48. Last party

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All'esterno, le pareti ocra erano decorate da piastrelle colorate, smaltate, luccicanti, un irregolare cappotto da Arlecchino per la villa. Il tetto, di tegole di terracotta rossa, era chiazzato di muschio e tillandsie fiorite, piccole piante dalle foglie nastriformi che davano un'aria tropicale alla costruzione e fra quelle improbabili aiuole sospese spuntavano pannelli solari neri. Vasi enormi, di plastica o di ceramica ma tutti colorati e con complicati disegni, ospitavano palme da cocco e da dattero ed erano ovunque.

Grandi finestre e porte scorrevoli di vetro lasciavano intravedere la mobilia chiara.

«Casa tua è piuttosto grande» Commentò Cherry, senza lasciare intuire che fosse impressionata.

In effetti non lo era: era piuttosto contenta di vedere un bel posto, ma non sorpresa né toccata. Le era stato facile immaginare che la casa di Hawk Storm fosse eccentrica come lui. Bella come lui, in quel modo strano, in bilico fra l'infantile e l'intellettuale.

«Piuttosto grande» Ripeté Anya, seccata «Sei nella tana del trio della morte e questo è tutto quello che hai da dire?»
«Lasciala stare» rise mister Storm «De gustibus non disputandum est»

«Non sembra molto la tana di un trio della morte» commentò Cherry «È molto colorata»
«Di notte sembra più sinistra» concesse Hawk, chiaramente divertito «Vogliamo entrare?».

Dentro, la casa era bianca. Un bianco abbacinante, come la proverbiale luce in fondo al tunnel: bianchi i divani di pelle, bianco il pavimento, bianche le pareti, bianca la cornice del televisore a schermo piatto, bianche le sedie e i tavoli, bianco il pianoforte a coda, bianca la porta della cucina e bianco, bianchissimo, il teschio di cervo wapiti con enormi palchi che ornava una delle pareti del salotto, interamente sbiancato.

Cherry si imbambolò a guardare il teschio. Non poteva fare a meno di domandarsi se Hawk fosse un cacciatore (e il cervo fosse un suo trofeo) oppure se lo avesse comprato su internet come un qualunque riccastro eccentrico che vuole arredare casa propria. Lei reputava i trofei di caccia una cosa importante, che poteva dire molto di una persona, e quello lì era davvero mostruoso, con le corna più ampie che avesse mai visto e che gettavano ombre grigie e misteriose sulla parete candida.

«Ti piace Andy!» Disse mister Storm allegro, affiancandola

«Andy?» Cherry lanciò solo uno sguardo all'uomo prima di tornare a fissare il teschio

«È il suo nome. L'ho chiamato così»

«È un wapiti, giusto?»

«Wapiti?».

Cherry trattenne uno sbuffo di disapprovazione: Hawk non sapeva neanche che animale fosse!

«Io lo chiamo cervo canadese» Continuò l'uomo «È un Cervus elaphus canadensis. Non sapevo che il suo nome era anche wapiti»

«Fosse» lo corresse Anya, camminando in direzione della cucina

«Fosse. Che il suo nome fosse anche wapiti».

Cherry annuì, un po' sollevata.

«Lo chiamano anche "elk"» Spiegò la ragazza ipnotica

«Elk! Sì, Elk!» Hawk fece un saltello, facendo battere i tacchi sul pavimento «Così lo chiamano! Cervo canadese o elk. Wapiti non lo sapevo»

«Gli algonchini lo chiamano wapiti, significa "cervo bianco"»

«Mi piace. Andy il wapiti!» mister Storm incrociò le braccia, sorridendo fiero «L'ho preso con le mie mani. È stata una splendida battaglia».

Cherry sentì un piccolo fremito dentro di sé... no, Hawk Storm non era un riccastro che aveva comprato la testa di un superbo animale a qualche asta su internet, lui era un cacciatore. Accipiter gentilis.

Shadowfawn - La Ragazza IpnoticaWhere stories live. Discover now