12 - The Fault in our Dreams

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«Non vorrai sequestrarmi e farmi a pezzi in qualche lurida cantina, spero.»

Dan squadrò accigliato un Jem in tuta nera sul portone d'ingresso di casa sua; sotto la giacca, una maglietta, nera anch'essa, raffigurante un teschio grondante sangue, trafitto in diagonale da una croce e attorniato da figure demoniache e cattedrali gotiche. Aveva i capelli scarmigliati e la faccia di chi non aveva dormito a sufficienza. Non esattamente lo studente ligio e pettinato che aveva conosciuto all'università.

«Sei ancora in tempo per scappare» gli disse lui in tono macabro, appoggiandosi allo stipite della porta blu e lanciandogli un'occhiata da serial killer. «Pensaci bene.»

Dan sostenne per alcuni secondi il suo sguardo intimidatorio. «Ok, correrò il rischio» proclamò infine. «Vedi di non pugnalarmi alle spalle, eh» lo ammonì varcando la soglia.

La maschera di cera di Jem si sciolse in un ghigno divertito. «Non oggi» garantì con uno scintillio poco rassicurante negli occhi scuri.

Il piano terra conteneva cucina, soggiorno e una piccola scala interna che portava alla zona notte. La casa, d'impianto classico, doveva essere stata ristrutturata di recente, a giudicare dai lucidi listoni di parquet scuro che ricoprivano il pavimento, le pareti candide e un arredo minimalista fatto di pochi mobili e tondi faretti al soffitto. Illuminata da due finestre che davano sulla tranquilla Willow Road, la sala principale ospitava un divano e una poltrona in pelle chiara, un basso tavolino e una parete attrezzata in rovere, posizionata laddove in precedenza doveva sorgere il camino; la parete a fianco si divideva tra una libreria in metallo laccato e un pianoforte verticale.

«Wooow! Hai la PS5?!»

L'occhio di Dan cadde sulla fiammante console, la cui forma ricordava un grande libro con pagine nere e copertina bianca, controller in pendant, in bella mostra accanto a una tv a schermo ultrapiatto. «È introvabile!»

«I vantaggi del mio lavoro» rivelò Jem con voce piatta, passandosi stancamente una mano tra i capelli corvini col risultato di arruffarli ancora di più. Dan si avvicinò per studiare la dozzina di videogiochi che tenevano compagnia all'ultimo modello di PlayStation.

«Ci saranno quelli della tua azienda tra questi, immagino.»

Jem annuì. «Questi sono, a oggi, i prodotti dei Doomsday Studios» disse avvicinandosi e prelevando quattro custodie dalla pila. «Questo è un platformer ambientato in un parco giochi degli anni Ottanta più letale che divertente; poi c'è un survival-horror fantascientifico in cui dei bambini prodigio tentano di fuggire da una prigione-laboratorio in cui i loro cervelli vengono sottoposti a esperimenti illegali per testarne il potenziale; un MOBA in cui si scontrano gli eserciti dei Seven Kingdoms dell'Inghilterra anglosassone e, per ultimo, un RPG fantasy i cui avatar si ispirano a mostri e divinità della mitologia norrena» elencò, mostrandogli uno a uno i titoli: Fairground, Headshrinker, Land of the Angles e Fairytale.

«Cool!» esclamò Dan, mezzo stordito da quella raffica di informazioni e termini sconosciuti e, allo stesso tempo, colpito dall'accattivante grafica delle cover.

«E adesso? Avete qualche nuovo gioco in cantiere?»

«In effetti, sì. Stiamo sviluppando un action-adventure e open world ambientato in un futuro cyberpunk in cui razze aliene esplorano nuovi pianeti e si combattono per la conquista dei siti più ricchi di... beh, non posso dire altro.»

«Figurati! Hai già detto abbastanza, per quanto mi riguarda» lo rassicurò Dan. «E a che punto siete?»

«Abbiamo già avviato la produzione, ma dovremo lavorarci tutti a pieno ritmo nei prossimi mesi: il piano è lanciarlo a luglio dell'anno prossimo, in corrispondenza del decennale dalla fondazione degli Studios. I capi vorrebbero allestire un mega evento, per l'occasione.»

Imperfect DreamsWhere stories live. Discover now