30 - Hangover

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Si svegliò con la schiena a pezzi e il torcicollo. Aveva un cuscino dietro la testa, una coperta addosso, ed era steso su un divano che non era il suo. La vista sfocata e la scarsa illuminazione non gli consentirono di identificare la stanza in cui si trovava, né la sagoma chi gli era appena passata davanti. Da quel che i suoi sensi confusi riuscirono a captare, doveva appartenere a un tizio grande e grosso che non pareva familiare.

Questi, scoprendolo sveglio, brontolò qualcosa in una lingua sconosciuta – dell'est Europa, a orecchio – che gli confermò che no, non era qualcuno di sua conoscenza.

E questo chi è? Dove mi trovo?

La mente di Jem scattò come un interruttore, i sensi all'erta.

Fiutato il suo smarrimento, il losco figuro gli diede le spalle e urlò qualcosa in un inglese imperfetto che non contribuì a rassicurarlo. Lo sentì muoversi attraverso la stanza e scostare brusco le pesanti tende che bloccavano l'ingresso della luce. Il bagliore mattutino lo investì in pieno: serrò le palpebre, stropicciò gli occhi e li riaprì lentamente. Nel muoversi, avvertì tutti i dolori della scomoda dormita; si sentiva uno straccio e la testa gli doleva da morire. Mentre metteva a fuoco le scarpe abbandonate sulla moquette blu e il vecchio divano color senape su cui doveva aver passato la notte, apparve un Dan raggiante.

«Hello, dude! Had a nice sleep?» esordì, sedendosi sul bracciolo del divano ai suoi piedi, un morbido pantalone grigio e t-shirt bianca addosso.

Jem emise un basso grugnito, si stiracchiò e lo guardò di traverso, chiedendosi come potesse essere così fresco e pimpante. Oltretutto, non pareva per nulla infastidito dalla sua presenza: forse era abituato ad avere ospiti in casa dopo notti brave in giro per Londra...

«Hai conosciuto il mio coinquilino, vedo. Spero non ti abbia spaventato troppo» sogghignò, accennando all'autore di quel sinistro buongiorno. «Lui è Gregor» disse accennando al corpulento ragazzone. «Greg, lui è il mio collega Jem.»

Ancora mezzo tramortito, Jem si voltò verso il coinquilino di Dan: un gigante dai capelli scuri e un'espressione diffidente sul volto squadrato; indossava un pantalone di tuta nero e una canotta dello stesso colore che lasciava scoperte spalle mastodontiche e braccia tutte muscoli e vene gonfie. L'energumeno biascicò uno sbrigativo e gutturale "hi" prima di dileguarsi in corridoio con passo pesante; Jem lo sentì brontolare qualcosa nella sua lingua mentre si sbatteva una porta alle spalle. Qualcosa gli diceva che quel Gregor non fosse molto entusiasta dei "pigiama party" di Dan.

«Gregor è serbo. Vive qui da due anni» spiegò Dan. «Studia ingegneria meccanica e nel tempo libero fa boxe. È un mostro in entrambi i campi.»

Immagino, dedusse Jem, ancora troppo scombussolato per formulare una frase di senso compiuto.

«Lo so, lo so, fa un po' impressione ma ti assicuro che è un tipo tranquillo. Basta non rompergli le scatole e non invadere il suo spazio vitale» aggiunse Dan con un ghigno allusivo. Jem scoprì il suo sguardo insolente salire lungo il suo corpo indolenzito parzialmente coperto dal plaid; contrasse d'istinto le gambe e si tirò a sedere.

Svegliarsi su un divano che non era il suo, dopo una serata da sballo di cui non ricordava nulla, sotto gli occhi indiscreti di Dan non era un buon segno. Ebbe uno spiacevole effetto déjà-vu.

«Dan, c-cosa è successo la scorsa notte? Che ci faccio qui?» volle sapere, portandosi una mano ai capelli spettinati.

«Ma come "cosa è successo"? Ce la siamo spassata, è ovvio!» riferì Dan, prendendo posto all'angolo del divano liberato dalle gambe di Jem. «Mi dispiace per la nottataccia e il risveglio traumatico. Avevi bevuto troppo, non potevamo lasciarti tornare a casa da solo: casa mia era quella più vicina, perciò... beh, eccoti qua. Scusa se ho deciso per te ma, date le circostanze, era la soluzione migliore per tutti.»

Imperfect DreamsWhere stories live. Discover now