50. I primi sintomi

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"Non esiste scelta che non comporti una perdita

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"Non esiste scelta che non comporti una perdita."
(Jeanette Winterson)




-"Ti costa tanto restare ferma qualche altro minuto?"- si trattenne dal non ridere, ciò che invece non feci io che scoppiai in una fragorosa risata.
-"Sei proprio un'idiota"- parlottai fra un riso ed un altro.
-"Sono un'idiota solo perchè cerco di farti un ritratto?"- roteai al cielo gli occhi, e mi decisi una buona volta a restare ferma sul davanzale di casa dove si trovava la finestra e la penombra del sole che tramontava traspirava di li in una maniera particolare rispetto agli altri angoli della casa. Dereks'impegnò a starsene semi steso sul divano rosso, con fra le mani un blocco di fogli e delle matite di vario grado, per sfumare, e per rendere il tutto più reale possibile. Mi aveva detto di indossare qualcosa di semplice, di casalingo, così tenni fisso il maglione unpo largo e color crema, le calze nere e spesse e un paio di grossi calzini grigi. Mi costrinse ad avvolgermi al collo una sciarpa verde scuro e ad alzare un po i capelli in una crocchia bassa e disordinata. Mi stupì di quanto fosse capace di scegliere quei minimi particolari, non l'avevo mai visto come una persona che si sofferma sulle piccole cose, bensì l'ho sempre pensato un tipo al quanto superficiale, ma la critica situazione con suo padre la morte della madre e il tempo m'avevano di sicuro fatto cambiare totalmente opinione. Era passata un'ora abbondante, nel quale egli mi aveva costretta a restare seduta sul davanzale, con una gamba a penzoloni el'altra tirata al petto con una mano pigiata sul mento, ma per la prima mezz'ora non riuscì a smettere di ridere mi sentivo strana nell'essere osservata così minuziosamente, seppur i suoi occhim'avevano sempre rivolto dei profondi o rapidi check in, ma essere lì esposta di proposito sotto quelle iridi blu m'innervosiva.
-"Manca molto?"- parlai a denti stretti, per evitare altrimovimenti. Con la coda dell'occhio lo vidi tenersi in bocca una matita e usare un'altra per poter sfumare qualche parte ignota del mio corpo, avrei tanto voluto vederlo.
-"Non proprio,adesso prendi il tuo album e una matita fingi di star disegnando qualcosa.."- sbarrai gli occhi, e risi ancora così forte cheegli sollevò il capo per poter seguire il mio riso contagioso.
-"Sul serio?"-
-"Si, sul serio"- rispose serio, o almeno ci provò nonostante la mia continua ridarella.
-"Ok.. ehm,lo prendo"- ritornai qualche secondo dopo, e come da lui richiesto mi sistemai seduta dove ero prima con fra le mani il mio album da disegno e una matita.
-"Così va bene?"-
-"Si.. cerca di essere il più naturale possibile mi raccomando"- prese un altro foglio, e iniziò a bozzarci su velocemente, alternando uno sguardo alla carta e uno alla sottoscritta.
-"E' strano.."- esordí all'improvviso.
-"Che cosa?"- rispose distrattamente,mentre disegnava.
-"Che.. abbiamo così tante cose in comune,anche io amo disegnare, ci piacciono gli stessi dolcetti, non sopportiamo i nostri genitori, anche se guardiamo generi diversi di film ma.. non so, non l'avrei mai detto"- si sollevò con lo sguardo, quelle pietre m'attraversarono l'anima, mi guardò con dolcezza, complicità poi finì di ridacchiare e tornare a quel che era il suo misterioso disegno.
-"Ok adesso, resta così guarda fuori dalla finestra.."- cambiò argomento.
-"Ancora? Der sono stanca, ho il torcicollo"- piagnucolai in maniera bimbesca.
-"Ancora un po' zucchero, te lo prometto"- mi rivolse uno dei suoi migliori sorrisi uno di quelli in cui mostrava la sua fila di denti bianchissimi e alle guance gli si formavano delle leggere fossette, nelle quali tanto ci avrei voluto infilare un dito. Arrossì per quei pensieri, nonostante le cose fra di noicontinuassero ad andare in maniera confusa, come i baci lenti, o fugaci, quelli sulle guance e sulla bocca, gli schiaffetti sul sederee le continue provocazioni di slacciarmi il reggiseno. Tutto ciò però non mi infastidì come avrebbe dovuto, di giorno in giorno sopprimevo sempre di più aggiungevo un pezzetto da dover sotterrare nel terreno del nostro giardino con una grossa e lunga pala. Non c'èmolto da spiegare in verità, la questione era semplice: ignorare,non parlarne e lasciare che la situazione s'aggravasse da sola. Non fu molto saggio, o almeno non da parte mia avrei dovuto parlarci,fare chiarezza far tacere quell'enorme dolore e frustrazione che percepivo all'altezza del cuore e allentare quella morsa soffocante alla bocca dello stomaco. Continuavo a stare male, seppure ad egli cercavo disperatamente di mostrare il contrario, mi resi conto che quell'odioso sentimento cresceva ormai a dismisura, tentai, o avreivoluto cercare di fermarlo ma quando realizzai che in verità nonc'era nulla che potessi fare, allora piansi di nuovo; nella doccia, a lavoro, prima di rientrare a casa, quando Karina Jackson non mi guardava, quando andavo via dall'ufficio di John, dopo le telefonate con Megan. M'ostinavo, a voler cancellare dal cuore quelle emozioniche man mano si allargavano sempre più, come una macchia, si estendeva ed io non potevo fermarla. Derek era mio amico, il mio migliore amico, la persona che avrei dovuto amare aveva tutt'altro aspetto. Derek viveva in modo a me troppo familiare, gli piacevano le stesse mie cose, era collegato in qualche modo al mio passato nei suoi occhi rivedevo le serate a Poker, il garage di Nate e il fumodel sigaro di Robert. Al tempo stesso però, dall'altra parte della medaglia scorgevo una sorte di protezione che in nessun altro ero mai stata capace di scovare, un paio di mani delicate e un sorriso capace di illuminarmi le giornate. Avevo trovato qualcuno come me, che aveva avuto a che fare con un genitore menefreghista e un passato difficile oltre che ad un carattere scontroso, una figura salda maschile chenella mia vita non c'è mai stata, quella persona da cui rifugiarsi nel momento del bisogno, seppure la stessa da dover scappare il più lontano possibile per evitare che ti riporti nuovamente alla vita che hai sempre disprezzato. Era un connubio, un limbo, una contraddizione continua, la mia testa era divisa a metà così come il mio cuore.
-"Ma, ne hai fatto più di uno sei un bugiardo!!"- quando finalmente potei abbandonare quella posizione mi recai suldivano rannicchiandomi sulle ginocchia e cercando di scorgere il ritratto.
-"NON.. sbirciare, devo ancora finirlo"- tirò a se i fogli dai quali cercavo di intravedere anche un minimo tratto di matita.
-"Comunque sei bravo.."- arrossì, e mi mangiucchiai le pellicine delle unghie.
-"Ah si?"- ilmio sguardo imbarazzato attirò la sua attenzione, così tanto chelasciò perdere l'album riponendolo dietro la sua schiena.
-"Si,assolutamente"- mi regalò un buffetto affettuoso sulla guancia,poi incrociò al petto le braccia. Io m'ero sistemata al bracciolo destro, con le gambe rivolte verso le sue che allo stesso modo erano sistemate al lato sinistra del divano.
-"Anche tu, hai talento"-
-"Lo pensi davvero?"- m'importava della sua opinione, forse anche più delle altre.
-"Si.. anzi ti dirò di più"- con un lento movimento dell'indice mi incitò a farmi più vicina, obbedì senza fiatare.
-"..meriteresti di lavorare per qualcun'altro secondo me"-
-"Mh, e per chi sentiamo"- fingendomi schizzinosa, feci volteggiare i capelli adestra e sinistra provocando una risata soffocata da parte del ragazzo.
-"Non saprei ma mio padre conosce un bel po di gente,potrebbe raccomandarti.. oppure potrei scoprire dove tiene i numeri dei suoi colleghi e parlaci io con loro"- fece spallucce,gli lanciai un colpetto alla spalla per rimproverarlo.
-"Sei sempre arrogante, dovresti imparare ad essere più gentile"-sorrisi.
-"Ma lo sono!"- esclamò divertito.
-"E con chi?"- storsi il naso.
-"Con te, per esempio"- risi a fior di labbra, tenendo la mano sulla bocca.
-"Der, non basta essere gentili con me devi esserlo anche gli altri"-
-"Mi sforzerò"- allungò un braccio dietro le mie spalle, senza che me lo facessi ripetere due volte adagiai il caposul suo petto mi ci strinsi e mi beai del profumo maschile di sandalo che gli apparteneva.


IL CORAGGIO DI RESTARE (In corso)Where stories live. Discover now