24. Natale con i suoi

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"Non scegli i tuoi familiari

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"Non scegli i tuoi familiari. Sono il dono di Dio per te, come tu sei per loro."
(Desmond Tutu)



Ero partita ormai da dieci minuti, avevo ancora impregnato il suo profumo maschile sul pullover smeraldo che avevo indeciso di indossare. Una strana sensazione di angoscia cresceva sempre di più, pian piano che mi avvicinavo alla mia destinazione, talvolta facendo ciò che desideriamo di meno ci ritroviamo a dover combattere con una sensazione amara sulla bocca. Svoltai a destra e mi insediai nel quartiere dove vi era casa mia, rabbrividì quando quella casetta familiare apparve davanti ai miei occhi. Pensai a ciò che Megan, la mia migliore amica, mi disse tempo fa, la mia coscienza sapeva che non dovevo più tornarci, ma il cuore come al solito riusciva ad avere la meglio. Con milioni di pensieri che ormai mi frullavano nella testa accostai l'auto nel vialetto e recuperai il borsone dal bagagliaio. Bussai lentamente, e la figura fiacca e stanca di mia madre mi fece ancor piu pentire di non essere andata a Portland con Derek, ma quella non era la mia famiglia, mia madre Kate era la mia famiglia.
-"Nina sei tornata!!"- esclamò e quell'abbraccio improvviso mi fece sentire impacciata.
-"No mamma, sono qui per Natale. Sai che giorno è oggi vero?"- blaterai entrando in casa e chiudendo la porta di legno scuro alle mie spalle.
-"Ma certo che si! ti ho anche fatto un regalo"- storsi il naso a quell'affermazione, mia madre non mi regalava qualcosa da quando avevo ormai sedici anni, non riusciva ad andare in giro di giorno diceva che era troppo stanca per camminare per i negozi.

Stanca un corno, ci credo con tutto quell'alcol

-"Ah si? Be' anche io ho dei regali per te e per Meg"- cercai di sorriderle, ma con scarsi risultati.
-"Oh dovrebbe arrivare fra poco"- entusiasta mia madre si era perfino messa in ghingheri, anche se alla cena mancavano parecchie ore. Era molto dimagrita ma come al solito non si sera sistemata i capelli e il rossetto marrone era sbavato. Osservai il salotto, il divano leggermente mal ridotto, alcune ghirlande verdi e rosse erano appese al caminetto, che non veniva mai acceso, ma nell'angolo accanto al divano non vi era nessun albero di Natale, pensai a quello che invece io e Derek avevamo addobbato insieme.
-"Non hai fatto l'albero.."-  mi schiarì la voce, ella ne fu rattristata, io non mi ero ancora tolta il cappotto.
-"Oh hai ragione ma sai quel coso è orribile, l'anno prossimo ne comprerò uno nuovo"- si rallegrò d'un botto, non feci altro che limitarmi a sbuffare e a sollevare gli occhi al cielo. Diceva cosi ogni anno. Il campanello suonò e pensai immediatamnte al viso candido di Megan e ai suoi capelli biondi e lisci, quando però ella invece guardò me uno strano cipiglio preoccupato si formò sul suo viso.
-"Nina? che ci fai qui?"- entrò senza batter ciglio, sembrava agitata.
-"Come che ci faccio qui? È Natale no? pensavo che dovessimo passarlo insieme come tutti gli anni"- scossi la testa confusa, allargando le braccia in maniera teatrale.
-"Megan tesoro, resti con noi?"- spuntò mia madre dalla cucina sorridente.
-"Salve  Kate"- ella provò a sorriderle, mia madre era già sparita al di là della cucina canticchiando qualcosa di poco orecchiabile. La mia amica mi prese per un braccio avvicinandoci maggiormente alla rampa di scale, il più lontano da mia madre.
-"Si può sapere che ti prende? Credevo che tu fossi contenta di vedermi"-
-"Sono contenta Nina davvero ma tu non puoi stare qui"- sentenziò, osservò la porta della cucina sperando che non si aprisse di botto.
-"Che vuoi dire?"-
-"Che devi stare lontano da Manhattan Nina, Robert ha vinto il processo è fuori lo capisci? Ti darà la caccia"- ringhiò a denti stretti. Mi sentì gelare le vene, ero per l'ennesima volta nel posto sbagliato col timore di non poter più ritornare indietro la mia più grande paura si era avverta, Robert era libero e in pre da una sete di vendetta colossale.
-"No.. no, non è vero"- indietreggiai, percepì pizzicarmi gli occhi. Ci avevo messo due anni per riprendermi del tutto, per far sparire quei segni di dolore dal viso e dalla mente, per alleviare le ferite, i pugni e calci all'addome e il sangue dal naso. Avevo impiegato tutte le mie forze per dimenticare ciò che ero diventata, per dimenticare quei luoghi ovattati di fumo di uomini sbronzi e puzzolenti, per scordare per sempre quella fatidica sera in cui misi in atto ciò che Robert mi aveva insegnato. Aveva fatto di tutto per farmi diventare la sua puttana, colei che obbedisce agli ordini sessuali e mentali, colei disposta a tornare a casa col volto insanguinato e i lividi sul corpo, oltre che sul cuore. Mi aveva insegnato il gioco d'azzardo a impugnare come si deve una pistola, una di quelle nere e pesanti, mi aveva insegnato ad ubriacarmi come se non ci fosse un domani. Tutto quell'inferno, tutto l'odio che provavo verso la vita nell'avermi fatta cadere in una trappola così mortale si stava ripercuotendo nel presente che con cura stavo cercando costruire. Quegli incubi, ancora presenti mi davano la conferma che mai avrei dimenticato il mio passato e che esso sarebbe stato una parte di me per sempre.
-"Si è tutto vero, ti prego vai lontano da qui.. non deve scoprire dove abiti ed io e tua madre dovremmo partire al più presto"- le lacrime non riuscirono a trattenersi, ero terrorizzata.
-"Dove andrete?"- dissi, con la voce rotta dal pianto. Qualche lacrima scivolò anche per lei.
-"Non lo so.. un posto troveremo, adesso va ti prego, non tornare Nina"- indietreggiai ancora una volta, mi asciugai le guance bagnate con un gesto violento e fulmineo, indossavo ancora il cappotto presi il borsone che avevo posato accanto allo zerbino.
-"Non dirle nulla, ok?"-
-"Sta tranquilla, io sono sola e anche tua madre lo è mi prenderò io cura di lei"- ci abbracciammo, così forte da probabilmente romperci le ossa.
-"Ti voglio bene Megan"-
-"Anche io Nina, vedrai che ce l'ha faremo"- provò a rassicurarmi, con scarsi risultati ma non le volli dare un dispiacere così provai a sorriderle asciugando le lacrime sulla sua guancia destra.
-"Chi lo sa, magari ti raggiungeremo a New York un giorno"- annuì, prima di lasciare nuovamente quell'abitazione. Quando mi misi in macchina, piansi a dirotto per aver messo in pericolo mia madre e la mia migliore amica non importò di me stessa di ciò che Robert avrebbe potuto farmi, ciò che più mi faceva venir la nausa era ciò che avrebbe potuto fare alla mia famiglia, seppur non sopportassi mia madre per la dipendenza dall'alcol ella era l'unica della mia famiglia che mi fosse rimasta e dovevo temerla stretta a me. Cominciò a nevicare e dedussi che quella mezz'oretta sarebbe diventata un'ora, recuperai il cellulare dalla tasca ormai erano le due del pomeriggio non avevo neanche pranzato.

IL CORAGGIO DI RESTARE (In corso)Место, где живут истории. Откройте их для себя