5. Meglio di no, Maris

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La festa fu un successo. Nonostante fossero solo quattro persone, fecero dei piccoli giochi a premi in cui il vincitore aveva diritto di volta in volta a un dolciume diverso, guardarono un documentario sui puma (in cui scoprirono che una femmina di quaranticinque chili può abbattere un caribù che ne pesa trecentosessanta), fecero a pezzi una pentolaccia a forma di cervo (bruttina a dire il vero, ma l'aveva costruita Gara nel tempo libero) e mangiarono patate al forno con fiumi di ketchup, tacchino arrosto e la torta, il tutto abbondantemente annaffiato dalla bibita preferita di Cherry, l'Hypno-cola alla fragola.

Maris si divertì un mondo, sospesa fra l'ilarità e la paura. Quel puma che le girava intorno, lo stesso tipo di animale che in televisione aveva visto abbattere un cervide gigantesco, era al contempo un grosso gatto coccoloso e un fiero predatore, un leccatore di piatti sporchi di panna e un corpo tutto muscoli capace di arrampicarsi in cima ad un armadio con un balzo.

Quando la festa finì, il cielo aveva iniziato a colorarsi di una patina violacea che prediceva il sopraggiungere svelto della sera. Cherry si sentiva stanca, ma in modo piacevole; rivedeva scene dei momenti appena vissuti nella propria testa, osservandoli come la visitatrice allegra di una mostra fotografica.

Tom stava mettendo da parte una fettina di torta per Maris, tra due piattini di plastica gialli.

«Ti va bene così? Vuoi portarla a casa, sì?»

«Sì, signor Gale» Maris annuì. Era incredibile quanto fosse calma con il signor Gale, opposto al trattamento che riservava alla propria stessa madre. O almeno, lo sarebbe stato per qualcuno che non fosse a conoscenza del potere di Tom.

«Ti sei divertita?»

«Sì. È stata la festa più bella a cui sono stata»

«Davvero? Mi fa piacere».

Cherry caracollò verso la finestra e la aprì, allungandosi in punta di piedi, lasciando ai suoi genitori il compito di sparecchiare la tavola.

Da fuori entrò una prima zaffata di aria fresca che le accarezzò le guance e gli avambracci, profumata dei fiori notturni che iniziavano ad aprirsi, gelsomino e bella di notte, e di quell'aroma unico che per lei era semplicemente "la sera". Appoggiò le braccia al traverso inferiore, inspirando a fondo, sentendo come l'aria le riempiva il petto, facendolo dilatare.

Anche se lo stava vedendo da una piccola finestra, il mondo le parve molto grande. Le figure degli alberi stavano iniziando a tingersi di tinte bluastre, mente il sole si nascondeva sempre più giù nel bosco, cercando una tana dove andare a riposare fino all'indomani. Adesso gli animali e le piante del giorno andavano a dormire, e quelli della notte uscivano a giocare, si disse.

Non sapeva bene come spiegare cosa sentiva in quel momento. Era la nostalgia di aver ritrovato qualcosa che non aveva mai incontrato prima, una sorta di felicità che non la riempiva di energie, ma la colmava di una certa dolcezza.

«La festa è finita?».

Cherry trasalì e si voltò, trovandosi accanto Maris. Le rivolse una mezza occhiataccia prima di annuire: «Sì, è finita. Ora puoi tornare a casa»

«Però quella scema non sa quando venire a prendermi» la bambina sbuffò, roteando gli occhi scuri, prima di specificare «Mia madre, cioè, non lo sa»

«Guarda che ti ha detto che viene a prenderti alle sette. Fra dieci minuti, quindi. Perché ne parli sempre male?»

«Di mia madre?»

«Ah-ah. Sembra che vi odiate».

Maris sbuffò di nuovo, abbassando lo sguardo sulle proprie scarpe.

Shadowfawn - La Ragazza IpnoticaWhere stories live. Discover now