Signori e signore siamo arrivati a Richcity

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"Shania. Shania. Shania. Shania. Shania. Shania" il mio nome si ripete nella mia mente con lo stesso e frustrante tono. Forse è un urlo, di disperazione. "Shania. Shania. Shania. Shania." nei miei sogni, nei miei pensieri, nelle mie orecchie rimbomba questa sequenza per un'infinità di volte. Si ferma. Ritorno nel mondo dei sogni, ma vengo nuovamente interrotta: "Shania." stavolta in modo ancora più agghiacciante.

"Shania!" la voce ha qualcosa di familiare, che mi fa tremare come una foglia. Il mio nome sembra rimbombare nella fronte. Là sento un fastidioso dolore. Insopportabile.

Apro gli occhi. Sento la testa pulsare, come un martello che continua a battere senza interruzioni e mi causa dolore. Vedo delle sbarre. Sono in prigione? Non ricordo niente di cosa sia successo e perché mi trovi qui, ma so solo che la testa mi fa male, e tanto. Potrei essere in prigione. Lo spazio che mi separa dalle sbarre è meno di un metro. No, non può essere una prigione. Mi avvicino alle sbarre con fatica. Noto solo spostandomi che la stanza in cui mi ritrovo è minuscola. Sarà due metri. Sono praticamente forzata a muovermi limitatamente e facendo attenzione a non sbattere contro niente. È letteralmente impossibile. Ma una cosa adesso è certa, non è una prigione.

Urlo aggrappandomi alle sbarre. Riesco a vedere cosa c'ė sotto di me. Si distinguono gli alberi da quassù. Poi nient'altro. Tutto è verde. E piccolo. Sono dentro una stanza che si muove in alto, come una cabinovia. Questa specie di prigione è una cabina.

Chissà quanto ho dormito.

Mi affaccio cercando di vedere oltre le sbarre.

Ci sono altre cabine. Tutte uguali.

Appoggio la schiena alla parete e rimango a fissare il cielo per circa due ore. Fino a che la cabina si ferma.

"Che succede?" penso e mi porto in avanti per vedere meglio. "Signori e signore siamo arrivati a Richcity" rifletto ironica mentre la cabina rinizia a muoversi verso il basso. Sembra che aumenti velocità scendendo verso il grigio che pian piano prende forma. Trattengo il fiato mentre le mie mani avvolgono con forza le sbarre. Case grige e strade nere. Persone grige e strani edifici neri. C'è qualcosa in lontananza che attira la mia attenzione. Là dove sembra essere indirizzata ogni singola cabina. Un edificio gigantesco, che ha tutta l'aria di essere una prigione. È lì che mi stanno portando. Lì al margine di Richcity, in un posto che ha tutta l'aria di essere terrificante. Mi sto avvicinando a quell'edificio. Sento il sudore percorrermi la fronte. Inizio a urlare. Ma invano. Tutto inizia a farsi più scuro. Un tonfo fa tremare il pavimento della cabina. Poi si ferma. Un urlo mi scappa involontario. L'Eco lo fa ripetere nel silenzio.

Scende improvvisamente il buio totale. Che sta succedendo? Il freddo mi avvolge. - Dove sono? - sussurro nel silenzio. Sento un ticchettio metallico, seguito da uno struscichio duraturo.

Riesco a distinguere le sbarre muoversi.

Perdo un battito quando due uomini mi afferrano le braccia.

- Lasciatemi! Lasciatemi! - urlo e mi dimeno in preda al panico.

- Ferma, ora tu vieni con noi - mi ordinano e mi portano fuori dalla cabina. Noto, mentre mi trascinano, che sono all'interno di un enorme edificio. Pareti spesse e maestose. Pavimenti resistenti e scuri. Tutto questo si nasconde nel buio. Tutto è troppo scuro per notare i particolari, per sapere precisamente dove sono.

- Non voglio! - sento l'adrenalina percorrermi nelle vene. Tiro un calcio all'uomo che sta alla mia destra, ma incontro un'armatura fin troppo dura e resistente. Sento il dolore impossessarsi del piede. Mentre invece l'uomo che ho colpito sembra non essersene neanche accorto.

Ci fermiamo all'improvviso davanti ad un gigantesco cartello.

- Tu sei? - mi chiede l'uomo alla mia sinistra.

- Shania - sputo arresa. L'uomo alla mia sinistra mi alza il braccio, tenendomelo fermo con entrambe le mani. L'altro estrae una fiala e la punta verso l'alto. Fisso l'oggetto e ondate di immagini m'invadono. Batto le palpebre più volte per accertarmi che siano reali.

"Shania!" lo stesso urlo si ripete nella mia mente.

- Liam! - urlo di rimando, ricordando, e cerco di scappare da quei due uomini, che mi hanno portata via da lui. Mi hanno portata via da mio fratello, da mio padre. 

- Non muoverti! - mi urla uno dei due. L'altro mi pianta la fiala nel braccio. Stavolta però non sento niente. Intanto i due uomini continuano a contemplare il cartellone. Seguo i loro sguardi. In quel cartello ci saranno migliaia e migliaia di nomi. Tutte quelle persone che come me sono costrette a morire. E chissà, alcune anche per opera mia. Questo pensiero mi fa rabbrividire.

Dopo qualche minuto di riflessione aprono la fiala e lasciano filtrare il liquido all'interno di uno strano oggetto robotico sotto il cartellone. Una linea blu acceso percorre lo schermo touch. Vedendolo in funzione ne capisco il meccanismo: è fatto come una specie di scatola; la parete davanti ha un buco in cui viene filtrato il liquido della fiala, invece in quella in alto c'è una specie di schermo che dovrebbe fornire delle informazioni. Ed infatti nel giro di pochi istanti appare la scritta: SHANIA; 136. D'improvviso entrambi gli uomini alzano la testa verso il cartellone. Alzo gli occhi e cerco di distinguere tra i tanti nomi il mio. Appena lo trovo una "x" blu appare dal nulla. E si incide al fianco del mio nome sul cartellone.

- Stanza 136 - dice uno dei due. L'altro annuisce e riniziano a trascinarmi per strani corridoi. Celle. Persone dietro a delle sbarre notevolmente più spesse di quelle della cabina. Adesso sono veramente in una prigione. Rifletto analizzando quel poco che riesco a vedere nel buio. Probabilmente sono nell'edificio enorme che ho visto prima nella cabina. In quel tenebroso e gigante edificio, che racchiude così tante persone e non ne lascia andare neanche una.

Persone che urlano terrorizzate appena ci vedono. Insulti spudorosi o pianti e singhiozzi risuonano nell'aria. Rendendola pesante anche da respirare.

- Dove stiamo andando? - chiedo ai due uomini. Non mi rispondono. Si limitano a continuare a camminare dentro quelle armature indistruttibili. Proseguiamo per un'infinità di tempo. Ragiono incerta sulle dimensioni dell'edificio. Deve essere veramente enorme.

- E muoviti! - mi rimprovera l'uomo strattonandomi il braccio. Non evito di mostrare una smorfia di dolore. Quegli uomini hanno una forza disumana. Per questo annuisco e aumento il passo.

- Ecco qua la tua cella - mi mostrano annoiati indicando oltre le sbarre. Si spostano verso uno strano aggeggio sul muro, che ha l'aria di avere un meccanismo altamente complicato. Premono dei numeri, inserendo probabilmente un codice. Le sbarre scorrono davanti ai miei occhi.

- Forza, entra! - dice stufo uno dei due. Gli lancio uno sguardo, a mio parere, indescrivibile. Entro a grandi passi lenti. Le sbarre si richiudono alle mie spalle. Prendo grandi respiri per calmarmi. Mura grige, di un materiale che non riesco a riconoscere, lo stesso del pavimento. Tre letti, e una piccola finestra sbarrata. Una luce fioca entra e illumina il pavimento. Una lampadina, invece, cerca di rendere meno scura l'oscurità che mi avvolge. Rimango perplessa a fissare i tre letti. Non sono sola.

- Shania, sei tu? - sussurra qualcuno. Mi volto verso chi ha parlato. Si nasconde nell'ombra, non riesco a distinguerlo.

- Chi sei? - chiedo impaurita. La sagoma si fa avanti, in quel quadrato di luce che lascia filtrare la finestra.

- Non mi riconosci? - sorride, e il mio cuore si ferma, quando incontro i suoi occhi.

*spazio autrice*
Chi sarà? Nei prossimi capitoli Shania capirà un po' come sarà vivere in quella specie di prigione e chi dovrà affrontare tra non molto. E con chi dovrà condividere la sua cella eheh

Siete curiosi? Allora continuate a leggere la mia storia ;)

Vi ringrazio davvero. E scusate per la lunga attesa.
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