occhi arrossati e iniettati di sangue, lo sguardo torvo e tirava su col naso di tanto in tanto. Mi squadrò da capo a piede, avevo fatto un enorme errore, era palese che fosse ubriaco, drogato se non tutte e due insieme. Ormai ero una stupida, a volerci soltanto provare.
-"Che ci fai qui?"- storse il naso, non fu di certo una calda accoglienza. Aveva la voce roca, un po' impastata non sembrava nemmeno la sua. L'immagine che avevo davanti mi disgustava, non volevo vivere sotto lo stesso tetto con un drogato alcolista e per giunta anche arrogante e presuntuoso, erano giorni che non lo vedevo in quello stato. Provai ribrezzo e vergogna per me stessa nell'essermi presentata li, con dei buoni propositi per ricevere un occhiataccia e un alito che puzzava di alcol. Indietreggiai, gli occhi mi pizzicavano, mi veniva da piangere.
-"Non dovevo venire"- dissi con un filo di voce, stetti per scendere gli scali e fare dietrofront  ma la sua mano gelida afferró di colpo la mia, volevo liberarmene, dovevo.
-"Perché sei venuta?"- il suo sguardo era un misto di severità e speranza, non lo seppi decifrare con precisione, mi fece rabbrividire ascoltare nuovamente la sua voce.
-"Sei ubriaco Derek"- costatai, strappando via la mano dalla sua, quella vibrazione non sparí del tutto, vagava ancora per qualche secondo dentro di me. Si massaggiò la fronte, e cercò di essere più lucido possibile.
-"Non.. non sono ubriaco Nina, te lo giuro, ora dimmi perché sei venuta"- ringhiò, non sembrava affatto il Derek che sfilava dal suo giubbotto i cioccolatini, o che mi faceva complimenti squallidi e fuori luogo. Aveva gli occhi coperti da un velo confuso, e sfinito.
-"Ero venuta a dirti.. cioè, se è ancora valido l'invito alla festa di tuo.. padre stasera"- balbettai, seppur con un tono altezzoso. Restammo sulla soglia della porta, a contemplare le nostre più profonde riflessioni. D'improvviso sfociò in una patetica risata, e ciò mi fece infuriare come non mai.
-"Mh, ho cambiato idea"- disse, umettandosi le labbra.
-"Tuo padre e tua sorella ci tengono molto, in oltre è un occasione che non posso perdermi"- risposi, con serietà.
-"Vacci da sola allora"- scrollò le spalle, seccato. Respirai affondo, non volevo gettarmi ai suoi piedi ma avevo promesso a sua sorella che egli si sarebbe presentato, non potevo mancarle di rispetto. Feci ciò che non mi sarei mai sognata di dire, mi pizzicai la pancia per poi esporre quella frase.
-"Mi.. mi farebbe piacere che tu mi accompagnassi, ecco"- saettai lo sguardo altrove pur di non incontrare i suoi occhi che in quel momento presero a brillare misteriosamente.
-"Cazzate!"- sbraitò, si limitò ad usare quel solito tono acido e superbo.
-"Sai che c'è ? Sei bipolare Derek, non ti capisco un giorno prima sei una persona il giorno seguente un'altra, mi hai stancato"- strillai, così forte che probabilmente i vicini del quartiere avrebbero chiamato la polizia. Mi voltai furiosa e scesi quei pochi gradini che dividevano l'appartamento dalla stradina ciottolata.
-"Ok.. ci vengo"- aveva sibilato, mi bloccai sul posto incredula delle sue parole, mi bei un po' del fatto che avesse rifiutato e mi morsi la lingua quando invece cambiò idea.
-"Alle 7, non un minuto di più"- dissi, ingoiando la saliva, prima che potessi entrare in auto mi voltai ancora una volta lui era rimasto sulla soglia.
-"Ti invito a venire sobrio, chiaro?"- accennò un leggero sorriso, ma non ebbi voglia di osservarlo così rapidamente mi sedetti in macchina al posto del conducente inserí la prima e fuggi da quel quartiere di lusso.

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