42 - Living Nightmare

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Ombre minacciose si allungarono sulle pareti grigie della stanza, mentre la luce del tramonto tingeva ogni cosa di rosso.

Quanto tempo era passato?

Un'ora? Una notte? Un giorno?

Jem giaceva immobile sul suo letto, le braccia abbandonate lungo i fianchi, il capo riverso indietro oltre il bordo del letto. I suoi occhi, neri e vuoti come schermi rotti, si spostarono dal muro agli oggetti sparsi sul pavimento: penne, matite, libri e quaderni giacevano inerti a terra.

Vedi cosa succede a disturbare i morti?, continuava ad accusarlo la sua voce interiore.

Da quando se n'era andata anche la sua ultima fonte di speranza, non aveva fatto altro che maledirsi e sfogare la frustrazione su qualunque cosa gli capitasse sottomano.

Cosa gli era passato per la testa? Come aveva potuto nominare Will proprio in quel momento?

Era stata una leggerezza imperdonabile, la sua.

Eppure, non l'aveva fatto apposta: era successo, e lui se n'era accorto solo dopo aver letto l'orrore negli occhi di Dan.

Non sarebbe dovuto succedere.

Lacrime calde affiorarono agli angoli esterni degli occhi e colarono giù, lungo le tempie, fino a immergersi tra i capelli arruffati.

Sfregò il dorso della mano sul viso per scacciar via il pizzicore sulla pelle, ma non fece che peggiorare la situazione. Il suo viso, adesso, era striato di lacrime e sangue, quel sangue che era uscito dalle nocche quando aveva mandato in frantumi lo specchio all'ingresso.

Non gli era importato dei tagli, anzi: aveva sperato che il dolore fisico potesse fargli sentire meno il disprezzo che provava verso se stesso. Aveva pianto, urlato e battuto i pugni, ma non era servito a nulla: le ferite interiori facevano sempre più male. Aveva una voragine di vergogna dentro al petto, e in fondo a quello squarcio poteva intravedere il relitto umano che era diventato.

Con la poca forza che gli era rimasta in corpo, alzò il braccio destro e portò il palmo della mano davanti agli occhi. Il sangue era colato lungo il polso e si era rappreso sul triangolo che si era tatuato quando poteva ancora permettersi di sognare.

Adesso, non rimanevano che gli incubi.

Era stato un incubo quello che gli aveva mostrato Will baciarlo nel cuore della notte? Che gli aveva fatto sentire le sue mani accarezzargli la nuca e stringergli i capelli, e il sapore di vodka alla fragola sulla sua bocca?

Era stato l'ennesimo scherzo di un aldilà onirico che si divertiva a castigarlo per la fine che aveva fatto il suo migliore amico?

Le sensazioni che aveva provato in quei secondi erano state così vivide da scuoterlo dentro e fargli credere che non si trattasse di un incubo come quelli che l'avevano preceduto, che vi fosse qualcosa di vero nell'assurdità di quella scena che lo riportava alla notte di San Lorenzo di quattro anni fa.

Se Will l'aveva davvero baciato, seppur ubriaco come loro dopo aver festeggiato con fiumi di alcol il loro successo, quali erano le implicazioni di quel gesto? Era stata semplice curiosità la sua, o provava qualcosa per lui? Cos'era successo sul serio tra loro e Sara?

Nel suo diario, Will aveva confessato che quella notte, in preda all'euforia, l'avevano baciata entrambi, e che era stato uno sbaglio; e, poi, lei aveva rivelato di essersi appartata con Will nella sua stanza. Dove trovava spazio quel bacio tra lui e Will in quelle due versioni? Erano entrambe vere, o entrambe false, e Will e Sara gli avevano nascosto qualcosa?

Gli sembrò di non avere più certezze e che, da qualunque prospettiva la guardasse, le colpe sembravano ricadere sempre su di lui.

Di sicuro, era stato un incubo a occhi aperti vedere lo sgomento sul volto di Dan, il suo prendere bruscamente le distanze dopo essere stati così vicini da poter contare i loro respiri.

Non sarebbe mai dovuto succedere.

E, allora, perché era successo?

È colpa tua. È sempre e solo colpa tua.

Jem afferrò il cuscino e se lo premette in faccia, urlandovi dentro tutta la sua devastazione. Non riusciva a non sentirsi un mostro, a non detestarsi.

La verità non poteva che essere una, e lui l'aveva sempre saputa: da quando era nato non aveva fatto altro che rovinare la vita di coloro che gli stavano accanto. Tutti avevano risentito negativamente della sua presenza: i suoi, Will, Sara e, ora, anche Dan.

Perché?

Perché proprio quando sentiva di potersi finalmente concedere la possibilità di essere felice e voltare pagina tutto era finito nel peggiore dei modi?

Si era illuso ancora una volta di poter essere felice. Evidentemente, non era quello il suo destino. La sua natura era come quella di una fiamma, imprevedibile e pericolosa; chiunque si avvicinava troppo finiva per scottarsi. Era una persona instabile, tossica.

Come poteva vivere con se stesso dopo tutto il dolore che si era lasciato dietro?

Il disgusto e il senso di colpa crebbero fino ad avvelenargli il cuore.

Voleva sparire, voleva che si dimenticassero di lui.

Serrò gli occhi brucianti di lacrime e pressò più forte il cotone umido contro il viso, finché non sentì la testa esplodere e il respiro venir meno.



FINE SECONDA PARTE

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⏰ Last updated: Nov 04, 2023 ⏰

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