11 - Waste Land

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Nero. Tutto era nero attorno a lui. Un nero denso, palpabile, pesante.

Lo sentiva pressare l'aria attorno al suo corpo, scuotergli le membra con il suo fiato gelido.

Erano i suoi occhi che vagavano nel cuore della notte?

No: quella non era sua stanza; quello non era il suo letto. Percepì il suo corpo steso su una superficie liscia e fredda, un pavimento invisibile. Quando la sua vista si fu abituata all'oscurità, cominciò a sondare l'ambiente circostante finché non individuò, a una distanza difficilmente quantificabile, un tenue cerchio di luce che pareva irradiarsi dal suolo; aguzzando la vista, poté distinguere al suo interno una sagoma scura.

Era un corpo. Un corpo rannicchiato a terra, immobile.

Sentì una lama attraversargli il petto.

Non può essere.

Nonostante una parte di sé gli gridasse di fuggire da quel posto, sapeva che non se ne sarebbe andato. Raccolse tutto il coraggio che aveva e si fece avanti con passo incerto. Giunto in prossimità del pallido disco di luce, si chinò e lasciò correre lo sguardo su quel corpo così tristemente familiare. Il suo volto era esangue come quello di un cadavere, i capelli scombinati e gocciolanti come gli abiti che indossava, gli stessi di quella notte: la notte del 18 agosto 2018.

Allungò istintivamente la mano verso quella di Will. Il contatto con la pelle fredda gli fece rizzare i peli sulla nuca.

«Will! Will, sono io! Svegliati! Ti prego, svegliati» tentò di animarlo scuotendolo piano, ma senza successo. Will rimaneva inerte tra le sue braccia, un pupazzo di carne e stracci.

Dio mio, ora che faccio? Sono solo in questa terra di nessuno.

Jem si guardò attorno in preda a un'ansia febbrile. Come fare a soccorrere Will e uscire da quel posto?

Sentì un flusso lambirgli all'improvviso le caviglie; abbasò lo sguardo e vide una massa liquida e scura sgorgare da una fonte invisibile ed espandersi sotto ai suoi piedi. «Oh, no» mormorò allarmato. «Ora come faccio a...» le parole gli morirono in gola quando volse nuovamente l'attenzione al corpo che reggeva tra le braccia.

Will lo stava fissando.

I suoi occhi, normalmente docili e ridenti, erano sbarrati e accusatori. La linea dritta della bocca si piegò in un sorriso violaceo e raccapricciante sulla pelle cadaverica.

«Guarda che cosa hai fatto, Jem» lo accusò con voce bassa e roca, indicando se stesso. «Perché mi hai fatto questo? Credevo fossimo amici.»

«I-io non ho fatto niente» balbettò Jem tramortito da quella spettrale versione del suo migliore amico. «Non so perché è successo...»

«Bugiardo» lo rimproverò lui con quella voce che sembrava provenire dall'oltretomba. «Tu lo sai perché sono morto.»

Jem scosse il capo con fermezza. «No che non lo so.»

Will stirò le labbra in un sorriso impietosito, ma i suoi occhi lo trafissero come dardi avvelenati. «Continui a mentire, vedo. Dimmi: perché sei bloccato qui? Te lo dico io: perché sei colpevole. Sai di esserlo.»

«Non è vero! Non ti ho mai voluto morto. Non ti avrei mai fatto del male» dichiarò Jem con le lacrime agli occhi mentre constatava che l'acqua attorno a loro saliva, così come la sua angoscia, intrappolandolo in quella landa desolata e senza uscite assieme a quella disumana versione di Will.

«Tu eri geloso, Jem. Geloso del fatto che Sara preferisse me. Mi vedevi come un rivale, al punto da volerti liberare di me» inveì tagliente. «È tutto fin troppo chiaro. È colpa tua se sono morto.»

«N-non è vero» si oppose Jem sconvolto da quelle parole, dall'acqua, dal nero e freddo nulla che li circondava. «Non puoi crederlo davvero.»

«È colpa tua.»

«Basta.»

«È colpa tua.»

«Ti prego, smettila!» implorò Jem scuotendolo come una bambola di pezza. Will gli rivolse un sorriso disincantato. «Potrai anche mettere a tacere me, ma non la tua coscienza. Dovrai convivere con il senso di colpa. Questo succede a chi abbandona gli amici.»

«Will, perdonami, io... non sapevo che i miei sentimenti potessero ferirti a tal punto! Come potevo saperlo? Non me ne hai mai parlato!» Will gli lanciò un'occhiata compassionevole. «Nessuno si accorge del male che fa all'altro, finché non è troppo tardi» disse. Poi, cominciò a piangere.

Jem impiegò alcuni secondi per realizzare che quelle che uscivano dai suoi occhi non erano lacrime. Era lo stesso liquido scuro che continuava ad uscire dal suolo e li aveva già sommersi per metà.

«Will, che sta succedendo?» gli domandò allarmato vedendo quel flusso copioso uscire dal corpo dell'amico.

«L'inevitabile» rispose, sputando un getto d'acqua scura e gelida dalla bocca che si stava deformando insieme a tutto il resto. Con orrore, Jem lo vide liquefarsi tra le sue braccia.

«No no, aspetta! Ti prego, ascoltami: ti chiedo scusa per non esserti stato accanto quando avrei dovuto» implorò mentre il corpo dell'amico gli scivolava tra le dita.

«È troppo tardi, ormai» la voce di Will risuonò come un eco sinistro tutt'attorno. Jem si rese conto di essere solo, al buio e immerso in quella sostanza nera, melmosa e dall'odore mortifero. «Will, aspetta! Non andartene di nuovo! Non lasciarmi qui» Jem agitò le braccia in quella pozza d'acqua nauseabonda che gli era salita fino al petto, mentre accuse agghiaccianti rimbombavano nello squallore che lo circondava.

È colpa tua. È colpa tua. È colpa tua.

«Ti prego, basta! Smettila di torturarmi! Ti giuro che non ho mai voluto farti soffrire» urlò disperato, tendendo le braccia alla ricerca di una via di fuga. Le sue mani toccarono una parete invisibile. Si scoprì prigioniero in un'enorme vasca la cui altezza si perdeva in quell'oscurità senza fine.

Non può finire così. Dev'esserci una via d'uscita.

Continuò a dimenarsi in quella massa scura, battè con forza i pugni contro la superficie, ma nulla. Riuscì a tenersi a galla nel buio, finché il suo capo non cozzò contro quello che doveva essere il tetto della vasca.

Aveva l'acqua alla gola. Era finita.

Divorò avidamente le ultime molecole d'ossigeno, preparandosi alla fine imminente.

Gli spasmi che lo scossero fecero sobbalzare per lo spavento il corpo al suo fianco.

«Oddio, ma che...» Sara si tirò su allarmata e accese l'abat-jour. «Ehi ehi, amore, stai calmo! Cerca di calmarti, ok?» intervenne, i sensi all'erta, liberando Jem dalle lenzuola in cui era avviluppato. Gli passò le mani su viso e braccia, lo rassicurò e lo invitò a respirare a fondo. Jem aveva gli occhi sbarrati, era madido di sudore e ansimava.

«Sara! Io... io... scusa, era un altro incubo e mi... mi mancava l'aria» confessò col fiato mozzo mentre lei lo fissava preoccupata.

«C'era Will?»

«Come sempre.»

Sara si limitò ad annuire e a portargli una ciocca dietro l'orecchio. Jem si sentì in colpa per essere sprofondato nell'ennesimo incubo in cui inquietanti reincarnazioni di Will lo accusavano della sua morte e reclamavano la sua anima.

«L-lui ce l'aveva con me, e poi... e poi era tutto nero, e poi l'acqua...»

«Sssh, adesso tranquillizzati, eh» sussurrò Sara porgendogli un fazzoletto. «Era solo un incubo.»

Jem emise un sospiro di sollievo e annuì. «Sì» ripeté debolmente mentre sentiva il corpo cedere dopo la tensione del risveglio. «Solo un incubo.»

Imperfect DreamsWhere stories live. Discover now