Il colloquio

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" Grazie ancora.." Disse Louis prendendo in braccio il figlio. Lei sorrise e basta. Poi suonò un telefono. Entrambi tirarono l'iPhone fuori dalla tasca.
"Ei!" Rispose Emily al telefono.
"Si può sapere dove diavolo sei finita?" Era Ginny. Continuava a girare per il reparto senza trovare la sorella.
"Ho avuto un'imprevisto, poi ti racconto. Ci vediamo fuori dal negozio tra 5 minuti." Disse Emily prima di chiudere.
"Usciamo con te." Disse il ragazzo sorridendo.
Si avviarono verso l'uscita.
"Come mai qui a Londra?" Chiese lui per rompere il silenzio.
"Ho un colloquio di lavoro" spiegò lei.
Arrivarono all'uscita e Emily vide la sorella. Appena vide la scena, Ginny sgranò gli occhi, incredula. Non poteva credere al fatto che sua sorella stesse uscendo dal negozio al fianco di Louis Tomlinson. Emily capì il suo intento e le fece cenno di finirla. Così, la minore si calmò.
Emily diede una carezza al bambino e li salutò per poi avvicinarsi alla sorella.
"Ei! Ma aspetta! Com'è possibile? Cos'è successo?" Ginevra non smetteva di fare domande.
"Niente, gli ho ritrovato il figlio." Rispose la sorella prima di mettersi a ridere.
"E non hai chiesto ne foto ne niente?" Andò avanti.
"Ma no dai, si sentiva una merda lì così.. aveva appena perso il figlio." Spiegò di nuovo.
Ginny si mise a sogghignare e annuii, capendo la situazione.
Fecero un altro giro per negozi. Si riempirono di sacchetti pieni di vestiti e accessori, poi mangiarono qualcosa e tornarono in albergo.
Passò anche il weekend e le due sorelle avevano già visto abbastanza bene quasi tutta la città.

Arrivò lunedì, il giorno del colloquio, che sarebbe stato alle 15.00. Emily e Ginny si svegliarono tardi, in torno a mezzogiorno. Così decisero di ordinare il servizio in camera e di prepararsi.
Emily si mise una camicetta bianca e dei jeans blu. Degli stivaletti marroni abbinati con la borsa, una giacca nera, giusto per sembrare un pochino più professionale, e un paio di occhiali da sole molto grandi. La sorella, invece, un vestitino rosa, con una stampa floreale. Entrambe erano pronte, così, dopo esser passate nuovamente dalla hall, salirono sul van diretto all'indirizzo che Emily aveva trovato nella busta.
Dopo circa 20 minuti si trovarono di fronte ad un edificio fatto completamente di vetro, altissimo. Si guardarono un po' stupite ed entrarono.

Emily's pov

"Sono qui per un colloquio." Dissi una volta arrivata vicino al bancone all'ingresso, cercando la busta nella borsa.
La trovai e la mostrai alla ragazza seduta lì dietro. Le diede un'occhiata veloce e mi guardò sorridendo.
"Certo, chiamo subito. Accomodatevi pure." Io le sorrisi.
Dopo pochi minuti ci richiamò,
"Prego, il signor Barker vi sta aspettando." Disse allungando il braccio verso delle scale.
La ringraziammo e andammo via. Una volta salite ci trovammo davanti ad un'enorme sala riunioni anche questa completamente in vetro. Il signore al suo interno si alzò di scatto e si avvicinò alla porta.
"Prego, prego, entrate!" Ci invitò lui.
Entrammo e ci sedemmo sulle due sedie preparate per noi.
Il signore si avvicinò e porse ad entrambe la mano per presentarsi.
"Robert Barker." Disse sicuro.
"Emily Brown." Risposi.
"Lei è mia sorella, Ginevra Brown."
"Molto piacere." Disse lei.
Iniziammo a parlare. Inizialmente gli mostrai il curriculum e il mio menu, poi risposi a qualche domanda a proposito dei piatti e delle mie capacità. Sembrava contento. Poi però una domanda mi venne spontanea.
"Scusi signor Barker, sono contenta che il menu le piaccia, e che le piacciano le mie idee ovviamente.
Ma il lavoro in cosa consiste?"
"Giusta osservazione." Cominciò lui.
"Io sono uno dei più grandi responsabili e organizzatori di eventi e concerti di tutto il Paese e come le ho già detto sto organizzando un nuovo evento. Davvero molto importante. Penso che entrambe nell'arco della vostra vita abbiate entrambe sentito parlare della boy band One Direction..."
Entrambe annuimmo.
"Ecco. Siamo arrivati al decimo anniversario del gruppo e, io, sto organizzando la loro Reunion e vorrei chiedere a lei, signorina Brown, di occuparsi del catering. Sia durante i concerti, che durante tutte le prove del gruppo." Concluse con un grande sorriso.
Non sapevo cosa rispondere. Mia sorella ovviamente era già felice solo della proposta.
Poi il famoso organizzatore mi mise un foglio davanti agli occhi. Iniziai a leggere.
Era una documentazione contenente tutti i gusti dei ragazzi, i vari pasti di cui avevano bisogno durante
le prove e, infine, le date e i luoghi dei concerti. Lo mostrai a mia sorella Ginny.
"Tour mondiale?" Chiesi con gli occhi spalancati.
"Certamente! Dobbiamo accontentare tutte le nostre fan!!"

Certamente

Pensai. Il lavoro sarebbe stato estenuante, davvero davvero difficile. Poi però ci pensai su di nuovo.

Già estenuante... ma quando mi ricapiterebbe un'opportunità del genere?
Girei il mondo con una delle mie band preferite! Mi divertirei tantissimo con mia sorella in cucina... poi sarebbe come tornare bambina...
chissà come sono cresciuti tutti...

"Ci stiamo." Dissi senza respirare. Ginny sorrise.
"Non avevo dubbi! Ne ero certo dal momento in cui le ho spedito quella lettera." Mi spiegò entusiasta Barker.
"Le prove sono iniziate sta mattina presto, i ragazzi si vedranno 6 giorni su 7, a volte la mattina e a volte il pomeriggio in uno studio qui nella periferia di Londra."
"Iniziate domani, ma penso che si giusto presentarveli già oggi." Disse prima di alzare la cornetta del telefono e chiamare il suo autista per farci portare allo studio.
"Beh allora ci rivediamo in settimana per firmare il contratto." Concluse prima di liquidarci. Noi annuimmo.
"Ah!" Urlò quando ormai eravamo quasi fuori dalla porta.
"Mi dica." Risposi girandomi.
"So che sembra una cosa azzardata e frivola... ma cercate di legare con i ragazzi. Non so... cercate di farci amicizia."
Ero abbastanza confusa. Di solito chiedono il contrario, di essere professionali e distaccati. L'organizzatore, infatti, notò la mia espressione e si schiarì la voce prima di parlare nuovamente.
"Si sapete, non sono più abituati a lavorare insieme e, magari, hanno bisogno di una persona, ehm si, esterna diciamo, con cui fare due chiacchiere. O sfogarsi un po' ecco."
Ovviamente accettai la proposta. La definivo una cosa quasi impossibile; alla fine chi mai si sarebbe aperto e sfogato con la persona che gli prepara i pasti.
Salutammo definitivamente, uscimmo dall'edificio e salimmo sulla macchina posteggiata lì fuori.

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