XXIII. Una lieve speranza

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Bella giaceva nel freddo terreno della foresta. Lo sparo l'aveva fatta precipitare a diversi metri dall'albero, ed inoltre l'immensa vegetazione nascondeva perfettamente il suo corpo ferito.
Solo la notte prima aveva provato un piacere senza fine ed ora era lì, immobile, con un vuoto nel petto e l'opposto di quella sensazione. Tuttavia il dolore era come se stesse scivolando fuori dal corpo.
Dopo qualche minuto di agonia, riuscì a sentire il morso del rampicante curarle la ferita mortale.
Quella pianta malefica stava cercando di avvisarla sin dal principio? Una domanda a cui avrebbe dovuto trovare assolutamente la risposta. Passarono le ore, ma la forza riacquisita della sirena era sempre manchevole. Decise di non sfidare nuovamente il destino e di rimanere sdraiata con lo sguardo verso il cielo. Poteva quasi sentire le sue vene pulsare ed il veleno del rampicante fare effetto. Non era giunto nessun aiuto da Peter, ma come biasimarlo. Probabilmente Trilli era morta per salvarla. L'unica consolazione era cantare con quella melodiosa voce che la natura marina le aveva donato:

"Un giorno ci siamo incontrati e ho pensato che tu fossi un uomo gentil.
Al tuo cuor chiederei: tu amami così.
So già che sarò tua, può far male la verità.
Al tuo cuor chiederei: tu amami così."

Mentre cantava, le lacrime sgorgavano da quegli occhi color smeraldo.

"Che canzone stupida. Perchè non conosco canti da marinaio su com'è bello vivere pescando e rifocillandosi di rum?"

Il dolore era sempre meno, ma ormai era notte fonda, non valeva la pena girovagare per l'isola in cerca di miracoli.

"Aspetterò che la ferita guarisca del tutto, anche se ci volessero giorni. Troverò Peter, aiuterò Trilli se è ancora viva e mai e poi mai penserò di nuovo a quel pirata."

Bella chiuse gli occhi ancora lacrimanti. Non osava muoversi. Lasciava al rampicante ogni momento per ricucire la ferita, sperando che lo facesse anche emotivamente. Il sonno infine la sopraggiunse, consapevole che le sue ultime parole erano una pura ed ingannevole bugia.

La mattina seguente si svegliò grazie al fruscio del vento. Aveva abbastanza forze per alzarsi, ma il petto era praticamente in fiamme. In mezzo al torace vi era un livido viola e dolorante ancora in fase di guarigione. L'acqua avrebbe potuto aiutare. I suoi poteri curativi avrebbero rimarginato la ferita. Forse. Probabilmente. Non lo sapeva neanche lei, ma il tocco dell'acqua avrebbe riportato le sue gambe a trasformarsi in una coda e sapeva benissimo che non avrebbe avuto più forze per potersi trasformare nuovamente in umana. L'acqua era da escludere.
Si alzò ansimando, cercando di ritrovare il senso d'orientamento. L'albero fatato si poteva vedere ad occhio nudo, ma era completamente spento, senza magia. Con il suo passo lento e zoppicante, Bella camminò verso est, dove avrebbe sperato di trovare qualcuno di amichevole. Aveva ancora le vesti di Uncino. Aveva ancora quel profumo addosso. Il profumo di chi aveva navigato i sette mari, oltre che ad un pizzico di tabacco e di frutto della passione. Dopotutto quel pirata si era innamorato così facilmente di lei. Com'era possibile? Sicuramente per la sua natura da sirena. Sicuramente. Oppure era veramente innamorato? La testa era in piena confusione, il petto in fiamme e le gambe stavano conducendo verso una direzione ignota.

"La prossima volta nasco squalo-pesce-palla polpo."






L'amore di UncinoWhere stories live. Discover now