22 - Dynasty

70 15 94
                                    

L'incenso si levava in dense volute sopra l'altare, impregnando col suo odore pungente le narici degli astanti radunati in preghiera. Massicci pilastri marmorei anneriti dal tempo correvano a ogni lato, sezionando il vasto corpo centrale in cinque lunghe navate. Palmi rivolti verso l'alto, sguardi ieratici, testi sacri sottobraccio: schiere di santi e profeti affollavano le nicchie degli alti capitelli, guardie immobili e silenziose di una monumentale selva marmorea.

Vibranti note d'organo e canti latini intonati da un coro di voci bianche impreziosivano il solenne cerimoniale, diffondendo il messaggio di gioia e speranza che la venuta del Salvatore del mondo portava con sé. Lo stupore dinnanzi al ritrovato contatto con il divino riempiva gli occhi dei fedeli di una luce nuova. Persino i volti delle sculture sembravano prendere vita e bearsi di quell'assaggio d'eternità.

Attorniato da chierici e ministranti, il celebrante di rosso vestito stese le mani sul corpo e il sangue di Cristo, catalizzando su di sé l'attenzione e recitando con studiata compostezza il suo copione. L'ordine delle cose pareva miracolosamente ristabilito in seno a quel rassicurante concentrato di tradizione e ritualità.

Lo sguardo di Jem seguì vacuo il lento fluttuare della nube d'incenso sull'altare maggiore del Duomo, lo vide mescolarsi al riverbero di luce colorata proveniente dal rosone dell'abside per poi dissolversi attorno al tabernacolo pendente dall'immensa volta; al suo interno, un lanternino rosso segnalava la presenza del Sacro Chiodo.

Al cospetto della venerata reliquia, il suo cuore si riempì d'ansia e soggezione. Non gli restava che rivolgersi a Lui.

Signore, che ci faccio qui?

Non so più chi sono, non so cosa gli altri vogliano da me... cosa io stesso voglio da me. Non sono più padrone dei miei pensieri, delle mie azioni. Non mi riconosco più. Sento di star perdendo il contatto con la realtà e questo mi spaventa.

L'incenso pizzicava gli occhi e intasava le vie respiratorie. Batté le palpebre e deglutì un grumo d'angoscia.

Signore, Tu che da lassù vedi tutto, dimmi: che cosa mi sta succedendo? Come ho fatto a ridurmi così?

Mi sento così solo, arrabbiato, incompreso. Mi sento perso.

Anche tu ti sei sentito così nei tuoi giorni più bui?

È forse questa la croce che devo portare per i miei peccati?

Che ne sarà di me?

Gli occhi di Jem percorsero le colonne restaurate, splendenti come fari; si aggrapparono a esse, ne scalarono il freddo candore fino a raggiungere le torreggianti statue in cima, alla disperata ricerca di un qualche segno di compassione e speranza. Ma quelle, dall'alto della loro autorità, avevano per lui solo sguardi impietosi. Erano come avvoltoi appollaiati in cima ai loro alberi, pronti a piombargli addosso e nutrirsi di quel cuore troppo debole e arido per portare frutto nei gloriosi giardini di Dio.

Forse si era sbagliato quando aveva creduto che l'arte avrebbe potuto salvare il mondo. Che l'amicizia di Sara e Will sarebbe durata per sempre. Che i suoi talenti e i continui sforzi per affermarsi nel mondo sarebbero stati riconosciuti dal padre. Che bastasse circondassi di volti nuovi e immergersi nel frastuono della metropoli per scacciare i demoni che gli toglievano la salute e il sonno.

Forse non avevano torto quelli che lo avevano definito Dreamer. Nonostante avesse sempre fatto fatica a definirsi tale, lui un sognatore lo era davvero. Viveva in una terra di mezzo tra sogno e realtà e, più passavano i giorni, più faticava a distinguere il confine tra le due sfere. Talvolta, gli sembrava di non riuscire a capire se fosse sveglio o meno. Neanche il suo conclamato cinismo era riuscito a tenerlo con i piedi per terra, a impedirgli di sognare in grande.

Imperfect DreamsOpowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz