14.

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canzoni consigliate per questo capitolo

1) Experience- Ludovico Einaudi

2) Another Love- Tom Odell (ascoltatela quando vedete (*) fidatevi di me, fatelo)

3) Line Without a Hook- Ricky Montgomery

*flashback* - nessuna prospettiva

La ragazza giaceva seduta in un angolo del bagno con la testa tra le ginocchia, le mani immerse nei capelli che li torturavano di continuo, cercava di respirare profondamente mormorando alcune cose incomprensibili, mentre provava a calmarsi da sola, come aveva sempre fatto, non aveva mai avuto bisogno di nessuno pronto ad aiutarla ad uscirne fuori per l'ennesima volta.

Pregava smettesse il più presto possibile, anche se sapeva sarebbe durato più del solito, perché ogni volta che le ricapitava di avere un attacco di panico, diventava sempre più intenso e durava sempre di più, ma alla fine ne era sempre uscita fuori.

"Come può una donna così perfetta dall'esterno, soffrire così tanto da lacerarsi internamente?"

Iniziava a singhiozzare mentre nella sua testa si ripeteva le parole che l'avevano sempre aiutata, faceva male sapere di essere sempre da sola anche in mezzo ad una stanza piena di persone.

"Allora è proprio vero che puoi sentirti totalmente solo anche quando sei accerchiato da persone che dicono di amarti?"

Lei aveva imparato che la gente è brava a mentire, molto brava. Spesso ti dice tante cose belle, ma nemmeno il 2% di queste sono vere. A volte la gente ti chiede come stai solo per abitudine di chiedertelo, aspettandosi che tu gli risponda di stare bene senza scrollargli i tuoi problemi addosso. Per questo, quando diciamo di star bene per abitudine, diventiamo già degli abili bugiardi, poiché i bugiardi più esperti sono quelli che credono perfino loro stessi alla bugia che hanno appena raccontato. Siamo tutti bugiardi, non possiamo fidarci nemmeno di noi stessi.

"Ma se non possiamo fidarci proprio di nessuno, in cosa possiamo confidare? In Dio? Nel Karma?"

Ognuno crede in ciò che ritiene più valido, ma la ragazza fragile, inerme sul pavimento, credeva nel Destino una volta, era sicura esistesse, ma con il tempo aveva cominciato a chiedersi perché il Destino avesse deciso quella vita per lei, si chiedeva cosa aveva mai fatto per meritarsela, quindi con il tempo aveva iniziato a pensare che, forse, non c'era nessun destino a dirigere la sua vita; semplicemente esistevano delle coincidenze che rendevano la tua vita un inferno o la facevano diventare il paradiso terrestre, esisteva la fortuna e la sfortuna.

Non si era mai pentita di niente, aveva una ventina di tatuaggi di cui non si pentiva, ma c'era l'unico tatuaggio che le infastidiva ormai da tempo. Era posizionato poco sopra il gomito, era proprio la scritta "Destiny" che non riusciva a guardare, non voleva credere che il destino, qualora fosse esistito realmente, le avesse riservato una fine crudele e una strada così frastagliata da superare.

«Starò bene, ce la farò da sola» continuava a ripetere tra i singhiozzi, mentre i suoi occhi si appesantivano sempre di più, il cuore le palpitava nel petto e la fronte si riempiva di goccioline gelide derivanti dal sudore.

Desiderava solo che finisse anche questo attacco di panico, non riusciva a pensare ad altro se non a quel corpo disteso a terra, ricoperto di sangue, mentre lei si voltava dalla parte opposta fingendo che non conoscesse la persona che luccicava per via dei flash puntati addosso, non aveva provato assolutamente niente. Si era sentita quasi sollevata e questo la rendeva un mostro.

«Sono un mostro e mi merito il mio Destino.»

*fine flashback*

***

The dawn of destiny. H.S.Onde histórias criam vida. Descubra agora