8 - Great Flood

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«Ehi, ti va una cosa da bere? Direi che ce lo meritiamo» propose Dan alludendo alle due sfibranti ore di lezione sugli effetti del colonialismo nella società e cultura inglese del diciottesimo secolo. Stavano attraversando la Wilkins Terrace, il nuovo spazio ricreativo nel cuore del campus di Bloomsbury rivestito in pietra di Portland e sapientemente incastonato tra gli edifici circostanti di matrice georgiana. «Niente alcol, giuro» continuò il biondo, mano sul cuore, nel tentativo di rianimare un taciturno Jem.

Era il lunedì successivo alla festa a casa di Vicky. Sara aveva trascorso la domenica a farsi passare i postumi della sbornia mentre lui sistemava casa, si portava al passo con lo studio e ultimava l'arrangiamento del tema dell'esplorazione intergalattica. Aveva dovuto rimandare la richiesta last minute di Andrew di aiutarlo con la revisione dello storyboard per concedersi un minimo di ore di sonno.

«Sei silenzioso oggi: non hai detto neanche mezza parola sugli sproloqui di quel vecchio bacucco. Non ti senti bene?»

«No no, è tutto ok. Sono solo stanco.»

«Per la festa di sabato?» ironizzò Dan, ricevendo un basso brontolio in risposta. «Che c'è, non ti sei divertito?»

«Altroché! Guardare gente rimettere a ogni angolo è stato davvero esilarante» dichiarò secco Jem mentre l'altro soffocava una risata. Inutile dire che aveva rimpianto la proposta di Benji per tutta la serata.

«E Sara che dice?»

«Bah,» Jem piegò gli angoli della bocca verso il basso «a sentire lei, è stata una festa da sballo.»

«Qualcosa mi dice che non sei d'accordo» dedusse Dan dal suo tono distaccato. «Siete andati via tardi?»

«Verso le due. Tu?»

«Uhm... non mi ricordo» ammise Dan dopo un attimo di riflessione. «Di sicuro dopo di voi.»

«Capito» disse Jem, guardandosi dal domandargli come avesse impiegato la sua serata.

Una folata di vento attraversò il cortile, scompigliandogli i capelli lisci e scuri; si strinse nella giacca a vento e alzò gli occhi al cielo coperto di nuvole. «Volevamo salutarti, ma non ti abbiamo più visto. Non che fosse facile col casino che c'era.»

«Fa niente» Dan diede un'alzata di spalle ed estrasse il telefono dalla tasca dei jeans. «Mi dispiace che non te la sia goduta» aggiunse mentre controllava le ultime notifiche. Jem sentì la curiosità avere la meglio sul riserbo. «E tu, invece, te la sei goduta?» gli chiese guardandolo in tralice.

«Abbastanza. Ho fatto nuove conoscenze» rispose distrattamente Dan, digitando sullo smartphone.

«Hai fatto strage di cuori» precisò Jem sferzante. «Ci credo che ti sei divertito.»

«E non ho fatto bene?» Dan si voltò e sollevò un sopracciglio. «Da come lo dici, lo fai sembrare un crimine.»

«Oh, no no, ci mancherebbe!» sogghignò Jem, accennando al telefono stretto nelle sue mani. «Le tue conquiste ti reclamano?»

«Così pare.»

Jem intercettò un sorrisino enigmatico aleggiare sulle labbra del ragazzo. «È qualcuno del nostro corso?» lo incalzò incuriosito. «Qualcuno che conosco?»

«Ehm... no, non credo.»

«A proposito, mi è sembrato di intravedere una nostra collega a un certo punto. Come si chiama... Lindsay! Sì sì, Lindsay» ripeté Jem. «Sai che una volta, durante una pausa, mi ha chiesto di te? Voleva sapere se fossi impegnato – come se io fossi a conoscenza della tua vita privata solo perché ogni tanto sediamo vicini in classe.»

Imperfect DreamsWhere stories live. Discover now