Prologo - Nero

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Osservò il lavabo pieno di schiuma e acqua sporca con sguardo perso. Poi infilò le braccia fino ai gomiti in quel liquido leggermente maleodorante e prese a lavare l'ennesimo bicchiere di quella serata.

Chuuya era un ragazzo normale, con una vita dannatamente normale.
Aveva iniziato da qualche mese le superiori e quando non studiava si rimboccava le maniche e faceva tutti i lavori che riusciva a trovare per racimolare un po' di soldi. Quel giovedì sera, come tutti i giovedì, i martedì e  i sabato sera faceva il lavapiatti in un locale carino, ma un po' scialbo, il "Lupin". Si passò un braccio leggermente umido sulla fronte per scostarsi dagli occhi i capelli arancioni in crescita e sbuffò stancamente. Anche quella sera il lavoro da fare non mancava, sarebbe tornato a casa tardi.

Speriamo solo che la nonna non si preoccupi, pensò mentre immergeva nell'acqua un'altra pila di bicchieri sporchi e li guardava intensamente quasi sperando che sotto il suo sguardo quelli si lavassero da soli.
Si stiracchiò e si guardò attorno trovandosi solo nella piccola cucina del locale, dopo un sospiro si arrese e tornò al suo lavoro.
Strofinò un bicchiere controvoglia, la sua energia quella sera sembrava essere sparita, la monotonia in cui la sua noiosa vita lo stava trascinando sembrava lentamente annientarlo. Scuola, lavoro al Lupin, compiti, fare il babysitter, dare ripetizione e aiutare in officina. Aveva solo sedici anni e già si sentiva morire.
Non aveva nemmeno realizzato il suo stupido e folle sogno. Un sogno così stupido, ma per il momento per lui irrealizzabile.

Si asciugò le mani nel grembiule macchiato con la stanchezza di un vecchio. Poi prese ad asciugare la pila di bicchieri, piatti e vassoi che aveva appena sciacquato. Mentre passava lo strofinaccio appena umido su un vassoio d'argento, incontrò i suoi occhi blu nel suo riflesso, leggermente distorto dal metallo di cui era fatto e dalle goccioline d'acqua.
Poi distolse lo sguardo per cercare con gli occhi l'orologio a parate del locale, trovandolo suo malgrado fermo su un'ora decisamente sbagliata, non potevano di certo essere le due e ventisette minuti e quarantatré secondi.
Si asciugò per bene la mano sul grembiule e recuperò il telefono che teneva nella tasca. Era quasi l'una di notte, lui non aveva ancora finito e il giorno dopo lo aspettava l'ennesima e noiosa mattinata di scuola. Sbuffò seccato, ma non si lamentò, non si lamentava mai. Perché se c'era una cosa che aveva imparato durante i suoi numerosi lavoretti era che lamentarsi era solo un inutile spreco di fiato, farlo non faceva passare il tempo più in fretta, né diminuiva l'insofferenza, aveva imparato a stringere i denti e a darsi da fare.

Finito il lungo lavoro di lavaggio piatti e pulizia del negozio uscì infilandosi la felpa e salutando il padrone del locale, poi si incamminò lungo le strade buie.
Istintivamente alzò gli occhi al cielo nella speranza di vederci le stelle. Un gesto che sapeva inutile, ma ormai era abituato a fare.
Come al solito i suoi occhi si tuffarono in un cielo di nero assoluto. Non sarebbe mai riuscito a vederle. Non da lì...
Non dalla sua monotona vita nella sua monotona città.
Ormai si era arreso all'idea che il cielo per lui sarebbe rimasto per sempre un soffocante velo nero.


A. A.
Ed eccoci qui con una nuova storia. Spero vi piaccia come l'altra.
Vi avviso già che questa avrà parecchi capitoli di più e una trama un po' più sviluppata. Ho già vari capitoli pronti quindi in questi giorni aggiornerò frequentemente.
Vi ricordo come sempre di lasciare una stellina se la storia vi sta piacendo e vi chiedo scusa se ci saranno degli errori perché per quante volte rileggo può essere che me ne sfugga qualcuno.

We are falling like the stars - SoukokuHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin