14. La Tragedia

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«Non voglio lasciarvi» Disse lentamente Cherry, come stordita. Si sentiva strana, confusa.

Non era così che le cose dovevano andare. I suoi genitori avrebbero dovuto accettare la sua decisione, avrebbero dovuto volerla sostenere e proteggere. L'avevano fatto per tutta la sua vita, perché adesso Gara le andava contro in quel modo?

Per qualche motivo, la frase di sua madre continuava a riaffiorarle tra i pensieri. Tu vuoi lasciarci.

Gara abbaiò una risata breve, ma non c'era allegria: «Ti avevo detto che eri troppo giovane per certe cose, non stai lasciando parlare il cervello. Vuoi andartene per questo Ryan? Vuoi lasciarci?».

Gara si avvicinò di due passi. Il primo impulso della figlia fu quello di indietreggiare, ma invece si drizzò in tutta la sua statura. Per qualche motivo, la cosa sembrò fare arrabbiare di più Gara.

«Che stai facendo?»

«Non capisco» disse onestamente Cherry. C'era qualcosa che non andava; non aveva mai visto Gara così arrabbiata, non con lei, e la cosa la spiazzava del tutto.

Prince affacciò alla finestra, attirato dalle voci alterate che venivano dentro casa, ma sparì poco dopo. Cherry pensò, incongruamente, che erano anni che la signora Douglas frequentava casa loro e non si era mai resa conto che Prince non era un gatto dato che non lo aveva mai visto.

«Oh, io capisco perfettamente» Disse Gara, la sua voce più bassa ora, intima. Allungò una mano, quella del braccio sano, e prese una di quelle di Cherry tra le sue, dolcemente, abbassando lo sguardo sulle loro dita.

Le loro mani erano diverse: grandi e abbronzate quelle di Gara, coperte di minuscole vecchie cicatrici, piccole e chiare quelle di Cherry, delicate e giovani. Per altri versi si somigliavano invece, come nella stessa forma delle dita lunghe e affusolate e del polso forte. Le mani di Gara non sembravano più molto delicate per via di tutto il lavoro manuale che praticava e, se Cherry avesse continuato lungo la strada che aveva tracciato per sé stessa sin da bambina, le loro mani avrebbero finito per somigliarsi sempre di più.

Cherry sentì una punta di sollievo, e un'ondata di affetto.

Ora credeva di capire. Sua madre non voleva perderla, tutto qui: nella sua paura di non riuscire nel proprio piano credette di non essere riuscita a vedere dagli occhi della donna che l'amava più di ogni cosa al mondo e che temeva ora che fosse ferita, uccisa, messa in pericolo. Perché la amava.

Quando Gara riprese a parlare la sua voce era praticamente un sussurro, come se stesse parlando a sé stessa anziché alla figlia: «Ora le cose non saranno più perfette, vero bambina mia? Eravamo riusciti a fare le cose per bene fino ad un certo punto, ma adesso... stanno cambiando. Ma tu sei sempre stata felice con me, vero bambina? Ti ho mai fatto soffrire?»

«Certo che no, mamma» rispose Cherry, teneramente «Sei la migliore, ti vorrò sempre bene»

«Mi fa piacere sentirlo» Gara abbozzò un sorriso «Quando una cosa comincia a cambiare è difficile arrestare il cambiamento. È come le erbacce in un vaso: puoi strappare via gli steli, sforzarti di mettere tutto in ordine, ma finché non si cambia il terreno ci saranno sempre dei semini pronti ad infestare ciò che coltivi»

«Sì» ridacchiò Cherry «Queste cose te le ha insegnate papà però! Lo sappiamo che è lui a coltivare qui»

«Già. Tuo padre» ripeté la donna «Anche lui è cambiato col tempo, vero? Solo io sono rimasta uguale».

Tom era seduto al suo posto, guardando placidamente la sua famiglia.

«Magari giusto un po'» Concesse Cherry «Ma lo hai detto anche tu, è normale cambiare»

Shadowfawn - La Ragazza IpnoticaWhere stories live. Discover now