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Harry Styles

Erano passati nove mesi da quando l'avevo lasciata a casa mia da sola, con la cagnolina, che era diventata come una figlia per noi. Ero venuto a Los Angeles perché sapevo ci sarebbe stata lei, Alessandro mi aveva detto che aveva scelto lei per rappresentare la sua nuova collezione, aveva deciso di introdurre, per la prima volta nella storia della moda, una modella short, di bassa statura, in passerella, colei sarebbe stata proprio Melany ed io non mi sarei mai perso la sua prima sfilata, in tutta la sua bellezza.

Avevo finto di essere un fotografo per non farmi riconoscere né da lei, né da fan o paparazzi. Mi ero fatto procurare una macchina fotografica di ultimo modello, grossa quanto un bazooka che pesava almeno la metà di me, immancabile era stato un cappello con visiera, completamente nero, così come tutto l'outfit, occhiali da vista ed una mascherina che avevo usato per coprire la parte inferiore del mio viso. Avevo usato la stupida scusa di essere raffreddato e di non voler trasmettere l'influenza a nessuno. Ovviamente il pass da partecipante come staff mi era stato procurato direttamente da Alessandro, era l'unico a sapere tutto, ma letteralmente qualsiasi cosa avessimo passato noi due insieme, tralasciando i dettagli riguardo ai suoi segreti, quelli non mi sarebbero mai e poi mai usciti da bocca, nemmeno sotto tortura.

Era stato inaspettato il momento in cui la rividi di nuovo dopo mesi, era cambiata. Aveva tagliato i capelli, erano corti, cosa che non avrebbe mai fatto prima, aveva un accenno di frangetta, ma lei era sempre lei, bella come nessun'altra.
In quel momento, ricordo di averla fissata tutto il tempo mentre si sistemava una cerniera ai lati della gonna, si stava preparando per la sua uscita al mondo come futura modella più famosa al mondo, la prima modella bassa della storia.

Armeggiava con la cerniera come se fosse di cristallo e avesse paura che si potesse rompere da un momento all'altro soltanto toccandola. Da lì a poco, si spensero le luci per cominciare lo show, ma uno spiraglio di luce artificiale mostrava lei in penombra, ed io ero ancora lì, nascosto tra gli spalti, a guardarla nei suoi gesti semplici e quotidiani che mi mancavano come l'aria. Nell' esatto momento in cui stavo pensando di entrare anche solo per abbracciarla, lei aveva sfilato dal suo borsone, poggiato sulla specchiera, un contenitore in plastica al quale aveva avvicinato la mano, lasciando scivolare una piccola pastiglia bianca tondeggiante che aveva lanciato in bocca deglutendola senza nemmeno un sorso d'acqua.

Avevo cominciato a chiedermi per cosa fossero quelle medicine, magari stava male quel giorno, oppure se si trattasse di un semplice tranquillante per la troppa ansia, ma ciò che mi fece stringere il cuore in una morsa di dolore venne dopo, quando, con un gesto semplice, sfilò una collana dal colletto della sua camicia colorata con il quale avrebbe sfilato: era una collana semplice, costituita da una catenina dorata molto sottile, il ciondolo non era altro che l'anello che le avevo regalato, che brillava sotto la luce dello specchio di fronte a lei.

Avvicinò l'anello con la pietra verde alle sue labbra, lasciandoci un bacio leggero, per poi stringerlo tra le dita, mentre lo appoggiava al cuore.

«Lei cosa sta facendo qui? Non può stare qui, torni nella sala principale.» mi aveva interrotto un uomo alto quanto me, era strano, sembra una versione diversa di me qualche anno prima.

«Stavo cercando il bagno...» avevo inventato per non sembrare un pazzo maniaco.

«Deve andare in quello dello staff, qua possono stare solo persone autorizzate.» ma aveva detto con un tono duro, quasi come se fossi una nullità, ma lui non sapeva proprio niente.

«Perché lei chi è, scusi?» avevo chiesto curioso di sapere perché fosse lì.

«Sono una persona molto vicina alla protagonista della serata. Ora vada per favore.» insisteva.

Il suo modo di pregarmi di andare via, mi aveva fatto capire che sapesse benissimo chi fossi io e non ci voleva un genio per capire che fosse il suo nuovo fidanzato o qualcosa di simile. Ciò che però mi aveva tranquillizzato riguardo la nostra promessa era che lei pensasse ancora a noi e che, molto probabilmente, ero ancora inciso nel suo cuore.

Avevo passato il tempo a pensare per cosa fossero quei medicinali, durante tutta la durata della sfilata, riponevo tutta la mia attenzione verso di lei quando sfilava in passerella, il sorriso smagliante e le lacrime mi punzecchiavano gli occhi alla vista di quel piccolo solco sotto gli abiti all'altezza del collo, dovuto al mio regalo di Natale.

Sarebbe dovuta essere mia moglie quel giorno se tutto fosse andato per il verso giusto. Avrebbe avuto una fede al dito con inciso il mio nome all'interno ed io avrei avuto lo stesso anello ma con il suo nome. Quel pensiero mi aveva turbato per tutto il tempo, il suo nome inciso in un anello, ma non sarebbe bastato, così il giorno dopo me l'ero fatto incidere sul corpo, proprio come lei aveva il mio cognome, io avrei avuto il suo nome sempre con me, se non avrei potuto avere lei, almeno avrei avuto il suo nome.

Melany.

Inciso all'altezza del cuore, in modo che quando mi sarei specchiato, avrei visto quel nome per il resto della mia vita, ricordandomi quanto fosse importante per me, la mia anima gemella.

Per un solo istante, quella sera, avevo incrociato il suo sguardo, avevo creduto mi avesse visto, ma sembrò del tutto indifferente, quasi come se fosse abituata a credere di vedermi e questo pensiero mi uccideva profondamente.

A fine serata mi ero avvicinato, di nuovo al suo camerino, stavolta pensavo non mi avrebbe visto nessuno, dal momento che tutti erano impegnati ad attendere che uscisse Melany con l'ultimo abito, quello più importante della collezione.

«Senti, so perché sei qui, smettila di voler cercare di incontrarla.» mi aveva fermato di nuovo l'uomo di prima.

«Ma tu che cazzo...» stavo per per dire prima che mi zittisse

«Devi lasciarla in pace, non hai idea dei danni che le hai creato e che continui a crearle, la romperesti ancora di più se ti facessi vedere adesso senza nessuna intenzione di guarirla e tornare a farla sorridere come sto cercando di fare io ogni giorno da quando l'ho incontrata.» non mi aveva lasciato rispondere, non volevo nemmeno, non avrei saputo che dire, perché ciò che diceva aveva senso. «Fidati se ti dico che le manchi più della sua stessa aria e probabilmente mi odierebbe se sapesse che oggi ti sto allontanando da lei, ma io voglio solo che stia bene, con o senza di me, e sono convinto che se ci tieni anche solo un minimo a lei, farai ciò che sai è giusto per lei. Ossia, lasciarla libera di vivere di nuovo, di farsi una nuova vita, di ricominciare da capo. Naturalmente non sarà mai felice come quando stavate insieme voi due, e lei non lo dimenticherà mai, così come io e nessun altro potrà mai obbligarla o convincerla a togliere quell'anello ingombrante dal suo collo, è parte di lei e lo terrà fin quando vorrà. Non toccherò mai il vostro amore, perché per lei è sovrumano, ma per favore, ti supplico, lasciala andare.»

Era stato dopo quelle parole che avevo deciso di ascoltare le parole di quello sconosciuto per me, ma per lei un dono del destino, non avevo nemmeno terminato di vederla sfilare con quell'abito splendido, avevo dovuto lasciarla libera di tornare a vivere. Da quel giorno mi ero promesso che l'unica speranza di un ritorno sarebbe stata soltanto la nostra promessa, in caso contrario, non l'avrei più cercata.

Ed è oggi che abbasso il viso sulla rosa stretta tra le dita, e il caffè che ormai non aveva più ghiaccio al suo interno, quella speranza era morta lì, tra la Fontana di Trevi e la Farmacia, niente sarebbe tornato come prima.

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Ma ehiii!
Lo so, non scrivevo da molto e non è granché, però credetemi quando vi dico che avevo un blocco dello scrittore immenso.

Nonostante ciò fatemi sapere che ne pensate lo stesso, a presto davvero stavolta.

Love u

-Mel

The dawn of destiny. H.S.Where stories live. Discover now