32 - Trouble in Paradise

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«Sono così felice che abbia accettato l'invito! È sempre un piacere rivederla!»

«Piacere mio, cara, piacere mio» replicò cortese il professor Romano, piegando con un cenno cortese il capo castano e riccioluto. «Non capita tutti i giorni di ritrovarsi a disquisire dello Stilnovo in una prestigiosa università londinese.»

Professore ed ex allieva si erano ritrovati in una caffetteria nei pressi della stazione di King's Cross in quel primo, tiepido lunedì di maggio. Sedevano l'uno di fronte all'altra su poltroncine imbottite, un paio di caffè e biscotti sul tavolino quadrato in legno. Il locale, piccolo ma accogliente, era pieno per metà; molti clienti, ritirato l'ordine, correvano via coi loro sacchetti di dolci in una mano e bicchieri di carta da asporto nell'altra.

Quando la responsabile del centro studi medievali e rinascimentali della UCL – che la conosceva per via della sua attività di tutoring agli studenti di lingua italiana, tra le altre cose – l'aveva informata dell'intenzione di organizzare un ciclo di seminari su Dante e chiesto supporto nel contattare potenziali relatori, Sara non aveva esitato a fare il nome di Livio Romano.

Romano era il professore del cuore, l'unico e inimitabile, colui che a lezione sapeva coinvolgere anche gli studenti più svogliati con il suo amore per la letteratura italiana. Con sua immensa gioia, Romano aveva accolto con entusiasmo la proposta che gli aveva inoltrato un paio di mesi prima e fatto i biglietti.

Le aveva scritto non appena atterrato, e lei l'aveva invitato a incontrarsi per un caffè prima dei due seguenti e serrati giorni di conferenze.

«E, dimmi, come va con Geremia?» domandò Romano in tono pacato, posando la sua tazzina da caffè vuota.

«Oh, ehm...» Sara si morse il labbro, titubante «in verità, volevo giusto parlarle di lui, professore.»

Le faceva strano raccontare della sua vita di coppia all'ex docente d'italiano, ancor più considerato che l'oggetto della discussione era l'altro suo prediletto.

Eppure, chi avrebbe potuto capire meglio di lui?

La prima persona a cui avrebbe confidato il suo malessere era morta e, ironia della sorte, era la stessa che aveva provocato il disastro di cui lei e Jem avrebbero pagato le conseguenze per chissà quanto tempo ancora.

Non le restava che rivolgersi a Romano, il promotore del progetto dei Dreamers, l'unico al di fuori del trio che conosceva a fondo i loro caratteri e il legame che li univa.

«Ma certo! Come sta, a proposito? Non lo sento da Natale» gli occhi del prof si allargarono curiosi dietro alle lenti rettangolari. «Lo vedrò domani al seminario?»

«Ehm... purtroppo dubito avrà questo piacere.»

«Perché, che è successo?» Romano sollevò un sopracciglio e la squadrò incuriosito. «Problemi in paradiso?»

Sara emise un sospiro triste e abbassò gli occhi sulle mani giunte. «Le cose non vanno per niente bene tra noi.»

Romano corrugò la fronte, interrogativo.

«Come mai?»

«Io... non so come dirlo, ma faccio davvero fatica a riconoscerlo» provò a spiegarsi Sara, preoccupata di non riuscire a descrivere l'enormità della faccenda. «Si comporta in modo strano, ultimamente: ha continui sbalzi d'umore, si isola per ore in camera sua...»

«Magari sta attraversando una crisi interiore. Potrebbe essere una ricaduta emotiva legata alla morte di Will?» suggerì Romano, lisciandosi la corta barba e ripensando all'apparente mancanza di prospettive e rassegnato sconforto del ragazzo il giorno della commemorazione a scuola.

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