43. Il profumo

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L'odore della tua pelle è musica da toccare

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L'odore della tua pelle è musica da toccare.
(vinkweb, Twitter)




Nessun rimorso, nessun tentativo di colpevolizzarmi. Ero andata via da Hudson Valley lasciando un messaggio scritto a John sulla scrivania di legno rossastro. Una piccola, minuscola parte dentro di me credeva sul serio a quegli occhi chiari e infossati dalla pelle raggrinzita e invecchiata, a quel sorriso tiepido e incoraggiante, ci avevo davvero creduto quella mattina quando mia madre con fare affettuoso mi aveva tenuto per mano e scandito per bene le sue parole, lettere, pensieri ormai sbriciolati come sabbia al vento. L'ingannatrice di mia madre si drogava, non avevo avuto neanche il tempo di decifrare che tipo di pasticche fossero le sue, e mi chiesi addirittura se Megan ne fosse stata al corrente. L'indomani l'avrei telefonata, bisognosa di una voce familiare e rincuorante, qualcuno che fino a quel momento non mi aveva mai e ancora tradita. Quel pensiero, mi riportò bruscamente a quel ragazzo arrogante, la sua immagine mi fece venir gli occhi lucidi e quel timbro severo e distaccato mi provocò una serie di brividi spiacevoli lungo la schiena. Mi maledí, immensamente per aver sbagliato ancora per essermi fidata di una persona dagli occhi furbi e sensibili, quella persona che fin dall'inizio avrei dovuto allontanare, separare, tagliare, dalla mi vita nonostante riuscisse a portare via con se i miei demoni della notte, nonostante la pace, la tranquillità che nutrivo dal giorno in cui eravamo entrati in simbiosi, dal momento nel quale ci eravamo confidati, lui l'aveva fatto e io m'ero pompata il cuore di terribili e astratte aspettative. Mi ritrovai dentro un vortice, seppure mi fossi promessa di starmene lontana dalle questione complicate, dagli amori impossibili e dai cattivi ragazzi in circolazione, tutto si stava buffamente ripetendo, con la differenza che Derek risultò molto più abile di Robert, e dei suoi occhi assassini.  Ormai c'ero finta dentro, non potevo tirarmi indietro ma neanche tirare avanti e continuare a camminare lungo la strada sbagliata. Un bruciore nel petto continuava a farmi piangere, a solcare le mie guance arrossate d'acqua salata, mi sarei dovuta prendere un po di tempo per me stessa, per poter respirare di nuovo.
-"Grazie Timor, sei stato gentilissimo"- l'uomo dagli occhiali scuri, m'osservò dallo specchietto retrovisore centrale, per poi tornare a concentrarsi sulla strada.
-"Si figuri signorina"- sorrise lievemente.
-"Va.. tutto bene?"- esitò qualche secondo, mi asciugai le guance con le dita e tirai su col naso.
-"Si, va tutto bene grazie"- mi schiarì la gola, e piantai lo sguardo sulla strada innevata che ormai scorreva veloce.
-"Deve imparare a portare pazienza signorina Stefens, Derek non è duro come sembra.."- sorrise nuovamente, rabbrividì a quelle parole, che suonarono insolite sulle labbra di quell'uomo quasi sempre taciturno e sulle sue.
-"Grazie per il consiglio.."- ridacchiai, o almeno ci provai datone il magone che avevo in gola.
-"Non c'è di che!!"-
Ringraziai profondamente Timor per avermi riaccompagnata a casa prima del previsto. Inserì la chiave nella serratura, l'odore di casa e di chiuso mescolata assieme mi fece rinsavire ma allo stesso tempo intrappolò il mio stomaco in una morsa violenta. Un borsone era già pronto, salí in camera mia raccolsi un paio di vestiti e scesi nuovamente, afferrai le chiavi della macchina e mi diressi nell'unico posto in cui ero certa di poter essere al sicuro, a casa di Jassie e Finch.

IL CORAGGIO DI RESTARE (In corso)Where stories live. Discover now