Nina Steffens è una giovane ragazza di 23 anni che vive a Manhattan assieme a sua madre, dipendente dall'alcol, e lavora in un asilo assieme alla sua collega Kim. Il suo sogno nel cassetto è di diventare una famosa stilista di moda. Dopo aver rotto...
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La cosa più importante nella vita è scegliere una direzione, e dimenticare le altre. (Kasturba Gandhi)
Fu risollevante ritornare a New York nella nostra villetta a Lower Side, ero esausta di Parigi e di ciò che era successo laggiù, volevo tornare semplicemente alla vita di sempre alle serate fra pop corn e serie tv, ai giochi da tavolo e alla compagnia del mio migliore amico. Soltanto una cosa sarebbe cambiata: la mia posizione nella Cartier Maison, cosa avrebbe deciso John, era davvero così colpito dal mio talento? Poi ripensai alla proposta di Garavani, tardi ormai da poter rifiutare ma d'altronde perchè farlo, se quest'ultima per me poteva segnare l'alba di un nuovo inizio. Erano passati due giorni, dal nostro rientro ma di John e della sua decisione ancora nulla. -"Sei rimasta in pigiama tutto il giorno?"- mi rimproverò egli, dopo essere rientrato dal supermercato, nevicò parecchio quel fine gennaio. Quel giorno, avevo deciso di restare in pigiama, con una coppetta di gelato fra le mani, una coperta e rannicchiata sul comodo divano rosso del nostro soggiorno. Erano le cinque del pomeriggio, e di li ad un ora avremmo dovuto cenare. -"Si, e allora?"- agguantai una cucchiaiata di gelato al cioccolato senza staccare minimamente gli occhi dalla televisione e dal film "In Time" con il fighissimo Justin Timberlake. -"Neanche mia nonna si angoscerebbe come stai facendo tu"- scavalcò le mie gambe appoggiate al tavolino di legno, e si privò del giubbotto e dalla sciarpa. -"Cosa dovrei fare? Il silenzio di tuo padre mi sta.. uccidendo"- una leggera nausea attraversò il mio apparato digerente, con uno sguardo di disprezzo mollai la coppetta e il cucchiaio sul tavolino. -"Posso sempre costringerlo ad anticiparti qualcosa"- sorrise malevolo, e raggiungendo così la cucina per metter su la zuppa di carote e carciofi che ci attendeva quella sera. Sbuffai, e controvoglia lasciai il comodo divano per accovacciarmi sulla sedia alta all'isola della cucina. -"Mh-mh, non mi sembra una buona idea Derek"- rovesciai la busta della spesa, sistemando le verdure nella ciotola precedentemente presa da egli. -"Ho comprato i biscotti alle noci, la pasta per domani e.. quelle cose che ti servivano"- schioccò un'occhiolino veloce, lanciandomi un pacco di assorbenti. Arrossì violentemente e mi pentì amaramente di avergli commissionato una faccenda del genere, erano questioni private e femminili ma avevo comunque meno voglia di uscire quel giorno. -"Potresti anche essere più.. "- -"Più cosa?"- rise sotto i baffi. -"Più delicato mh?"- non mi stavo arrabbiando sul serio, ma il fargli sapere che avevo iniziato il primo giorno di mestruazioni non mi sembrava di certo il massimo. -"Ho preso quelli più imbottiti, va bene no?"- il tasso di sangue presente nel corpo raggiunse il culmine facendomi avvampare completamente il viso, nascosi il pacco sotto il mio braccio con l'intenzione di portarlo di sopra, in camera mia e magari darmi anche una sistemata. -"Sei.. disgustoso"- ringhiai, ma la sua risata ebbe la capacità di far svanire in me ogni cellula di nervosismo e imbarazzo presente. Nella toilette mi spazzolai i capelli, per poterli racchiudere poi in una coda alta e avvolgerla su di essa per poter inserire la cuffia di plastica. Non mi importava delle mestruazioni, avevo bisogno di una doccia calda per poter smaltire tutta l'ansia accumulata durante il giorno. M'insaponai per bene e dopo aver spalmato le mie solite creme per il corpo passai ai pantaloni della tuta e a una maglietta a giro collo grigia. -"Oh oh, e tu chi sei?"- mi canzonò, quando scesi velocemente le scale in calzini. -"Non sei divertente"- sarcastica, mi diressi verso il frigo per un succo di mela. -"Chi viene a cena?"- stranita, osservai i due posti che erano stati aggiunti alla tavola ovale con tanto di tovaglioli buoni e il servizio in argento. Derek si era dato davvero da fare. -"I tuoi amici"- per poco il succo di mela non sporcò la mia maglietta pulita, il liquido rischiò di andarmi di traverso quella sera. -"I miei amici?"- -"Si, Jassie la ficcanaso e.. Finch la signorina"- con un mestolo, girò lentamente la zuppa e ne assaggiò un pizzico complimentandosi con se stesso. -"Non chiamare così i miei amici, ma perchè li hai invitati? E soprattutto perchè non me l'hai detto?"- -"Stefens, fai troppe domande"- sorrise beffardo, e posizionò i due calici per il vino ai due posti aggiunti recentemente. -"E tu non ne rispondi neanche ad una"- incrociai le braccia al petto, adagiami allo stipite del marmo, dove si trovava il lavello in acciaio. -"Ho pensato che forse, la loro presenza poteva aiutarti con la tua ansia da concorso, anche Jassie sta aspettando dopotutto"- con nonchalance, recuperò i piatti a strisce colorati e di diversa grandezza, li pose sull'isola per poi passare nuovamente alla zuppa. Non potei fare a meno di osservarlo, di soffermarmi sulla sua figura attenta e armoniosa nonostante tutto ciò che ci fosse successo a Parigi, Derek era rimasto lo stesso o almeno così mostrava, come anch'io, cercavo di essere quella di sempre nonostante ogni volta mi adagiassi con il capo sul cuscino la mente mi riportava i nostri nudi corpi avvolti fra le lenzuola. Avete presente quando, tutti i difetti e le noncuranze di una persona lasciano spazio ad una sola nota positiva che improvvisamente vale per tutte le cose sbagliate che ha fatto o che farà ancora? Quel gesto, come tanti altri, cancellò ogni rancore ogni briciolo di rabbia che provavo per Derek ogni volta che la sua vita mi riportava al mio tormentoso passato, lui curava il veleno da egli stesso iniettato. Consideravo Derek un Dio ma anche un Diavolo, un angelo ma anche un demone lui era tutto, due facce della stessa identica medaglia. -"Perchè mi guardi in quel modo?"- sorrise stranito. -"Chi.. sei tu, veramente?"- assottigliai gli occhi, ma sorrisi dolcemente a quelle sfere blu come l'oceano, egli mollò la pezza in panno sul piano cottura e sorrise soddisfatto al campanello che aveva suonato. -"Oh, sono arrivati"- rapidamente, prima di lasciare la cucina, mi baciò la fronte e come un buon padrone di casa si recò ad accogliere i nostri ospiti.