18. Verso un altro ospedale

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I test avevano mostrato che la ferita stava guarendo bene, il sangue perso si stava riformando alla grande e che in generale era tutto a posto, se si pensava che la paziente era stata quasi uccisa da una coltellata. La medicazione semi-rigida era stata sostituita da un bendaggio soffice e Cherry adesso poteva muovere il collo come le aggradava.

«Purché tu non faccia movimenti troppo bruschi e non ti sforzi troppo» Le aveva detto il dottore, un uomo dall'aspetto giovanile con la faccia lunga e gli occhialetti rotondi «La ferita guarirà bene»

«Mi rimarrà la cicatrice?» domandò Cherry, facendo penzolare i piedi dallo sgabello su cui era seduta

«Sì, è molto probabile» l'uomo annuì «Ma sarà sempre possibile rimuoverla con la chirurgia plastica, quando sarà completamente guarita».

La ragazza passò l'indice sul bordo della medicazione, saggiando la consistenza della garza. Non era sicura di volersi fare rimuovere la cicatrice, ma neanche di volerla addosso. Era molto confusa e l'idea che la ferita inferta da sua madre potesse lasciarle un segno, in un punto così visibile poi, la metteva a disagio. Ogni mattina, quando si sarebbe guardata allo specchio, avrebbe visto la linea bianca e dritta che un tempo era stata il taglio che l'aveva quasi uccisa.

«Comunque puoi andare. La dottoressa Cosmos ti sta aspettando alla reception».

Cherry saltò giù dallo sgabello, che sembrava essere stato costruito per persone alte il doppio di lei, e si avviò lungo il corridoio. Non aveva effetti personali che voleva portare con sé, perciò non passò dalla stanza in cui era stata recuperata e scese direttamente al piano terra.

La dottoressa Cosmos stava chiacchierando con la receptionist, il gomito appoggiato al bancone, e sembrava assolutamente radiosa. I suoi lunghi capelli scuri ricadevano lungo la schiena come una cascata ondulata, creando un contrasto gradevole con la stoffa rossa del suo vestito, femminile e stretto in vita da una cintura sottile. Indossava scarpe bordeaux con il tacco medio, lucidate così tanto da mandare lampi ogni volta che la donna muoveva i piedi.

Cherry alzò la mano in segno di saluto e la dottoressa le sorrise.

«Cherry! Allora, è andata bene?»

«Benissimo» confessò la ragazza «Il dottore ha detto che possiamo andare. Mi hanno anche cambiato la fasciatura con questa più leggera»

«Splendido» il sorriso della dottoressa era bianco, splendente «Allora vieni con me» si rivolse brevemente alla receptionist «Ciao, Carla. Adesso devo andare, ma ci possiamo vedere domani per quella consultazione, se vuoi»

«Ciao, Rosie» gracchiò la receptionist, con una voce assolutamente da ranocchia.

Cherry dovette serrare le labbra e trattenere il respiro, mentre seguiva la dottoressa, per evitare di ridere rumorosamente. Fissò Rosie, che camminava davanti a lei per guidarla, e notò quanto fosse piccina quella donna, più bassa di lei di almeno dieci centimetri. Pensò che se avesse voluto avrebbe potuto aggredirla e averne ragione in pochi secondi... ma adesso non ne aveva voglia. E il medico le aveva detto di non fare sforzi. Ma aggredire una donna alta un metro e cinquantacinque era uno sforzo, per una ragazza abituata a giocare con un puma?

Rosie si fermò a fianco di una macchina blu dozzinale, un modello che era fuori produzione almeno da dieci anni, con il paraurti tutto graffiato. Con i soldi che guadagnava, in quanto direttrice di un istituto di igiene mentale, avrebbe potuto permettersi qualcosa di meglio, dunque doveva essere una scelta quella di tenere quella vecchia carretta.

«Andiamo!» Esclamò allegramente, aprendo la portiera «Sali».

Cherry obbedì e immediatamente fu avvolta da un odore forte di limone e rose. L'abitacolo dell'auto era pulito e profumato, inimmaginabile semplicemente guardando la macchina dall'esterno.

Shadowfawn - La Ragazza IpnoticaWhere stories live. Discover now