58. E se fosse un'occasione?

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"Dietro ogni problema c'è un'opportunità"(Galileo Galilei)

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"Dietro ogni problema c'è un'opportunità"
(Galileo Galilei)

Vi stavo raccontando come ho cercato con tutte le mie forze di rialvolgere quel nastro che conteneva la mia disastrosa vita, dove eravamo rimasti?

Oh, si esattamente qui..

-"Be' tu sei sempre lo stesso invece"- stavolta fu lui a macchiarmi la giacca nera con del caffè, strano come i destini di due persone si possano in quel modo incoricare, come gli eventi della nostra vita si possano ripetere in cirocostanze e luoghi diversi.
-"Non sei la prima che me lo dice"- ridemmo entrambi, ero parecchio in ritardo per la commessione che mi aveva affidato John, di fatto guardai allibita il casio argentato al mio polso sottile.
-"Qualcosa non va?"-
-"No ehm.. cioè si, sono in ritardo io.. devo andare"- balbettai nervosa e impacciata.
-"Oh, posso accompagnarti in taxi non è un problema, se ti va"-
-"Mi piacerebbe ma.. il mio autista è proprio li"- arrossì. Era sempre ben vestito, per via del periodo di maggio quella volta indossava una camicia bianca con le maniche arrotolate e dei pantaloni presumibilmente di cotone fresco e celesti retti da una spessa cintura in cuoio marrone.
-"Hai perfino un'autista? Direi che sono cambiate parecchie cose"- ridacchiò divertito, la giornata era soleggiata i cinguettii degli uccellini li vicino mi rilassavano parecchio.
-"Molte si.. molte"- rieptei imbarazzata, qualche minuto di silenzio poi dovetti congedarmi, e in fretta.
-"Scusa, mi dispiace ma adesso devo proprio andare.."-
-"Aspetta, prendi il mio numero magari ti invito a cena una sera di queste.. o a bere qualcosa se preferisci"- mi strizzò un allegro e amichevole occhiolino, afferrai il suo biglietto da visita.

Dott. Peter Ross.
Ginecologo Presso il Lenox Hill Hospital

Riflessi almeno tre volte quelle ultime parole, non prima però di aver sgranato gli occhi.

-"Qualcosa non va? Non volevo spaventarti, se non ti va, va benissimo.."- masticò le parole impacciato e imbarazzato
-"No no, anzi. Tu lavori al Lenox Hospital?"- inserì il suo biglietto all'interno della mia giacca, continando a non staccargli gli occhi dal viso.
-"Si, perchè?"- deglutì, magari non mi sembrava il caso di elencare gli ultimi mesi tragici della mia vita, così optai per l'ignoto e magari rivelargli ciò una di quelle sere a cena davanti ad un buona bistecca.
-"Oh niente.. solo, credo che debba sdebitarmi io per stavolta quindi ti invito a cena io"- fiera di me mi impettì e alzai il mento.
-"D'accordo Nina, come preferisci"- rise a fior di labbra, io non fui da meno.
-"Adesso devo proprio andare.. ti chiamo"- gli urlai quando mi allontanai di poco, egli fece un cenno per poi lasciarmi un'occhiata dolce e gentile.

Rientrai al reparto design con uno stupido e imbeccile sorriso dipinto sul viso, tanto da non accorgermi che John mi aveva chiamata per farmi accedere al suo ufficio.
-"Ehi Steffens, va tutto bene? Sei distratta oggi"- mi guardò sottecchi con una punta di malizia sul viso e un mezzo sorriso, mentre osservava attentamente il tessuto che gli avevo portato e gli altri campioni.
-"Hai ragione, perdonami"- mi schiarì la gola e tornai con la schiena diritta.
-"Derek ti cercava, ha telefonato"- esordì, senza guardami in viso e esaminando minuziosamente i disegni e le altre carte.
-"Derek ti ha telefonato?"- ripetei stupita a mia volta.
-"Mh, già. Forse dovrei smetterla con questa pazzia.. insomma è pur sempre mio figlio"-
-"Sono d'accordo, mia madre come sta?"-
-"In ottima forma, stiamo molto bene si.."- chiusi lentamente la porta alle mie spalle per far si che nessuno potesse sentirci.
-"Ne sei sicuro, John?"- assottigliai gli occhi, contemplando il suo viso un po contratto.
-"Stai insinuando che possa ancora vedermi con qualcun'altra?"-
-"Non l'ho insinuato, vi ho visti non voglio che mia madre soffra"- l'uomo abbandonò le carte sulla scrivania e mi raggiunse.
-"Ascolta Nina, mi sono affezionato a tua madre e anche a te a dire il vero.. sei come una seconda figlia in oltre mi hai aiuato con gli affarri, credimi non sbaglierò mh?"- mi carezzò il braccio, volevo bene a John, nonostante non si comportasse decentemente col mio migliore amico e coinquilino, nonostante si odiassero speravo vivamente di riuscire a mantenere la calma.
-"Okay.."- annuì, ancora un pò in certa e non completamente sicura. In quel'esatto momento, in cui il mio capo mi stava carezzando il braccio, la porta venne spalancata e voltandomi notai il ragazzo con la t-shirt nera e dei jenas adagiato allo stipite di legno grigio chiaro.
-"Non vorrai adulare anche la mia coinquilina spero!"-
-"Derek!!"- lo rimproverai, ma lui scoppiò a ridere a differenza di John che mantenne un sorriso cordiale e poco confidenziale.
-"Stavo scherzando"- sussurrò a suo padre, non del tutto in maniera simpatica.
-"Tranquillo, lo avevo capito"- annuì quest'ultimo mostrando un sorriso stirato. Non ci riflettei più di un secondo, dopo aver chiarito quella battuta fuori luogo mi fiondai sulla sua figura, abbracciandolo.
-"Che ci fai qui? Credevo fossi impegnato per la mostra di venerdì"- ci staccammo, potei sentire il suo odore imprimersi sui miei vestiti.
-"In realtà si, ma è quasi ora di pranzo pensavo di fare una pausa"- fece spallucce.
-"Si ehm.. John, allora credo che mi darò da fare con quelle collane potebbe essere un'ottimo accostamento con le scarpe in pitone rosso che dice?"-
-"Ottimo, come sempre adoro le tue idee"- mi schioccò un gentile occhiolino, infine sia io che Derek salutammo suo padre. Passammo a prendere la mia borsa in reparto, concordai alcune faccende di stile con Finch e altri miei colleghi datone che ormai John mi aveva soprannomiata capo del reparto designer, e onestamente amavo quell'etichetta. Molto più delle interviste e delle serate ai prive.

IL CORAGGIO DI RESTARE (In corso)Where stories live. Discover now